Vedo un'enorme fascio di polloni di salice risalire il sentiero dal fiume. Sotto, chino, un vecchio che un tempo intrecciava vimini per due soldi e che il tempo ha solcato di rughe che sembrano smorfie. I passi lenti ma ritmici di chi senza vanto fece il soldato in un tempo in cui, i tarli della mente, ricordano che si stava meglio. Arriverà a casa, seppure senza orologio, in tempo per il pranzo, e fra formaggio e companatico dirà che sentiva il profumo della minestra dal fiume. Si trattava invece, del ritmo circadiano, nascosto in qualche angolo del cervello, che un tempo andava a ritmo della natura. Lento, nel tempo che una quercia impiega per diventare robusta. Ritmico, rallentato a tratti solo da forza maggiore. Marca impronte nella memoria di un tempo che non c'è più. I vecchi a volte sembrano nati così; sembra che non siano mai stati ventenni. Eppure in un'altra vita, in un'altro tempo sono stati persino bambini. Tra i nodi legnosi della miseria, delle disgrazie da dimenticare se si vuole andare avanti; senza perdere il ritmo, senza perdere tempo.
Opera scritta il 24/11/2021 - 09:56
Da silver 80
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