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Voglia di favole

Era al tramonto di una bellissima giornata e il Sole, deluso degli uomini e della loro cattiveria, ma soprattutto stanco di essere soltanto luce e calore, volle provare il freddo, il gelo dei ghiacciai e dei cuori induriti, privi di sentimento.


Fu così che si rivolse al Tempo, il dio che trasforma ogni cosa, e gli chiese: ” Tu che puoi tutto, che nutri, crei, plasmi, trasformi, curi, distruggi ogni cosa, puoi farmi diventare di ghiaccio? Così che nessuno possa più ricevere il mio calore ed il mio amore. Voglio sentire l’ indifferenza che attraversa ogni singola particella del mio essere e non provare più nulla.”


Il Tempo, dal carattere burbero ed arcigno, ascoltò con interesse il desiderio del Sole, si fermò un istante a pensare e dopo aver riflettuto… mentre continuava a scorrere lento nel suo incedere ed a scandire i minuti e le ore, gli chiese: ” Sei sicuro di volerlo fare? Ognuno in questo mondo ha il suo destino, tu hai quello di far crescere la vita, di far nascere ogni cosa, dal seme al fusto, dai fiori al frutto e all’ amore… sei ben visto e amato da tutti, sei sicuro di volerci provare?”


Il Sole sempre più insoddisfatto rispose: ” Certamente, voglio cambiare, sono stanco di fare la stessa vita, voglio conoscere i brividi del gelo così poi, da poter apprezzare il caldo.”


Il Tempo sospirò, si accarezzò la sua lunga barba bianca e dopo un attimo di esitazione, pensò di accontentarlo. Ritornò indietro milioni e milioni di anni prima, cosicché l’ astro divenne improvvisamente buio, freddo… Il mondo si oscurò all’ istante e le tenebre presero il posto della luce.


Tutt’ intorno era ghiacciato e la vita scomparve. Fu così che da quel momento il sole, ingrigito ed intristito, se ne stava lì in mezzo in quell’ universo nero, coperto d’ immense distese di neve. Non si udiva nulla, nemmeno un flebile suono, tutto aveva il sapore della morte.


Passarono giorni, mesi ed anni; ogni cosa era rimasta cristallizzata, fissata nell’ attimo in cui il Sole si era trasformato in un deserto di gelo.


Accadde poi qualcosa di straordinario, nella terra sommersa dalla neve, era sopravvissuto un piccolo seme, non si sa come, non era morto ma semplicemente addormentato e nonostante le difficoltà di venir fuori dalla coltre nevosa, che fino a quel momento l’ aveva protetto, venne alla luce, ma quanta delusione quando si accorse che tutt’ intorno era buio. Aveva tanto freddo e si era già pentito di essere stato così imprudente da uscire alla scoperto. Una lacrima spuntò dai suoi piccolissimi inerbi germogli e si posò sulla terra, ma nel punto esatto dove era caduta, una goccia d’ acqua si svegliò dal lungo letargo e disse al seme: ” Ehi tu… da dove spunti?”


Il seme incredulo che ci fosse una qualsiasi forma vivente, rispose: ” Che bello poter sentire la voce di qualcuno, mi chiamo Fagiolino.”


La goccia si stiracchiò, dicendo: ” Ti devo ringraziare perché mi hai svegliato con il calore della tua lacrima.”


Nel frattempo il Sole sempre più annoiato, si girava e rigirava, guardando indifferentemente di qua e di là, come chi non ha interesse per niente e per nessuno. Poi la sua attenzione fu attratta da qualcosa che si muoveva, la curiosità fu maggiore della sua impassibilità e volle vedere più da vicino quello che stava accadendo. Disse: ” Chi osa disturbare il mio sonno? E chi ha ancora la forza di sopravvivere a tutto questo inferno?”


Si sporse in avanti con difficoltà e riuscì ad intravedere solo lo strano incontro tra il seme e la goccia d’ acqua, i suoi occhi erano rimasti immobilizzati per troppo tempo ed aveva difficoltà per focalizzare ciò che avveniva, tuttavia in compenso ci sentiva ancora molto bene.


