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Il veleno che mi cura

Sono appena rientrata nel mio appartamento. Ondeggio un po'come un surfista sulla sua tavola e arrivo a poggiare le chiavi su un mobiletto accanto al divano del salotto. Sono leggermente brilla,anzi ad essere onesta sono completamente ubriaca.
“Colpa sua” dice il mio cervello in preda all'alcool.
Libero i miei piedi da quel fastidioso tacco 12 e lascio quei trampoli in mezzo alla stanza. Vivo da sola e non devo dare conto a nessuno. Il cappotto fa la stessa fine. A terra,sotto i miei piedi come il mio cuore spiaccicato sotto il suo 44. Sono in preda ad una crisi isterica. Sono furiosa,delusa e malinconica allo stesso tempo. Voglio correre e star ferma, urlare e stare zitta, piangere e...piangere. Perchè ora come ora non c'è nulla che mi faccia ridere.
"Colpa sua" mi ripete questa volta il cuore che brucia come le anime all'Inferno.
Sono sempre stata consapevole che lui mi avrebbe fatto del male. Ci sono certezze che nella vita non crollano mai. Queste è una di quelle. Se poi ti vai a scegliere anche un uomo che giura di essere prossimo al divorzio, con una moglie che lo perseguita come fosse un fantasma, allora non puoi sperare che vada diversamente. Sono sempre stata troppo stupida e insignificante per interessargli davvero. Troppo chiacchierona,troppo fragile e sdolcinata. Troppo innamorata forse. Lui mi ha conquistata in un lampo e si sa che l'amore è cieco. Io non me ne sono resa conto. È strisciato verso il mio cuore in silenzio e come un serpente mi ha morso e mi ha iniettato il suo veleno. Sono stata la sua preda più facile e invece di fare come quelle bastarde egoiste che si lasciano cercare, desiderare io gli ho dato mente corpo e anima. Ora il mio cuore ne paga le conseguenze. Sono sola,lui mi ha abbandonata. Lo fa sempre. Si arrabbia per una minima cosa,mi urla contro,mi dice di avere pazienza, che presto otterrà il divorzio e lei lo lascerà in pace. Mi sgrida come fossi una bambina quando io gli chiedo se lei ha ceduto e mi pugnala. Ripetutamente. Sanguino e lui non ci bada. Perchè sa che non potrei mai ribellarmi. Sa che lo amo,che non potrei lasciarlo. Mi tiene stretta nel pugno della sua mano.
"Ti Odio!" urlo come se davvero potesse sentirmi e lancio contro un punto qualsiasi del salotto d'entrata un vaso vuoto che avevo in bella mostra su un tavolino.
L'oggetto colpisce il muro e io sorrido quasi come se avessi colpito lui, la sua faccia da schiaffi,come se avessi sciolto il duro orgoglio che zampilla dai suoi occhi verde smeraldo. Al contatto il vaso esplode come il dolore che mi è scoppiato dentro e schizzi di vetro si spargono nell'aria,poi a terra. Prima quel vaso era pieno dei suoi fiori. Lui ha sempre saputo come comprarmi. Poi non si è disturbato più a comprare nemmeno quelli. Guardo cosa ho appena combinato. Sono ubriaca e non mi importa; sono preda di lui e non reagisco. Lo odio e lo amo e non so scegliere ora quale dei due sentimenti adottare. Riesco a provare odio e amore simultaneamente. Mi chiedo infatti come possa amare una persona che odio con tutta me stessa,amare una persona che mi corrode l'anima. Dovrei lasciarla,mandarlo a quel paese e vomitargli addosso tutto lo schifo che mi fa vivere.
"Ti odio!" ripeto con maggior foga.
Il mio pugno deciso si accascia su quello stesso tavolino e il rimbombo che crea nella mia testa quasi attutisce lo stridulo del campanello. Chi diavolo è adesso? Sono sbronza,scalza e il pavimento del mio salotto è ricoperto di cocci. Barcollo come un equilibrista sulla corda e arrivo al citofono.
"Chi è?"
"Sono io."
Due parole,tre sillabe,un unico colpo al cuore. Non può essere mi ripeto. Forse l'alcool mi ha confuso anche l'udito. Non ho il tempo di pensare ancora che anche il campanello della porta mi fa sussultare.
"Apri!" dice lui tra l'autoritario e il pentito.
Quasi sono tentata di non rispondergli. Ma non sono in grado di ripagarlo con la stessa moneta. Apro e lui mi si getta addosso. Mi bacia voglioso,dolce,pentito come chi picchia il cane e poi lo accarezza. Ma il suo bacio dura una manciata di secondi...
