“Lasciamo perdere” disse Melania, seccata e impaziente.
Lucia sollevò la testa, le cose futili le teneva tutte nel lago degli occhi. “Sss” rispose, per niente sorpresa, l’espressione vigile come una gemma affilata. “Resta seduta” disse, e senza aspettare, raccolse aria nei polmoni, conoscendo la via per entrare in uno stato mentale più chiaro. “Ascolta l’invisibile sussurro della coscienza, il calore del sangue che scorre e dà la vita. Lascia andare”. Staccò un respiro basso nell’attimo in cui tornò al sicuro, scorgeva quatto quatto il suo Io profondo contare i passi che lei stessa compiva dall’altra parte.
“Che devo fare? Aspettare? Cosa dovrei vedere?” Melania non smetteva di parlare, voleva affrettarsi. Stava lì, seduta, mangiata dai pensieri che la rendevano prigioniera, avvolta dalle tenebre, incapace di essere. Di rimanere semplicemente ad ascoltare quello che c’era, solo apparentemente familiare, ma pari ad una montagna da scoprire e scalare.
“Non sei costretta” aggiunse Lucia, sorvegliando la reazione dell’amica che continuava a guardarla interrogativa. “Rimettiamoci in cammino. E’ stata creata questa porta molto tempo fa certamente per una ragione”. Sorrideva.
Melania chiuse gli occhi, tentò ancora. Fiutava la presenza del suo corpo come un’impronta nello spazio. Lo sguardo rivolto all’interno cercava di svelare un percorso, si poneva come luna a dare la direzione da prendere.
“Ahh!! Quindi…”.
Un attimo di meraviglia e di nuovo un tunnel di riflessioni la inghiottì involontariamente, portandola lontano, per miglia e miglia, in contrade di secondi persi a immaginare cosa ciò significasse: poteva importare qualcosa? questo voleva dire forse che…; finché passata l’eccitazione si ritrovò pesante e floscia, ancora sulla sedia insieme a Lucia.
“Non posso farci niente!” sbottò, “non è possibile restare concentrati.” Melania iniziò un inconfondibile dondolio di frustrante considerazione.
“Benissimo” disse Lucia “allora dobbiamo stringerci sull’obiettivo e spingerci avanti. La forza contraria del vento e l’impeto dei torrenti che sbarrano la strada verso la vetta, ci integreranno in profondità, costruendo una casa propria e non un luogo straniero in cui vagare senza metà.”
Melania aveva capito la metà di quello che Lucia aveva detto, volutamente per metà, e sempre per metà aveva intuito il senso del significato che rimaneva in ombra.
"Entriamo" disse Lucia e Melania provò ancora a raggiungere una concentrazione di accesso. La luna, in lontananza, appariva ora nascosta da nubi infittite intorno a lei. Melania avanzava lentamente portando il respiro nel silenzio di una foresta nera. “Va avanti… forza…” si esortò, non potè evitarlo, anelando un risultato e giù, un’altra volta, improvvisamente, la distrazione come un pendio troppo accidentato la scaraventò nell’illusione di andare, quando invece era precipitata in balia del buio anonimo.
Dopo lunghi minuti che parvero eterni, riconobbe ancora il silenzio della stanza, la sedia che occupava, il respiro quieto di Lucia. La realtà!
Inquieta, cominciò ad essere stanca, quasi davvero avesse cercato di scalare una montagna.

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