Questa e la descrizione di ciò che ha contribuito a farmi diventare quello che sono ora.
Mi chiamo Criss, nato e cresciuto a Riverdale piccola cittadina a sud di Atlanta in Georgia. Ho passato parte della vita a chiedermi, fino a che punto mi sarei spinto per conquistare una parte di mondo da lasciare in eredità e qui non parlo di denaro, di case o quant’altro ma di un eredità che va ben oltre ciò che si può possedere o conservare in una banca. Un eredità morale, sentimentale, quel tipo di eredità che si è certi di aver lasciato quando gli altri si ricordano di te e continuano a parlarne anche quando non ci sei più. A 22 anni avrei dovuto soltanto pensare ad uscire con gli amici e a divertirmi, ma a me, queste cose importavano poco e questo si ripercuoteva con non poche conseguenze sulle mie attività di svago e sulla mia vita sociale.
Era pomeriggio inoltrato di un venerdì di inizio settembre, di nuovo a casa, dopo averne trascorso 15 di escursione in solitaria nei boschi del Chattahoochee National Forest. Appassionato di tecniche di sopravvivenza e innamorato della natura più selvaggia, dopo tanti corsi e varie escursioni fatte in gruppo, decisi di mettermi alla prova affrontando questa avventura in solitaria, fu un esperienza unica, una di quelle cose che ogni essere umano dovrebbe provare almeno una volta nella vita, per avere occasione di riscoprire il rapporto che un tempo avevamo con la natura e con noi stessi, simbiosi che oggi purtroppo abbiamo tristemente perduto. Erano le 5 quando il tocco della campana mi riportò a quell' odiosa certezza di essere di nuovo qui, circondato da queste solite quattro mura, la sensazione di essere inghiottito in una voragine senza pareti su cui arrampicarsi mi attanagliava, mi rendeva prigioniero e il desiderio di volare, celato in ogni uomo, prendeva il sopravvento sui miei pensieri in maniera così violenta da lasciarmi un senso di inquietudine. Non avevo assolutamente voglia di aprire gli occhi ma potevo comunque vedere la luce che filtrava dalle persiane socchiuse, disegnare mille esserini che si muovevano a scatti nelle mie palpebre, temporeggiai ancora un poco e mi persi un momento a giocare con loro, era una cosa che facevo fin da bambino ma non avevo mai capito cosa fossero. Furono la TV in camera di mia madre e gli sbuffi di vapore del ferro da stiro, a riportarmi a terra, “avrei voluto dormire ancora” pensai, “o perlomeno oziare ancora un pochino sul divano”, raccolsi comunque le forze e mi tirai su. Passai i pochi metri che mi separavano dalla stanza di mia madre a stropicciarmi gli occhi, rimasi sulla porta, lei era lì, intenta a stirare. I raggi del sole che filtravano dalla finestra, scontrandosi con le goccioline di vapore davano alla stanza un atmosfera irreale. Restai lì, immobile per un attimo a guardare mia madre, l'ammiravo per come era forte, per la sua capacità di lottare e vincere su tutto e tutti, “capacità che sicuramente non avevo ereditato da lei, vista la mia propensione ad evadere e a trovare piacere nella solitudine”. Dalla morte di nostro padre per incidente stradale erano ormai passati otto anni, lei riuscì comunque a crescere me e mio fratello senza negarci mai un sorriso, senza lasciare trasparire il dolore che gli consumava il cuore, mai un momento di cedimento, mai una reazione esagerata, tutte le sue forze erano per noi, impegnate ad eliminare qualunque cosa avesse potuto lasciare strascichi di negatività su me e mio fratello. Ero ancora lì inebetito dalle mie riflessioni, fermo davanti alla porta della sua camera, quando mi vide e con un sorriso che gli riempì il viso mi chiese, “ che fai, mi spii?”
“Hai fame vuoi che ti preparo qualcosa?”
“No grazie mamma” le risposi, “vado a fare una doccia e poi esco”. Mi mandò un bacio con la mano e continuo a stirare.
La doccia fresca lavo via le residue tracce di torpore, la temperatura di settembre era ancora estiva e in casa, col climatizzatore rotto, era veramente difficile da sopportare, non so come mia madre facesse a stirare. Mi vestii di corsa, presi in camera mia il vinile dei Pink Floyd che Tod il mio vicino mi aveva prestato un mese prima, salutai mia madre con un bacio e uscii di casa. Non avrei mai immaginato che quella sarebbe stata l'ultima volta che avrei visto mia madre nel mondo e nel tempo che fino a quel momento ritenevo il mio.