"Hai bevuto?" mi chiede ora con tono tra risentito e minaccioso.
Quasi gongolo nell'avergli dato fastidio.
"Che c'è?!Non ti piaccio?!?"
"Non essere stupida. Dove sei stata?Quanto hai bevuto?"
"Mi stai interrogando per caso?Non sono libera di fare quello che voglio?"
"Cosa sono questi discorsi?"
Mi sembra quasi disgustato e questo mi ferisce ma credo di non poter più tardare lo schianto. Ormai l'aereo è in picchiata e sta per abbattersi proprio su di me. È un attimo e i suoi occhi si abbassano a guardare il pavimento. Nota i cocci di vetro,il cappotto a terra sulle scarpe. Mi sposta di lato e cammina. Arriva al centro della stanza e si volta. Forse solo allora si rende conto del volto arrossato,il rimmel colato. Ma oramai non importa più: sento già il cuore rallentare,pronto ai colpi della prossima sfuriata. Ne approfitterò per fermarlo definitivamente.
"Mi spieghi cos'è successo?"
"Sono stanca..."
"Stanca? Ti avevo detto che facevo tardi,ma come al solito tu devi esagerare,devi metterti a frignare per farmi sentire un mostro e farmi sentire in colpa...Ho avuto una riunione che è finita solo mezz'ora fa. Lei è venuta in ufficio e già mi ha fatto una scenata. Non ti ci mettere anche tu..."
Certo! io devo capirlo, io devo stargli accanto. Non importa se soffro, non importa cosa penso, cosa desidero. Siamo due treni che corrono su due linee parallele e ho paura che non ci incontreremo mai.
"Il nostro appuntamento era due ore fa. Come puoi mettermi sempre dopo il lavoro,dopo di lei,dopo tutto? Dici che tra voi due è finita e invece sai sempre come ritrovartela fra i piedi." gli dico quasi senza ascoltarlo perchè la mia voce si alza di un tono ad ogni passo.
Non vado oltre per non ferirmi con il vetro.
"Tu non hai bisogno di me. Tu non mi ami."
"Ancora con queste domande stupide??Se non ti amassi non starei con te."
Questa volta la frase da copione non mi basta. Abbasso il capo e non lo guardo. Lo sento sbuffare,spazientirsi.
"Vabbe' stasera non hai voglia di stare con me. Fammi uno squillo quando ti passa."
Mi oltrepassa fiero e impassibile come fosse di pietra. Il mio cuore è pronto a cedere ma questa volta l'ultima parola voglio che sia mia.
"Io lo squillo non te lo faccio..." sussurro più a me stessa che a lui "...né ti chiamo..."
"Dici sempre così."
"Non questa volta. Tu non mi meriti. Non meriti che io mi strugga per te,che pianga,che mi riduca a ubriacarmi, ad ammalarmi. Tu mi fai solo del male e io ti odio,ma ti odio così tanto che vorrei ucciderti,come tu uccidi me. È facile fare il presuntuoso e il fiero quando l'altra persona ti è sottomessa,quando sai che morirebbe piuttosto che allontanarsi da te. Ma sai che ti dico? Vattene pure,perchè io sono già morta dentro e tu sei stato il veleno che ha compiuto il misfatto. Si, un veleno mortale. Mi hai avvelenato la vita...non mi hai mai amata."
Lui mi guarda quasi incuriosito,non riconosce in me quella ragazza che fino a qualche giorno si sarebbe gettata ai suoi piedi pregandolo di non abbandonarla. Mi guarda allibito,come se mi vedesse per la prima volta. Poi qualcosa lo scuote, non credo sia la coscienza o il presumibile amore che prova per me,mi oltrepassa e non mi guarda. Sento le lacrime risalire agli occhi e le cancello prima che lui se ne accorga. Non parla e io spero che lo faccia,che per una volta ammetta di aver sbagliato o almeno esagerato. Invece non muove un muscolo:dalla sua velenosa e seducente bocca sembra non venir fuori nemmeno un sospiro. Non mi volto,combatto con tutta me stessa per non cedere. Lui apre la porta e se ne va via. Io non parlo,non fermo le lacrime ma il tonfo della porta di casa non copre la caduta del mio cuore colpito,affondato e ormai morto.

Quando non voglio pensare nella maggior parte dei casi mi tengo impegnata. Qualche volto arrivo a casa dei miei. Mi sento debole e invecchiata sebbene sia passato un mese soltanto. Ma dire "soltanto" è dire il totale di tutte le stelle nel cielo. Scendo dall'auto piano e afferro il borsone della palestra con tutta la calma di questo mondo come se il pensiero di lui mi indebolisse. Un colpo basso:ecco cos'era e cosa sarà d'ora in poi per me. Entro nell'antro del palazzo di casa dove poggio il borsone della palestra e mi abbasso per cercare le chiavi da qualche parte che non ricordo.
