Giungeva in città ogni anno, a inizio dicembre, non si sapeva da dove venisse, né come si chiamasse, dal momento che alla domanda sulle sue origini rispondeva "Provengo da ogni parte del mondo" e a quella sul suo nome diceva "Io sono lo zampognaro". Ebbene sì, lui suonava la zampogna, il suo adorato strumento con il quale allietava le frenetiche camminate delle persone.
Arrivava durante il periodo natalizio e si posizionava nella stessa via, nel medesimo punto, e cominciava a suonare, con il cappello per terra a chiedere qualche monetina ai più buoni di cuore. Le persone avevano bisogno di cellulari, orologi, vestiti, lui si accontentava di un po' di bontà d'animo. Ma la gente, si sa, prima di Natale impazzisce un po', inghiottita dal consumismo, mentre lui consumava solo il fiato. Regali, regalini, auguri che volavano rapidi di bocca in bocca, abbracci, erano il suo spettacolo mentre suonava ed erano il motivo per cui il primo anno che era arrivato lì, quasi era passato inosservato, come spesso capita a chi, come lui, chiede l'elemosina per strada. Ma la musica, quella c'era e, volenti o nolenti, le persone ne erano condizionate, perché la musica è magia, ti condiziona, ti cambia il passo, perfino le idee regalo, e lui pure, era magico per davvero.
Dopo anni di presenza costante, lo zampognaro era noto a tutti: gli adulti gli davano qualche spicciolo (non troppi perché c'erano i regali da comprare), i bambini lo salutavano e si stupivano sempre di come resistesse al freddo, in quella posizione statica, ma quando uno di essi gli aveva chiesto il trucco, lui aveva risposto "Mi scaldo con la musica". Ed era così, non pareva essere turbato dal freddo, né stancarsi di fronte a quel viavai infinito di persone: se ne stava lì a suonare, con quello sguardo profondo, umano, buono, di chi è segnato dalla vita, dalla povertà, ma non se ne fa né un cruccio esagerato né un motivo di commiserazione.
Erano passati dieci anni da quando lo zampognaro aveva messo piede la prima volta in città e l'atmosfera natalizia si stava impossessando ancora una volta delle strade cittadine; ma quell'anno lui non arrivò, nessuna traccia dello zampognaro. Le persone si chiedevano dove potesse mai essere andato, magari aveva cambiato posto; probabilmente è andato in ogni parte del mondo, si diceva qualcuno. I bambini, loro si interrogavano, domandavano ai genitori, ma lo aspettavano, oh sì che lo aspettavano e lo avrebbero aspettato ancora, proprio come si aspetta Babbo Natale.
Arrivava durante il periodo natalizio e si posizionava nella stessa via, nel medesimo punto, e cominciava a suonare, con il cappello per terra a chiedere qualche monetina ai più buoni di cuore. Le persone avevano bisogno di cellulari, orologi, vestiti, lui si accontentava di un po' di bontà d'animo. Ma la gente, si sa, prima di Natale impazzisce un po', inghiottita dal consumismo, mentre lui consumava solo il fiato. Regali, regalini, auguri che volavano rapidi di bocca in bocca, abbracci, erano il suo spettacolo mentre suonava ed erano il motivo per cui il primo anno che era arrivato lì, quasi era passato inosservato, come spesso capita a chi, come lui, chiede l'elemosina per strada. Ma la musica, quella c'era e, volenti o nolenti, le persone ne erano condizionate, perché la musica è magia, ti condiziona, ti cambia il passo, perfino le idee regalo, e lui pure, era magico per davvero.
Dopo anni di presenza costante, lo zampognaro era noto a tutti: gli adulti gli davano qualche spicciolo (non troppi perché c'erano i regali da comprare), i bambini lo salutavano e si stupivano sempre di come resistesse al freddo, in quella posizione statica, ma quando uno di essi gli aveva chiesto il trucco, lui aveva risposto "Mi scaldo con la musica". Ed era così, non pareva essere turbato dal freddo, né stancarsi di fronte a quel viavai infinito di persone: se ne stava lì a suonare, con quello sguardo profondo, umano, buono, di chi è segnato dalla vita, dalla povertà, ma non se ne fa né un cruccio esagerato né un motivo di commiserazione.
Erano passati dieci anni da quando lo zampognaro aveva messo piede la prima volta in città e l'atmosfera natalizia si stava impossessando ancora una volta delle strade cittadine; ma quell'anno lui non arrivò, nessuna traccia dello zampognaro. Le persone si chiedevano dove potesse mai essere andato, magari aveva cambiato posto; probabilmente è andato in ogni parte del mondo, si diceva qualcuno. I bambini, loro si interrogavano, domandavano ai genitori, ma lo aspettavano, oh sì che lo aspettavano e lo avrebbero aspettato ancora, proprio come si aspetta Babbo Natale.
Racconto scritto il 14/12/2014 - 12:04
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Commenti
Anche io ho ricordato le zampogne nella poesia sul Natale che ho scritto già parecchi giorni fa...L'ho intitolata "Vivere con Dio"...A Napoli, dove ho vissuto per molti anni, a Natale, gli Zampognari erano di casa un po' ovunque ed io li ricordo sempre con tanta dolcezza. Nonché emozione, per la loro vicinanza reale alla povertà, e conseguente vita difficile, di Gesù!
AUGURI! Vera
AUGURI! Vera
Vera Lezzi 17/12/2014 - 14:51
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Il suo delle zampogne porta subito al clima sereno del Natale! Proprio un bel racconto, bravo Gilles, con un finale carico di attesa e speranza!
Chiara B. 17/12/2014 - 11:18
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UN bel racconto ,ci hai lasciato con un finale che possiamo crearlo noi,pensiamo che sia in qualche parte del mondo ad allietare altri bimbi con la sua zampogna,complimenti GILLES
genoveffa 2 frau 15/12/2014 - 00:25
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Un bel racconto,carico di spirito natalizio,con finale un po' triste e nostalgico.
Claretta Frau 14/12/2014 - 14:53
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E' un bel racconto, finale da interpretare, anche se mi viene il sospetto che sia alquanto triste, comunque ben scritto e scorrevole.
Bravo!
ciao Elisa
Bravo!
ciao Elisa
elisa longhi 14/12/2014 - 14:29
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