Mi chiamo Criss, nato e cresciuto a Riverdale piccola cittadina a sud di Atlanta in Georgia. Ho passato parte della vita a chiedermi, fino a che punto mi sarei spinto per conquistare una parte di mondo da lasciare in eredità e qui non parlo di denaro, di case o quant’altro ma di un eredità che va ben oltre ciò che si può possedere o conservare in una banca. Un eredità morale, sentimentale, quel tipo di eredità che si è certi di aver lasciato quando gli altri si ricordano di te e continuano a parlarne anche quando non ci sei più. A 22 anni avrei dovuto soltanto pensare ad uscire con gli amici e a divertirmi, ma a me, queste cose importavano poco e questo si ripercuoteva con non poche conseguenze sulle mie attività di svago e sulla mia vita sociale.
Era pomeriggio inoltrato di un venerdì di inizio settembre, di nuovo a casa, dopo averne trascorso 15 di escursione in solitaria nei boschi del Chattahoochee National Forest. Appassionato di tecniche di sopravvivenza e innamorato della natura più selvaggia, dopo tanti corsi e varie escursioni fatte in gruppo, decisi di mettermi alla prova affrontando questa avventura in solitaria, fu un esperienza unica, una di quelle cose che ogni essere umano dovrebbe provare almeno una volta nella vita, per avere occasione di riscoprire il rapporto che un tempo avevamo con la natura e con noi stessi, simbiosi che oggi purtroppo abbiamo tristemente perduto. Erano le 5 quando il tocco della campana mi riportò a quell' odiosa certezza di essere di nuovo qui, circondato da queste solite quattro mura, la sensazione di essere inghiottito in una voragine senza pareti su cui arrampicarsi mi attanagliava, mi rendeva prigioniero e il desiderio di volare, celato in ogni uomo, prendeva il sopravvento sui miei pensieri in maniera così violenta da lasciarmi un senso di inquietudine. Non avevo assolutamente voglia di aprire gli occhi ma potevo comunque vedere la luce che filtrava dalle persiane socchiuse, disegnare mille esserini che si muovevano a scatti nelle mie palpebre, temporeggiai ancora un poco e mi persi un momento a giocare con loro, era una cosa che facevo fin da bambino ma non avevo mai capito cosa fossero. Furono la TV in camera di mia madre e gli sbuffi di vapore del ferro da stiro, a riportarmi a terra, “avrei voluto dormire ancora” pensai, “o perlomeno oziare ancora un pochino sul divano”, raccolsi comunque le forze e mi tirai su. Passai i pochi metri che mi separavano dalla stanza di mia madre a stropicciarmi gli occhi, rimasi sulla porta, lei era lì, intenta a stirare. I raggi del sole che filtravano dalla finestra, scontrandosi con le goccioline di vapore davano alla stanza un atmosfera irreale. Restai lì, immobile per un attimo a guardare mia madre, l'ammiravo per come era forte, per la sua capacità di lottare e vincere su tutto e tutti, “capacità che sicuramente non avevo ereditato da lei, vista la mia propensione ad evadere e a trovare piacere nella solitudine”. Dalla morte di nostro padre per incidente stradale erano ormai passati otto anni, lei riuscì comunque a crescere me e mio fratello senza negarci mai un sorriso, senza lasciare trasparire il dolore che gli consumava il cuore, mai un momento di cedimento, mai una reazione esagerata, tutte le sue forze erano per noi, impegnate ad eliminare qualunque cosa avesse potuto lasciare strascichi di negatività su me e mio fratello. Ero ancora lì inebetito dalle mie riflessioni, fermo davanti alla porta della sua camera, quando mi vide e con un sorriso che gli riempì il viso mi chiese, “ che fai, mi spii?”
“Hai fame vuoi che ti preparo qualcosa?”
“No grazie mamma” le risposi, “vado a fare una doccia e poi esco”. Mi mandò un bacio con la mano e continuo a stirare.
La doccia fresca lavo via le residue tracce di torpore, la temperatura di settembre era ancora estiva e in casa, col climatizzatore rotto, era veramente difficile da sopportare, non so come mia madre facesse a stirare. Mi vestii di corsa, presi in camera mia il vinile dei Pink Floyd che Tod il mio vicino mi aveva prestato un mese prima, salutai mia madre con un bacio e uscii di casa. Non avrei mai immaginato che quella sarebbe stata l'ultima volta che avrei visto mia madre nel mondo e nel tempo che fino a quel momento ritenevo il mio.
Opera scritta il 12/09/2020 - 15:40
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