"Buonasera,signorina Di Mauro" mi dice il vecchio custode con il suo solito sorriso da gentile e affabile portiere.
"Buonasera,signor Antonio"dico di rimando con un sorriso di trionfo mentre prendo finalmente le chiavi.
"Le faccio i miei più sentiti auguri di compleanno."
"Compleanno?!?" chiedo frastornata.
"Be, il suo amico è salito..."inizia a dire ma si tappa subito la bocca come chi sta quasi per scoprire un segreto.
Mi alzo e prendo la borsa in spalla chiamando l'ascensore. Forse il custode si è confuso.
"Signor Antonio,mi scusi,che succede?" chiedo leggermente preoccupata.
L'uomo mi guarda come un bambino che è stato appena scoperto con le mani nel cesto delle caramelle.
"Oh, va bene signorina,"dice unendo le mani a mo’ di preghiera"il suo amico,quello che è venuto qui qualche settimana fa mi ha chiesto di aprirgli la porta di casa per organizzarvi un festa a sorpresa. Sono mortificato."
Erano troppe informazioni contemporaneamente. Sono troppo stanca per fare congetture ma sicuramente non era il mio compleanno e sicuramente dovevo rivedermi circa l'affabilità del custode.
"Non si preoccupi. Sarà una sorpresa comunque."
"Sicuro,signorina? Sono veramen..."
"Non ce n'è motivo,davvero. Trascorra una bella serata."
L'enfasi della mia frase è sottolineata dal tintinnio dell'ascensore che mi aveva aperto le sue porte. Salgo fino al terzo piano immaginandomi la faccia di questo amico. Le conoscenze dell'altro sesso si limitano a qualche collega di lavoro all'università ma nessuno è così innamorato o pervertito da fiondarsi in casa. Deve essere qualcuno che il signor Antonio ha già visto sennò col cavolo l'avrebbe fatto salire! A quella costatazione il mio cuore dà segni di ripresa ma scuoto la testa bucando quel palloncino della speranza che sta ascendendo in me. Apro la porta di casa con un calcio e mi fiondo dentro brandendo l'ombrello che avevo preso dal borsone per "proteggermi" da qualsiasi evenienza o almeno così credevo perchè,per quello che i miei occhi si trovavano di fronte, l'ombrello non sarebbe servito a nulla. Un pizzicotto forse, giusto per capire che non si tratta di un sogno. Lui è nel mio salotto con suo classico completo d'ufficio. Non è un sogno e nemmeno un flashback perchè il vaso non è sparso per terra come i brandelli del mio cuore. Lui è davvero dinanzi a me e io non riesco più a muovere nemmeno un nervo. Solo il mio cuore che fino ad allora sembrava essere scomparso dal mio petto ora si è messo a battere come un forsennato.
"Ciao" dice lui con una voce appena percettibile.
"Che ci fai qui?"riesco a dire io.
"Il custode mi ha fatto salire ma sono stato io a farmi aprire. È una brava persona."
"Lo so ma la mia domanda era un'altra"gli faccio notare io.
A quel punto la sua bocca ammutolisce ma i suoi occhi continuano a parlare. Ho troppa paura di leggerli,troppa paura di trovarci quello che voglio io. Devo essere bruttissima ai suoi occhi con la tuta e i capelli asciugati di fretta giusto per non prendere un accidente. La doccia preferisco farla a casa. Poggio il borsone su una sedia cercando di comportarmi nel modo più disinvolto possibile ma come al solito in sua presenza sono un'imbranata con tutte le lettere in maiuscolo. Nel prendere le chiavi prima non avevo chiuso la cerniera che aperta rovescia fuori cellulare e portafogli. Faccio per prenderli ma lui si è già chinato. Sembra impacciato,timido e mai,giuro mai, l'avevo visto comportarsi in quel modo con me. Le nostre mani si toccano un secondo.
"Grazie"dico frettolosamente per liberarmi da quel contatto che mi cuoce come una pentola bollente.
Poggio gli oggetti sul tavolo. Nel farlo gli do le spalle e solo ora lo sento parlare.
"Ho pensato molto a quello che mi dicesti quella sera. Inizialmente pensavo che scherzassi visto com'eri ridotta, ma poi ho visto che non mi hai mai più chiamato per davvero e le tue parole mi sono venute alla mente molto spesso".
