Pazuzu
La mia pelle è velluto e sabbia dorata.
Ti sento fremere e gemere
scivolandomi tra le mani.
Questa notte la luna
mi regalerà un suo segreto.
Ali spiegate sul mio viso.
I tuoi baci umidi, guariscono l'anima.
Nessun dolore, nessun tormento,
inquietante desiderio.
Le ore sono foglie,
intrecciate al mio canto.
Sono io il centro di uno spazio definito,
come il serpente che si morde la coda
in un cerchio perfetto.
La mia solitudine è la fortezza
che si staglia fiera verso il cielo.
La ruota del Karma gira
e quando gira
non guarda in faccia
nessuno.
Combatti, impavido Pazuzu.
Apri le piaghe da cui sgorgò incessante il pianto.
C'è chi balla e chi canta
abbracciandosi la propria follia.
Il veleno è più dolce
se non ha nessun sapore.
Guardami, amami, toccami fino in fondo.
Sfiora la mia carne
dove si scatena l'estasi.
Avvinghiati corpo a corpo
nell'amplesso che è turbine e tempesta;
la morte danza con mille volti
e pian piano
diventa sinfonia.
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Pazuzu, qui, perde la sua connotazione di Re degli Spiriti malvagi trasformandosi quasi in Spirito consolatore che, "osmoticamente" entra in chi scrive.
Complimenti!
Inoltre vedo questo spirito maligno che sorveglia lo scandire passionale del testo.