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Ballando con le teste di Modigliani

Fatto strano, mia nonna Marieera morta da tempo, eppure era davanti a me,continuava a sorridere a crepapelle, cosa che non le avevo mai visto fare durante gli anni che avevamo
trascorso insieme nella casetta che ha visto fiorire la mia gioventù.
Era sicuramente un sogno, anche se il raggio di sole stava sbiadendo e l’inconfondibile ticchettio della pioggia sui vetri materializzava nuovamente Forks ed il suo grigiore.
Però non era un sogno la carezza sulla mia guancia della mano rugosa e forte di Marie.
La paura aveva preso il sopravvento sulle altre emozioni, desideravo con tutta me stessa domandare, esprimere, urlare, ma non riuscivo ad articolare la mandibola ne tantomeno a muovere un muscolo.
Muta, immobile, occhi dilatati, bocca spalancata, nonna Marie che mi guardava e rideva, la pioggia aumentava d’intensità, una morsa sconosciuta mi afferrava e mi scuoteva.
“Carole svegliati! Dai Carole riprenditi!”
La voce sembrava proveniva dalla stanza attigua e mentre cercavo di abbinarla ad un volto femminile, visto che il tono pareva tale, una cascata d’acqua proruppe sulla mia faccia provocandomi la sensazione di una cascata di frammenti di luce e punture di aghi.
Mi riscossi finalmente dall’immobilità forzata ed aprii gli occhi che credevo già aperti, avevo ragione era solo un sogno.
“ La devi smettere di ingurgitare l’LSD come fosse aspirina.” Gracchiava la voce.
Finalmente stavo tornando alla realtà, Giusi era accanto a me, pronunciava parole quasi incomprensibili per la mia mente in affanno, la zia Marie non c’era più, l’acqua continuava a picchiettare sui vetri, Forks era avvolta in un manto nebbioso,mi serviva urgentemente un’aspirina per arginare il rullo compressore che lavorava nel mio cervello.
Molto più tardi, dopo molti caffè,reduce da una doccia interminabile, cercai di ricomporre gli avvenimenti della sera prima che avevano causato tale sconquasso nella nostra tranquilla convivenza di studentesse all’ultimo anno di arti figurative.
Giusi mi aiutò a ripartire dal dato accertato della cena a casa di Bob e Mark, mi rievocò l’uscita per le via affollate di Forks, stop veloce ad una birreria per usare il bagno, meta i giardini di Flair, con i suoi viali illuminati ma discreti, con lo scopo di ottenere un tocco di romanticismo, insperato , dai nostri accompagnatori.
“Ti devi per forza ricordare” Insisteva Giusi.”Tutto stava procedendo secondo copione finché all’angolo della diciassettesima un vociare ha catturato la nostra attenzione. Alcuni studenti stavano giocando a Baseball in un campo improvvisato illuminato dai lampioni del parco.
La situazione é degenerata, Bob e Mark si sono precipitati nella mischia del gioco lasciando me e te con un pugno di naso.
Dopo circa mezz’ora ci siamo arrese all’evidenza” Continuava Giusi senza nemmeno prendere fiato.
“Non eravamo sicuramente più interessanti di una piccola palla ovale. La rabbia ribolliva dentro i meandri delle nostre viscere e prima di farla esplodere come lava da un vulcano abbiamo deciso di allontanarci con un’alzata di spalle ed un sonoro “fack you men ball”.
Ci siamo più volte squadrate per capire cosa non andasse in noi quella sera, siamo arrivate ad annusarci a vicenda ma anche il nostro profumo era un’ottima copia Rumena di Chanell n°5.”
Fino a questo punto la mia memoria rispondeva prontamente agli imput che Marie lanciava e ricostruiva, oltre all’accaduto mi elencava le varie emozioni e gli stati d’animo da me provati, ma fino a questo punto, poi, il buio più totale. Ma Giusi era ormai un torrente in piena e non si capacitava del mio blocco mentale.
“Come fai a non ricordare i due ragazzi che abbiamo incontrato lungo i canali, che ci hanno offerto da bere e ti hanno proposto, dopo aver notato il tuo modo di fare sbarazzino, di provare un LSD. Non ti ricorderai nemmeno che io mi sono rifiutata categoricamente, mentre tu hai inghiottito la tua pasticca e dopo dieci minuti hai raddoppiato la dose dicendo che la prima non ti dava sensazioni particolari.”
