Mise la valigia vicino alla porta, ci scrisse due righe e uscì di casa. Lei lavorava in un albergo in città e quel giorno avrebbe lavorato per il turno notturno. L' indomani sarebbe tornata a prendere la valigia e quella storia sarebbe finita per sempre. Di nuovo una morsa le attanagliò il cuore, ma si decise a ignorarla.
Luca, era stanco il turno di lavoro era stato estenuante. Lavorava come impiegato in una piccola impresa, ma ultimamente le cose stavano andando male, e il lavoro era molto più pesante. Forse l'azienda sarebbe uscita presto dalla crisi, forse no, forse avrebbero dovuto fare dei tagli al personale, e lui temeva per il suo futuro. Non aveva detto nulla a nessuno, non voleva far preoccupare le persone che gli volevano bene, e avevo finito per fingere che tutto fosse come sempre, che ogni cosa fosse al posto giusto. Aprì la porta. C'era qualcosa che non andava. Sapeva che Grazia era al lavoro, era receptionist in un albergo e il mercoledì faceva la notte, lavorava dalle 22:00 alle 8:00 di mattina.
Ma la casa era spenta e vuota. Lei lasciava sempre la musica accesa, il salotto in disordine, con i piatti da rimettere a posto, dopo una cena veloce, e in cucina il cibo per lui. Non c'era niente di tutto ciò. Nessuna luce accesa, il salotto era in perfetto ordine, in cucina non c'era niente di pronto e neanche i piatti sporchi. Il suo appartamento sembrava quello di tre anni fa. Corse di nuovo in corridoio. Fu allora che la vide, la valigia. Sì sentì svenire, la stette a guardare interdetto, per quella che a lui stesso apparve un eternità. Quell' oggetto, apparentemente innocuo, gli sembrava un animale feroce pronto ad assalirlo per strappargli il cuore. E forse il cuore glielo aveva già strappato. Come un automa si diresse verso la camera e si lasciò cadere sul letto. La testa tra le mani. Perché? Cosa cavolo era successo, per fare sì che lei se ne andasse? Eppure il loro amore era sempre sembrato così forte, così invincibile. Cosa era mai accaduto? La loro routine era sempre la stessa, e lui aveva fatto di tutto per lasciarla tale, aveva sacrificato molti dei suoi stati d'animo, delle sue paure, delle sue difficoltà pur di lasciare le cose tra loro immutate. Aveva sbagliato? Forse doveva darle più ascolto? Forse avrebbe dovuto parlarle di più? O forse il tentativo di non avvelenare il loro rapporto, con le problematiche della realtà aveva sortito esattamente l' effetto contrario? E in quel momento si rese conto, con orrore, che se avesse trovato tutto come si aspettava che fosse, il disordine, il cibo etc, non se ne sarebbe neanche accorto, ma avrebbe agito in automatico: raccolto i piatti, messi in lavastoviglie, mangiato velocemente e sarebbe crollato a letto. Quante volte l'aveva ringraziata per lasciargli sempre la cena pronta? Troppo poche. E ora si rendeva conto, che sì non era cambiato nulla, ma in realtà era cambiato tutto: avevano continuato a seguire un copione collaudato e si erano persi. Cosa aveva fatto? Poiché non aveva avuto il coraggio di fare entrare la realtà nel loro rapporto, per paura di guastarlo e soprattutto di perderla, aveva costretto entrambi a una farsa, a una parodia del loro stesso amore. E adesso? Cosa succedeva adesso? Non voleva perderla, non aveva mai voluto perderla.
Cosa avrebbe dovuto fare? E lei sarebbe stata disposta ad ascoltarlo? Ma le parole non sarebbero bastate. Diamine! Lui sapeva di amarla! Ma lei? Lei lo amava ancora? Sì alzò dal letto, e andò alla valigia. C'era un biglietto. Lei aveva spiegato in poche righe come si sentiva. E ogni parola letta era stata una pugnalata. Era così. Per cercare di salvare quel loro amore così prezioso lo avevano messo sotto una campana di vetro e avevano finito per soffocarlo. Entrambi avevano sbagliato. Lo leggeva in quel foglio, ma lo capiva davvero per la prima volta: tutte le parole non dette, tutte le frasi vuote, tutti i gesti ripetuti, ma svuotati di significato. Tutto un castello di carte, che alla fine era crollato.
Ma non era pronto per accettare che quella fosse la loro fine. Forse avrebbe potuto conquistarla di nuovo, forse avrebbe dovuto far sparire quella dannata valigia. Stava delirando, ma il dolore e l' impotenza gli stavano annebbiando il cervello. Lacrime calde e chiare gli pungevano gli occhi, e non aveva il coraggio di lasciarle andare mentre si preparava a una notte insonne.
Grazia era stanca. Per fortuna che al lavoro c'erano stati pochi clienti. Spesso si era distratta pensando a lei e Luca. Cosa era davvero successo? Si erano arresi? Lui aveva smesso di amarla? Forse aveva messo troppa energia, troppa forza e alla fine l' amore era soffocato, come una piantina troppo annaffiata. O forse aveva messo troppa forza nella direzione sbagliata e troppo poca in quella giusta. Ma che senso aveva adesso? Adesso era solo il momento di prendere la valigia e ricominciare. Ma quasi le mancava il coraggio.
Aprì la porta, lui era lì seduto sulla sua valigia, ancora gli abiti del lavoro indosso, l'aria stropicciata e malmessa di chi non avesse chiuso occhio. E anche lei non era certo un fiore. Stanchi sfiniti, con il cuore a pezzi, e l' anima piena di graffi, si guardavano in silenzio. Altro non erano diventati che le ombre di loro stessi. Eppure i loro occhi, gonfi e cerchiati ancora si illuminavano a guardarsi. Quando tempo avevano sprecato a fingere che tutto fosse perfetto? Perché non erano riusciti a capire che la vera perfezione era una vita imperfetta, ma condivisa? Continuavano a guardarsi. Entrambi sapevano che lei sarebbe passata a prendere la valigia, ma forse per proteggersi avevano allontanato dalla mente il pensiero di un loro incontro.
Ma ora erano lì, con le loro ansie e le loro paure, e tutte le parole non dette.
Il primo a parlare fu lui. Iniziò con «Scusami» e poi fu un fiume in piena, non riusciva a fermarsi, incespicava nelle parole e nella fretta di spiegarsi, andava quasi farneticando. Ma in qualche modo, neanche avrebbe saputo spiegare come, riuscì a farle capire il periodo che stava passando al lavoro, e l' inferno che aveva dentro al solo pensiero di perderla. Parlava gesticolava, le emozioni uscivano a fiotti dalle sue parole.
E anche lei straripò, quando ebbe la forza e l' opportunità di parlare, tutti i mesi si silenzi, di non detti di "va bene", non pensati ma accettati come inevitabili, vennero fuori nelle sue parole sconnesse, ma sincere. Sì riversarono addosso un mare di parole, ma non erano parole cattive, erano tutte le parole che, per paura, non si erano mai detti e alla fine a modo loro erano parole d'amore sincere, un po' tristi e un po' speranzose.
E alla fine si quel lungo discorso, concitato e farneticante, portato a termine a fatica, si guardarono negli occhi e lì ritrovarono il loro amore, graffiato, a pezzi, mezzo rotto, ma non ancora sconfitto. Si scambiarono un bacio leggero e si abbracciarono.
Avrebbero ricominciato, questa volta senza cercare di proteggere il loro amore, lasciandolo invece libero, anche di scontrarsi con la realtà, permettendogli di mostrare la sua forza.
Fine.
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