che sono morti.
Vivi nel corpo,
morti nell'anima.
La vita in loro
più non dimora.
La mente è vuota;
la meta
dispersa tra la nebbia;
il sé
annegato nell'oscurità.
Non sanno dove camminare,
non sanno cosa fare,
non sanno cosa pensare,
non sanno vivere,
poiché non sanno chi sono.
Sono fogli bianchi
su cui si può scrivere tutto.
Sono libri
dalle pagine vuote,
che si fanno bagnare
da qualsiasi inchiostro.
Soggiogabili.
Manipolabili
Ingannabili.
Vite incapaci
di scorrere da sole,
legate a fili
che le manovrano.
Vite troppo deboli
per rompere le catene.
Vite imprigionate da se stesse,
in celle da esse costruite,
con sbarre da esse erette.
Prigioni di impotenza,
pigrizia,
debolezza.
Sanno camminare,
ma non sanno dove andare,
Non sanno quale suolo calpestare.
Restano seduti
Sul ciglio della terra
dai mille sentieri.
E la vita
si imprigiona in un attimo
bloccato,
suggellato,
spoglio
secco.
L'orologio dell'anima
si ferma
su un secondo morto.
E quando il piede
decide di avanzare,
la mano si stringe
a quella di colui
che calpesta il suolo
più calpestato.
E continua
per il sentiero
più tracciato,
più logoro,
senza conoscerne la meta.
E se cambia
il sentiero,
cambia il loro cammino.
Vanno per andare,
non per essere.
Il loro passo è vuoto,
vagabondo.
Il loro equilibrio è fragile,
le loro gambe gracili.
Un soffio di vento
li abbatte.
Sono foglie cadute
che seguono il vento,
incapaci di contrastarlo,
poiché non legate a niente.
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