Si teneva impegnato lavorando nel ranch del suo vecchio, trascorrendo le giornate insieme alla mandria per poi passare la serata in compagnia della sua amata, Nancy “Lil” McGill.
Rocky e Lil, come le piaceva farsi chiamare, si conoscevano da sempre e avevano trascorso l’infanzia e l’adolescenza insieme; Lil era la ragazza più affascinante della città e fra loro due c’era sempre stata una forte sintonia: non c’è da meravigliarsi, quindi, che Rocky immaginasse e sognasse un futuro felice insieme a Lil.
Eppure, fino a quel momento tutto ciò era sempre rimasto nella sua fantasia, in attesa del momento adatto.
Ma un giorno, dopo la consueta cavalcata di ritorno al ranch, accadde che Lil non fu li ad aspettarlo come al solito; insospettito, Rocky corse dai McGill, per assicurarsi che tutto fosse a posto e, ancora con il fiatone, bussò alla porta della loro casa:
“Buonasera, mister,” disse Rocky al signor McGill “Lil, ehm, mi scusi, Nancy è in casa?”
Il padre di Lil, un uomo burbero e possente, si ergeva sulla soglia masticando un filo di fieno come sempre, ma quella sera sembrava diverso:
“Non so come dirtelo, Rocky”, rispose “Ma Nancy se ne è andata sta mattina”. “Che significa che se ne è andata?” Chiese il ragazzo incredulo.
“E’ partita per Hoedown con quel Daniel. Mi dispiace figliolo, so quanto ci tenevi a lei”: Daniel, che tutti in città conoscevano come Dan, era un buono a nulla che trascorreva le sue giornate all’insegna del poker e del whiskey, e già in passato lui e Rocky avevano avuto un acceso diverbio sulla contesa di Lil, che si concluse con un occhio nero per il ragazzo.
Rocky non poteva crederci: la ragazza dei suoi sogni l’aveva abbandonato senza preavviso per un giocatore d’azzardo? Non poteva essere vero.
Cieco dalla rabbia, Rocky decise che la sua vita non poteva essere stravolta in questo modo senza il suo consenso. Così, lungo la via del ritorno, entrò in un emporio per poi uscirne con una nuova fondina e una Colt .45 foderata al suo interno.
“Troverò quel tipo” mormorò, e si diresse verso Hoedown.
Le sagome tondeggianti delle colline nere del Sud Dakota osservavano in silenzio nella tenue luce del crepuscolo la cavalcata di Rocky, deciso a riavere la sua Lil.
Quando Rocky arrivò al saloon era già notte fonda ed entrando attraverso le porte a spinta scorse i rimasugli della serata appena conclusa: un pianoforte a muro con il coperchio ancora alzato sembrava riecheggiare qualche nota di
congedo nel silenzio della notte, conciliando il sonno degli ultimi ubriaconi accasciati sui tavoli.
Quando Rocky si avvicinò al bancone, l’oste si stava apprestando a pulire i boccali vuoti:
“Buonasera! Posso fare qualcosa per lei?” Chiese a Rocky asciugando le mani sul grembiule.
“Sto cercando un certo Dan e una ragazza che viaggia con lei, Lil. Sa per caso darmi qualche indicazione?”.
“Non saranno mica dei fuorilegge?” Rispose l’oste insospettito.
“Oh no, no. Solo degli amici” precisò Rocky.
“In tal caso, a meno che lei non sia un uomo di legge, non posso fornirle alcuna informazione. Lei non è al servizio del Marshall, sbaglio?”.
“Ahimè, no. Vorrà dire che per adesso mi accontenterò di una stanza per la notte”.
“Per questo non c’è alcun problema. Mi segua”.
Così, l’oste accompagnò Rocky al piano di sopra per condurlo nella sua stanza, l’ultima in fondo al corridoio: “Ci occuperemo del pagamento non appena se ne andrà, per adesso si riposi. Buonanotte!”.
