giacchè la mente mia di ricord’arsa
t’ avea inglobata ancora giovinetta
e giammai avanti osò, restò dormiente
ai bei ricordi della fanciullezza
allorquando ridondavi di gaiezza.
Immutata, nel tempo, nella mente
restava la tua imago adolescente,
il dolcissimo guardo avviluppante
e i lunghi, biondi, bellissimi capelli
e il viso dai tratti snelli e molto belli.
L’andatura sensuale e fluttuante,
la voce carezzevole e suadente,
le rosee, carnose labbra sorridenti,
le affusolate mani e i candidi denti.
I fiorellini della chioma adorni
e il serpeggiante rivo schiumeggiante,
che alla fresc’ombra della grande pietra,
accanto al grosso faggio verdeggiante
i piedi baciava limpid’acqua tra
un innocente bacio e una carezza.
Snello il corpo d’elegante gazzella,
l’ insieme tutto di mattutina stella.
Tutto rimasto è là, com’era allora
quando serenità elargiva e gaiezza
mentr’io mi resto nella speme, ancora.
Né quella pietra d’immensa grandezza
alcunché mutato ha del suo aspetto;
sol’io ho perso la dolce giovinezza:
Lo dice il viso dal mutato aspetto.
Quest’oggi t’ho incontrato in via Verdisca
ove vivemmo nostra vita fresca;
gli occhi celesti ancora ma alquanto
tristi, lo sguardo dolce, quasi spento,
non più soffice chioma color biondo
ma crine che di biondo ha solo un fondo.
Il passo incerto, ahimè, ed assai lento,
la voce dolce ancor ma tremolante,
il labbro assottigliato e penzolante.
Poco di quanto in mente è somigliante
giacchè per essa ristata eri aitante
ed ora appari, invece, assai cadente.
Sol’or mi sveglio dal lungo torpore
e nella realtà immergo di quest’ore
che tutta m’appare nell’interezza
e dice che l’allegra giovinezza
volutamente rimata era presente
a dar sollievo alla mia stanca mente
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