Forse il mio blocco era preoccupante ma Giusi aveva sicuramente danni molto più gravi, continuava a raccontare storie senza capo ne coda, stava addirittura dipingendo un quadro della mia persona del tutto falso, io che mi drogavo, io che avevo il fare sbarazzino,sicuramente qualcosa non quadrava.
Ho dedicato molto tempo ad assistere i tossicodipendenti con padre Brown alla” Wallace Church” a Barner Street, dandogli oltre ad un aiuto psicologico anche delle motivazioni sociali, sono sempre stata molto bigotta nei modi e nel vestire ed adesso la mia migliore amica mi inventava questa fandonia per distruggermi dei fondamenti di vita sociale.
Senza degnarla di uno sguardo mi alzai e prendendo la borsa al volo mi diressi verso l’uscita, spalancai con violenza la porta, scesi le scale, non degnai di un saluto gli altri studenti che percorrevano il corridoio al contrario, non presi la posta dalla mia cassetta anche se ne era colma, balzai sul marciapiede e l’aria frizzante ed umida mi colpì con una vigorosa stilettata, riportando la mia mente ad una dimensione naturale e conscia delle cose che mi circondavano.
Fu quasi per caso che decisi a prendere un tram che transitava in quel momento, invece di percorrere a piedi la poca strada che mi separava dalla biblioteca dell’università, avevo ancora in testa un quesito senza risposta e dovevo trovarla o sarei impazzita.
La corsa fu breve ed il vociare degli studenti rimarcava la vicinanza all’inizio del periodo di vacanze, alcuni ridevano, altri erano concentrati a ripassare, altri programmavano la serata, sparsi qua e là pensierosi e solitari i futuri respinti.
Scesi una fermata prima della biblioteca per far sosta dal venditore di ciambelle, due con caramello come sempre, almeno quell’abitudine la ricordavo.
Dentro la biblioteca evitai le solite stanze frequentate dai miei compagni di studi e mi diressi nel reparto libri antichi, riempii la richiesta del tomo 1411 della cartografia e delle proprietà immobiliari dello stato del Tennessee riguardanti l’interland di Nashville.
Dopo un’ora di ricerca, avevo mentalmente imprecato a tal punto che mi girai per vedere se qualcuno mi aveva sentito! Ma la costanza fa parte dei miei pregi, finalmente era lì, l’immagine stilizzata della vecchia casa di mia nonna Marie.
Gli scalini del porticato contornati di vasi di fiori gialli e rosa, il profumo di gladioli e margherite vicino al pozzo ed il cinguettio degli uccelli che fan da corolla al profumo del pan brioche appena sfornata. D’un tratto la voce di nonna Marie strappo la mia mente dai ricordi.
“Ciao Carole, finalmente ti sei ricordata di me! Adesso posso lasciarti vivere senza crearti paranoie! Ciao piccola.”
Come era apparsa la voce defluì e così il tomo1411, la biblioteca, la pioggia, il ticchettio sui vetri.
Un battito di ciglia, ero nel mio letto, in vestaglia e gli abiti erano ben ripiegati sulla sedia nell’angolo, la sveglia segnava le sette, ilsole faceva capolino tra le nubi che ricoprivano il cielo mattutino, Giusi comparve con una tazza di caffè in mano per me.
“ Buon giorno, sono tre giorni che studiamo senza uscire di casa, forse è l’ora che ci prendiamo una boccata d’aria?” Mi disse Giusi tra uno sbadiglio e l’altro.
“Scusa ma non siamo uscite con dei ragazzi ieri sera?” Le dissi io.
“Certo” rispose lei. “ Biografia ed opere di Modigliani. Forse siamo uscite con le sculture ritrovate nei fossi di Livorno perché se questi ragazzi di cui dici non sono a letto con noi sono proprio di marmo.”
Dopo una sonora risata ed un’abbraccio abbiamo deciso che la giornata doveva essere vissuta e ricordata.
“la doccia la faccio prima io…”



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Racconto scritto il 30/11/2014 - 23:10
Da paolo signorini
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