Rimasto solo nell’oscurità della stanza, Rocky raggiunse a tastoni una lampada ad olio posizionata sul comodino: la accese e l’ambiente si immerse in un caldo torpore. Illuminata dalla lampada vi era, appoggiata sul cuscino del letto, una copia della Bibbia di Gideone; Rocky, esausto, la posò senza neanche aprirla sul comodino a fianco al cinturone con la fondina, per poi buttarsi esausto sul letto: “Lo renderò storpio, quel Dan. Gli sparerò alle gambe”, pensò prima di cadere in un sonno inquieto.”
Il giorno dopo, Rocky venne svegliato dalle prime note di riscaldamento del pianista al piano di sotto e, ancora in uno stato di dormiveglia, udì provenire dalla stanza adiacente delle voci impegnate in una discussione piuttosto accesa. Origliando con più attenzione, distinse le voci di due uomini e di una ragazza; Rocky rimase sconcertato: era la voce di Lil! L’avrebbe riconosciuta in mezzo a mille altre. Non poteva credere alla sua fortuna: nello stesso saloon e nella stanza a fianco alla sua. Ma cosa ci faceva con non uno, ma ben due uomini? Di sicuro una di quelle due voci era di Dan, ma l’altra? Rocky decise che era il momento adatto per le domande, così si allacciò la cintura, caricò tutti e sei i colpi della rivoltella e si diresse verso l’uscita.
Nel corridoio sentì salire d’intensità la musica del pianista: un incalzante ritmo ragtime tipico da saloon accompagnava il crescendo della sua collera. Rocky si posizionò di fronte alla porta della stanza accanto, mentre le voci continuavano a giungere ovattate alle sue orecchie filtrando attraverso il muro.
La musica crebbe e quando il pianista arrivò al ritornello Rocky sorrise e sfondò la porta con un calcio: “Caro Dan, questa è la resa dei conti!” urlò. Ma Dan era inspiegabilmente sull’attenti e, anch’egli con una pistola in mano, “BAM!” sparò per primo alle gambe di Rocky Raccoon che collassò nell’angolo della stanza.
Ora tutto taceva: la musica si era conclusa con un lungo accordo di Do suonato in contemporanea allo sparo di Dan, le cui vibrazioni ancora
accompagnavano il fumo che usciva dalla canna della pistola. Soltanto le urla di dolore del povero Rocky Raccoon riempivano la stanza.
“Ve lo dicevo io! Mi aspetto un pagamento extra da parte vostra!” Disse l’oste, presente anch’egli nella camera. “Una domanda del genere nel bel mezzo della notte e quella pistola così in bella vista non passano inosservate a chi fa il mio mestiere da una vita”.
“Le siamo infinitamente grati,” rispose Dan, “Ecco, questo è il triplo di quanto concordato: le chiediamo gentilmente di prendersi la briga di occuparsi di questo psicopatico”. Dan prese per mano Lil e, scavalcando il corpo agonizzante di Rocky, uscì dalla stanza. “Dimenticami Rocky! Non cercarmi!” Urlò Lil, ancora scioccata, a colui che per tutti quegli anni era stato il suo più fidato amico, per poi uscire definitivamente dalla sua vita.
L’oste portò Rocky nella sua stanza e, poco tempo dopo, entrò un medico con un paio di occhiali minuscoli impregnato dell’odore di gin: “Ah giovanotto! Il tuo rivale ha avuto la meglio! Che dici, è arrivata la tua ora?” Domandò sghignazzando con gli occhi socchiusi e il naso arrossato sedendosi a fianco al letto.
“Non si preoccupi, doc. È solo un graffio. Mi riprenderò al più presto” rispose Rocky, fissando la Bibbia di Gideone sul comodino.
Così si conclude la storia del giovane Rocky Raccoon. “Cosa accadde a Rocky?” vi starete chiedendo. Vi basti sapere che si riprese, e che il buon Gideone lo aiutò non poco nella sua rinascita.
FIN
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