disegnano
la scala dalla foggia d’arco
lungo la quale mi sono inerpicato.
Sotto di me,
il buio spietato di una notte senza luna.
Lancio una moneta
e attendo invano il tintinnio.
Non ho memoria: perché mi trovo qui?
Ma che domanda!
Chiediti piuttosto perché hai fatto le scale,
anziché volare!
Adesso, in cima alla torre,
soltanto il cielo richiama il mio interesse.
Non esiste paesaggio tra me e l’orizzonte
né alcuna epifania, tra la terra e il mare.
Adesso, in cima alla torre,
il vento non solleva le foglie
la pioggia non bagna le guglie,
ed il tuono non incide il silenzio.
Che poi, di silenzio non si tratta,
è assenza, vuoto d’anime.
Ed allora urlo.
Urlo per capire se esisto.
Urlo, e la mia voce crea traiettorie arcuate
tra il cervello ed il cuore.
Arcuate come la scala.
Urlo alle nuvole,
la solita domanda: cosa ci faccio qui?
Ancora? Non hai capito che non sei tu, sopra queste mura?
Sotto il cielo che ammiri si muove il sogno
– anzi, l’ombra d’un sogno –
di un uomo che si è rifiutato
di correre e, credendosi altro,
aspira a volare
Opera scritta il 12/06/2018 - 10:36Voto: | su 4 votanti |

Franca M.
14/06/2018 - 14:24

Grazia Denaro
13/06/2018 - 15:36
Roberto L
13/06/2018 - 07:01 Mi ricordi un autore che non c'è più in questo sito...nel tuo modo di scrivere e sentire!

Margherita Pisano
12/06/2018 - 22:13 Ma quando scrivi, forse voli...
Molto bella Roberto

Grazia Giuliani
12/06/2018 - 16:42 Ma la vita ci impone di correre (o le imposizioni ce le dettiamo per quel senso di "indispensabilità" che poi, magari, è solo frutto dell'eccessiva autostima).
Se solo ci fermassimo un attimo a pensare: ma io, cosa desidero io?
Bellissima
laisa azzurra
12/06/2018 - 13:47

mirella narducci
12/06/2018 - 13:23



