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Legenda
= Poesia
= Racconto
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Autobiografia

Le istruzioni sono:

"il racconto retrospettivo in prosa che un individuo fa della propria esistenza" (P. Lejeune)


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Mi ricordo, si mi ricordo

Di lei mi ricordo quando mi chiese di allacciarle il reggiseno che le si era sganciato, dietro alla antica chiesetta del borgo. La luce del pomeriggio si rifletteva sulle pietre grezze della facciata, e il suono lontano di una campana ci avvolgeva in quel silenzio sospeso. Mi ricordo il suo sorriso un po' imbarazzato, e quella sensazione di intimità che si era creata, come se il mondo intorno a noi si fosse fermato per un attimo.
Mi ricordo un 25 aprile, la festa della liberazione, con la sua testa sulla mia pancia dopo pranzo al sacco. Il cielo azzurro e il prato verde sotto i nostri piedi. I suoi capelli neri si mescolavano alla maglietta bianca che indossavo, e il vento leggero le faceva sfiorare il viso, mentre io le accarezzavo dolcemente il capo. In quel momento sembrava che non ci fosse altro al mondo se non quella serenità, come se il tempo fosse un concetto lontano e impossibile da comprendere.
Mi ricordo un viaggio di ritorno da una gita sulla neve. Lei rannicchiata contro di me, dormiva con la testa appoggiata sul mio petto, mentre io, in silenzio, le accarezzavo i capelli. Il caldo della macchina contrastava con il freddo pungente che ci aveva avvolti sulle piste, eppure dentro quella piccola bolla di intimità c’era solo la sensazione di una connessione profonda. Avevamo appena condiviso un'esperienza unica e non c’era bisogno di parole per comprenderci.
Mi ricordo di aver visto con lei i fuochi di un 19 luglio, una calda notte d'estate, dopo una serata in pizzeria. Le luci colorate esplodevano nel cielo e, per un attimo, il mondo sembrava quasi irreale. Sulla scogliera, seduti sui sassi freddi al buio, ci abbandonavamo a quel silenzio che solo il mare sa regalare. Il salmastro ci avvolgeva, il suono delle onde ci cullava, e per quanto tutto intorno fosse rumoroso e vivace, il nostro silenzio era perfetto.
Mi ricordo di aver giocato e chiacchierato con lei, all’epoca dei suoi quattordici anni, quando il mondo sembrava dividersi tra l'infanzia e l'adolescenza. Io avevo più del doppio dei suoi anni, ma tra noi c’era una naturalezza che rendeva ogni differenza insignificante. Un passo, forse, ci separava dal metterci insieme, ma nessuno di noi due si sentiva davvero pronto. Forse era paura, forse non eravamo mai convinti davvero. Eppure, c'era qualcosa di speciale in quei momenti, nei nostri sguardi che s’incrociavano per un attimo, nei sorrisi appena accennati.
Mi ricordo di aver recitato, l’unica volta che l’ho fatto, la parte di Antoine nel “Piccolo Principe”. E lei, con la sua voce che portava un'incredibile dolcezza, era il Piccolo Principe. Era il suo ruolo, senza dubbio, anche nella vita. Lei che cercava di comprendere il mondo, di trovare il senso di tutto, con quegli occhi curiosi e quella tenerezza che solo chi è capace di sognare può avere.
Mi ricordo che ci siamo persi di vista per quasi venti anni. La vita ci ha separato, ma il pensiero di lei è sempre stato lì, nella parte di cuore che non si svuota mai del tutto. Eppure, nonostante tutto, quando ci siamo ritrovati su Facebook, è stato come se il tempo non fosse mai passato. È stata una delle prime persone che ho cercato appena iscritto, scoprendo che viveva e lavorava all’estero, tornando a casa solo due volte l’anno. Ogni volta, come se fosse stato un miracolo, ci si rincontrava.
Mi ricordo di averle proposto di vederci a pranzo durante le feste di Natale di qualche anno fa. Il nostro incontro fu un pranzo bellissimo, al ristorante giapponese, in cui abbiamo condiviso risate, ricordi e un silenzioso rispetto per il tempo che era passato. Dopo quello, abbiamo fissato un appuntamento fisso tra Natale e l’ultimo dell’anno, come se fosse una tradizione nuova, ma che aveva la stessa forza di quelle che nascono spontaneamente. Una volta, addirittura, abbiamo festeggiato l'ultimo dell’anno come se fossimo a Sidney, trasformando le 14.00 nella mezzanotte australiana. Quell’istante di pura follia ci ha uniti ancora di più.
Mi ricordo di aver festeggiato ogni volta anche il mio compleanno, sempre con un piccolo pensiero da parte sua. Ogni anno, il suo regalo era un simbolo di qualcosa che non moriva mai. E io, due mesi dopo, lo ricambiavo, spedendole sempre qualcosa, in aspettando con impazienza che mi dicesse di averlo ricevuto. I fiori di quest’anno sono stati particolarmente belli, e lei, quando li ha visti, ha detto che erano perfetti.
Nel tempo, quella connessione che avevamo condiviso non è mai svanita. Ogni incontro, ogni regalo, ogni piccolo gesto, concentrato nello spazio ma diluito nel tempo ha sempre avuto il sapore di qualcosa che non si spegne, qualcosa che continua a brillare, anche se silenziosamente, anche se lontano.
Mi ricordo che, nonostante il tempo e le distanze, c'è sempre stato qualcosa che ci legava, una sorta di filo invisibile che non è mai stato spezzato.



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Scrittura creativa scritta il 05/02/2025 - 12:21
Da Beppe Billi
Letta n.109 volte.
Voto:
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Commenti


I rapporti speciali ci accompagnano durante tutta la vita...

Anna Rossi 10/02/2025 - 03:35

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Bei ricordi di vita vissuta.

Maria Luisa Bandiera 06/02/2025 - 08:07

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