Fagiolino sempre più debole diceva alla goccia: ” Credo che non avrò più molto da vivere, sento che le forze mi stanno per abbandonare ed i piccoli germogli irrigidirsi.”


La goccia rattristata rispose: ” La stessa sorte toccherà a me, presto mi addormenterò per sempre, però prima voglio abbracciarti, per sentire, anche se solo per un attimo, un soffio di vita.”


La goccia scivolò sul seme e così restarono per un istante, stretti in un triste saluto d’ addio. A quel punto il Sole che aveva ascoltato tutto, dapprima freddo e distaccato, lentamente avvertì un tiepido calore che risaliva intorno alla sua sfera, provocandogli un formicolio ai raggi, si agitò spaventato, quello che provava era qualcosa di magico, una sensazione di benessere che aveva dimenticato ormai da troppo tempo. Le parole del seme e della goccia avevano sciolto la dura corazza che si era costruito, l’ emozione aveva avuto il sopravvento sull’ indifferenza, liberandolo dalla prigione del tedio, della indolenza e del disinteresse. Decise che doveva fare qualcosa, per impedire che la vita scomparisse per sempre.


Ma doveva sbrigarsi, ormai non restava molto tempo, Fagiolino aveva già cambiato colore e stava diventando pallido e quel fievole tepore che lo aveva penetrato da una parte all’ altra dell’ astro, stava dissolvendosi.


Il Sole chiamò nuovamente il dio Tempo, ma non ottenne alcuna risposta, ciò nonostante non si diede per vinto e chiamò, richiamò fino a non avere più voce. Finalmente il Tempo, infastidito dall’ insistenza del Sole gli rispose: ” Perché strilli così tanto? Non sono mica sordo, e nemmeno uno sfaticato come te che perde tempo a non fare nulla, io non mi fermo mai nemmeno per un secondo.”


Il Sole ribatté: ” Dio Tempo, ho sbagliato, pensavo che non provare più nulla mi avrebbe reso felice e immune dal dolore, ma adesso ho capito che invece ne ho provocato tantissimo, ridammi la luce, il calore, affinché possa fare rinascere la speranza nel domani.”


Il Tempo come era suo solito non rispose subito, lasciò il Sole sulle spine in attesa della sua decisione, poi questi con voce solenne sentenziò: ” Se è questo che vuoi, sia fatto… ma non potrai mai più ritornare indietro.”


Il Sole tirò un sospiro di sollievo e rallegrato disse: “ Non ho nessuna intenzione di ripetere lo stesso errore.” D’ improvviso una luce immensa lo colpì facendolo brillare e sulla terra ridivenne giorno, intanto Fagiolino, che ormai sembrava rassegnato alla sua triste fine ed aveva reclinato il capo attendendo il peggio, fu illuminato da un caldo raggio, che lo ristorò facendolo sorridere.


La goccia intanto aveva trovato altre sorelle che si erano destate dal lungo sonno e piano piano felici si abbracciarono, diventando così un ridente ruscello, sulle cui sponde nacquero piante e fiori.


Ora nel mezzo della volta celeste, l’ astro risplendeva come non mai, irradiando con i suoi raggi tutta la terra e la sua immensa ricchezza di vita.




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Opera scritta il 03/03/2018 - 05:24
Da Anna Rossi
Letta n.1113 volte.
Voto:
su 4 votanti


Commenti


Quanta tenerezza in questa favola. Complimenti!!!

Atrebor Atrebor 11/04/2018 - 12:23

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Stupenda. Stasera la leggerò alla mia piccola

Michaela Patricie Zaludova 04/03/2018 - 19:17

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Bellissima favola, Anna!
I nostri cuori sono nati per amare e se nei rapporti, familiari e non, decidessimo di essere più benevoli e di non pagare con la stessa moneta l'indifferenza o i torti subiti, il mondo sarebbe sicuramente un posto migliore, e più luminoso visto il tema!
Ciao!

Millina Spina 03/03/2018 - 12:29

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Davvero una bellissima favola! 5*

Marirosa Tomaselli 03/03/2018 - 10:39

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Favola molto bella, adatta sia per bambini che per adulti...scritta anche molto bene.

Corrado B. 03/03/2018 - 09:45

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