neppur se ne parlava
di “nonni” e di “burbaccia”:
non c'era pace un momento
perché dopo la marcia
con la pioggia o col vento
senza un solo lamento
si sgobbava soltanto.
Si era infine costretti
dopo un po di riposo
a estirpare le erbacce
sui viali opprimenti
dell'antica caserma:
poi a dar di ramazza
sull'androne d'ingresso
e all'usurato cesso.
Poi a rancio ultimato
si pulivan dal grasso
le vetuste marmitte
ricevendo minacce
per un guaio commesso:
maltrattato da fesso
non si aveva il permesso
di varcare l'ingresso.
Prima d'esser concessa
una libera uscita
si doveva imparare
la cadenza del passo
restare sull'attenti
e salutare di scatto:
la barba ben curata
e la zazzera folta
tutta a zero rapata:
portare molto fiero
la divisa onorata
contegnoso ed austero.
Dopo tre settimane
di soggiorno obbligato
nell'angusta caserma
c'è la prima sortita:
si riversano in gruppi
nelle strade deserte
centinaia di burbe
tutte in pieno vigore
cercano aperte porte
del mercenario amore.
Si ritrovan festosi
su locande e taverne
sorseggiando vogliosi
un bicchiere di rosso:
con il calice pieno
nella fredda serata
gridano con ardore
e finita! e' finita!
poi alzando il bicchiere
urlano a più non posso:
scordando che la “naia”
e' appena cominciata. (1°) Continua)
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Nostalgia ? non so, comunque un'esperienza, che ciascuno giudicherà a modo suo.