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Il viaggio a Monteverdi

La Fiat 128 bianca un po’ vecchiotta, andava a velocità lenta a mo’ di passeggiata,lungo una strada silenziosa ed alberata.
Ad ogni curva il paesaggio cambiava prospettiva, mentre il sole di prima mattina, creava effetti di luci ed ombre sui prati verdeggianti, che coprivano le meravigliose colline toscane.
A bordo, due ragazze ed un ragazzo, Luca, che fungeva anche da guidatore, il mangiacassette era a basso volume, per non coprire i loro discorsi nonché le inevitabili risate. Le cassette, circa ogni mezz’ora venivano girate o sostituite, in quanto non c’era l’aiuto del revence. La scelta dei cantanti verteva tra la musica italiana tipo Gianni Morandi o Patty Pravo, oppure quella americana come Gene Pitney o Paul Anka o ancora qualche complesso in voga in quegli anni.
Una delle due ragazze ero io, arrivata dalla Campania per le vacanze estive, su invito di alcuni parenti di mio padre, Luca, infatti era il figlio di uno di questi, mentre l’altra ragazza era la sua fidanzatina, non ancora ufficializzata, entrambi avevano circa quattro anni più di me.
Nel viaggio di andata, da casa mia a Livorno, mia madre aveva ritenuto opportuno farmi accompagnare da un suo fratello ferroviere, per lei una ragazza di diciassette anni era inappropriato ed anche pericoloso, che viaggiasse da sola.
A Napoli salimmo sul treno con un po’ di anticipo, rispetto all’orario di partenza, e quindi, lo zio dopo avermi sistemata, scese dal treno per prendere giornale e sigarette.
Durante la sua breve assenza, salirono in carrozza tre bellissimi ragazzi con la divisa della marina,probabilmente diretti all’accademia di Livorno.
Dopo aver sistemate le loro valigie, guardandosi intorno, visto che in quel momento ero l’unica passeggera, uno di loro mi chiese gentilmente, se ero disponibile a dare uno sguardo ai bagagli, dando loro così l’opportunità di andare a prendere un caffè, ed io, un po’ per simpatia, un po’ per non essere scortese accettai di buon grado.
Dopo qualche minuto tornò lo zio, ed a seguire anche i tre ragazzi.
Uno di loro, sfoderando un bel sorriso, mi si avvicinò porgendomi un enorme cono di gelato, quale ringraziamento alla mia cortesia.
Tutto, sotto gli occhi sorpresi ed interrogativi di mio zio, che mi guardava mangiare il gelato senza dire nulla, accennando solo ad un sorriso che passava dal divertito al complice.
Sembrerà una sciocchezza, ma io ancora oggi,di quel gelato ne conservo tutto il sapore, era il primo gesto di galanteria che ricevevo da un ragazzo, anche se per un’occasione banale come quella appena citata.
Le ragazzine della mia generazione, non avevano, ahimè, la disinvoltura di quelle di oggi,meno male che poi sono cresciute in fretta, godendo in pieno di tutte le opportunità della vita sia privata che sociale, recuperando ad uno ad uno tutti i pezzi che si erano perse per strada.
Quella fu anche la prima occasione in cui mi sentii non più una ragazzina, ma una fanciulla adulta, non tanto per il gelato, quello lo si regala anche ai bambini, ma quanto per essermi presa la responsabilità di quei bagagli non miei, insomma….. per pochi minuti mi ero sentita importante.
La meta dei tre ragazzi, di cui parlavo all’inizio del racconto, era Monteverdi, un paesino collinare in provincia di Pisa, un meraviglioso borgo, uno dei tanti di cui si vanta la nostra bella penisola, più precisamente eravamo diretti ad una casa di proprietà dei genitori di Giulia, questo era il nome dell’altra ragazza.
Questa casa era situata all’angolo di due stradine convergenti, articolata su due piani, ma solo quello superiore era abitato, con piccole, ma profonde finestre che davano su entrambe le stradine.
Dopo aver parcheggiato, entrammo in casa e dalla cucina passai in una piccola stanza arredata rusticamente, il mio primo istinto fu quello di avvicinarmi alla finestra, davanti alla quale rimasi incantata ad ammirare lo splendido panorama che si palesava ai mie occhi, abituati alle fredde e rumorose strade della città.
Fui rapita dall’immenso verde della sottostante vallata, dai campi pieni di alberi da frutta e dai lunghi filari dei vigneti, praticamente respiravo con gli occhi.
Concentrata su quelle bellissime sensazioni, non mi accorsi del sopraggiungere di Luca, arrivato silenziosamente alle mie spalle, il quale con tutta la naturalezza che lo distingueva mi cinse le spalle con le sue braccia e con una lieve pressione avvicinò il suo viso al mio.
>> E’ bello qui , vero?<<, mi chiese.
>> Si, è bellissimo.<< risposi, girandomi verso di lui.
Per pochi istanti ci siamo guardati negli occhi, all’improvviso ho sentito le sue labbra sulle mie, un contatto lieve e delicato, imbarazzata e turbata mi sciolsi velocemente da quell’abbraccio.
Nei giorni che seguirono, quell’episodio condizionò molto il mio comportamento. Cercai in tutti i modi di evitare qualunque occasione di eccessiva confidenza, anche se, mi resi conto che il turbamento forse era solo mio, almeno, questo è quello che credevo allora.
La vacanza finì, ed io tornai a casa , prelevata dallo stesso zio che mi aveva accompagnata all’andata, non ero mai stata lontana da casa per un periodo così lungo.
Per moltissimi anni non seppi più nulla di Luca e Giulia, ma si sa, la vita ha i suoi imprevisti e le sue sorprese.



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Opera scritta il 31/10/2019 - 22:52
Da santa scardino
Letta n.714 volte.
Voto:
su 4 votanti


Commenti


Mi unisco al coro...

Nino Curatola 04/11/2019 - 09:14

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Davvero belle le descrizioni, e piacevolissimo il profumo d'altri tempi che si respira per tutto il racconto

Mirko (MastroPoeta) 03/11/2019 - 09:03

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Che bello che è questo racconto e scritto anche molto bene.

Antonio Girardi 02/11/2019 - 17:20

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Mi piace molto come scrivi. Complimenti!

mare blu 02/11/2019 - 16:43

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Il tuo racconto passa da Livorno, una città alla quale sono molto legata...e il tuo modo di scrivere e ciò di cui scrivi mi appassiona ogni volta...
sei molto brava, e grazie!

Grazia Giuliani 01/11/2019 - 17:02

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Che altro dire?
Il racconto sgancia libero spazio ai ricordi, annotati e trascritti liberamente che prendono corpo rigo dopo rigo. C'è una sorta di riordino che si avvale di quel tentativo di connettere in senso sincronico il contenuto e l'esistenziale, e da cornice uno dei decenni più belli del ventesimo secolo e senz'altro più significativo della tua vita.
Termino con un brava e col dedicarti una canzone che a mio avviso ci sta:
--- Gelato al cioccolato, dolce un po' salato---

Giuseppe Scilipoti 01/11/2019 - 16:17

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Le righe al lettore appaiono come una fisarmonica in cui il passato (il rievocare) e presente (ispirazione/scrittura) si allontanano e si avvicinano in un alternarsi merito soprattutto al fatto che che il testo è come se si dividesse in due parti, visto che dispone di qualche venatura introspettiva che fa rima con rievocativa.
Giusto per ripetermi: In "Il viaggio a Monteverdi", i tuoi compagni di viaggio che ti hanno accompagnato hanno contribuito nel "percorso" di tipo formativo e chilometrico.

Giuseppe Scilipoti 01/11/2019 - 16:13

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Leggendo il racconto ammiro molto di come sei riuscita ad implementare i dettagli con cura, si avverte da parte tua il bisogno di rivisitare forse anche con un po' di nostalgia con la memoria, per tanto prendendo in esame gli altri "stralci" in prosa e mettendo pure in conto molte tue poesie da te pubblicate arrivi a momenti a trarne un romanzo formando quindi un documento rilevante e significativo.
(segue "recensione"

Giuseppe Scilipoti 01/11/2019 - 16:09

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Ciao Santa, innanzitutto COMPLIMENTI a caratteri cubitali. Hai scritto un corposo racconto autobiografico che mi è piaciuto tantissimo. C'è un susseguirsi di immagini che mi fa sentire come adagiato in un multisala. Un racconto che è anche un "viaggio" di formazione, e quel non so che di "On the road", un viaggio che indubbiamente ti ha "attivato" alla crescita, a vedere il mondo con una prospettiva da donna.
(segue "recensione")

Giuseppe Scilipoti 01/11/2019 - 16:06

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Credo che un “eccellente lavoro da 5 stelle ), te lo meriti. Il tuo viaggio fu spesso simile si miei nel ‘68.
Mi maturarono molto.
Grazie anche per il tuo commento.

Ernesto D'Onise 01/11/2019 - 14:46

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