Non mi giro ma ho paura che lui possa sentire il mio cuore pompare come un pazzo.
"Nessuno mi aveva mai detto di essere un veleno e la cosa inizialmente mi faceva arrabbiare. Solo in un secondo momento ho pensato a come ti avevo trattato,a come ti stavo trattando e davvero mi sono sentito una serpe velenosa."
Ho il respiro irregolare come se ascoltarlo parlare costi più a me che a lui. Da quando andava avanti la nostra "relazione"? Un anno e mezzo. In tutto quel tempo lui si era scusato si e no una decina di volte per un totale di dieci a cento per me. Non perchè mi sentissi davvero colpevole. Lo facevo senza rendermene conto, inconsapevolmente, senza pensare che quando lo facevo anche lui poteva soffrirne. Non lo sto giustificando ma sembra che nel mio cuore la bilancia tra amore e odio sta per perdere l'equilibrio.
"Devi metterti a frignare per farmi sentire un mostro..." mi sembra avesse detto. Forse davvero esagero senza rendermene conto. Ma mai avrei creduto di trovarmelo ancora una volta dinanzi così bello e virile, arrogante e dolce come solo lui sa essere. Cerco di voltarmi per dire qualcosa anch'io ma quando lo faccio e vedo che si trova a due centimetri da me perchè nel frattempo si è avvicinato le parole mi muoiono in gola.
"Io non voglio essere un veleno per te,non voglio rovinarti la vita. Sappi però che con mia moglie ho chiuso per sempre. Non mi darà più fastidio. Si è resa conto che non poteva più tenermi legato a lei e così mi ha concesso il divorzio. Forse sono stato un mostro anche con lei ma ora non mi interessa più. Di errori ne ho fatti tanti nella vita e spero che Dio mi perdoni. Ma io voglio solo te. Mi dispiace di averti fatto soffrire. Credimi, non volevo." dice prendendomi le mani e portandosele alla labbra per baciarle "non ci crederai ma io Ti Amo".
È stato forse il momento più strano di tutta la mia vita,forse perchè la felicità,per chi non l'ha prova da un pezzo, quando ritorna,risulta sempre un po' sconosciuta. Eppure è proprio quello che sento : felicità. L'amore che provo per lui esplode nel mio cuore con la forza di una granata e il risentimento,l'amarezza,l’odio che avevo provato verso di lui sparisce. Forse è proprio vero che odio e amore sono le facce di una stessa medaglia: due sentimenti così forti,così diversi ma non per questo lontani dove l'uno può sfociare in quell'altro e viceversa. L'importante è saper sempre cosa si vuole nella vita. Ho ancora lo sguardo basso e le mie mani sono ancora nelle sue. Io le abbasso fino al grembo ma lui forse per paura che voglia allontanarlo mi tiene per i fianchi.
"Dimmi qualcosa prima di mandarmi a fare in culo per sempre" dice con una punta di orgoglio nella voce.
E io sorrido, lo faccio perchè ho di fronte l'uomo più sexy e amabile dell'universo. L'uomo della mia vita.
"Sai.." comincio io mentre faccio giocare le mie unghie con i bottoni della sua camicia "ricordo delle lezioni di tossicologia all'università durante le quali il professore ci spiegava che alcuni veleni possono diventare delle cure per altri veleni. Funzionano sicuramente anche se non ho mai provato letteralmente."
Lui emette un ghigno.
"Se questo doveva essere un complimento credo dovresti essere più chiara".
Rido e finalmente ho la forza di puntare gli occhi dritti al sole, perdendomi nella profondità dei suoi smeraldi.
"Tu mi hai fatto arrabbiare. Mi hai trattato come un giocattolo da utilizzare quando si ha voglia,da prendere e da buttare a proprio piacimento. Ma in fondo la nostra relazione non è nata come un qualcosa di serio. Sapevo chi eri e conoscevo il tuo stato prima di gettarmi tra le tue braccia. Poi mi hai stregata e sono diventata peggio di tua moglie."
"Ex moglie." puntualizza lui sorridendomi.
"Ok, ex moglie. Fatto sta che non ho mai saputo cosa volessi davvero da me e così sono diventata isterica e piagnucolona senza pensare che anche tu potevi soffrirne,ma non mi hai dato mai motivo di sperare il contrario."
"Mai un motivo? Amore, ho fatto i salti mortali per stare con te. Tu quella pazza non la conosci." mi dice lui avvicinando ancora di più le sue labbra alle mie.
"Ma ora non è più un problema giusto? Ora siamo liberi di amarci?"
Mi sorride. "Sì che lo siamo."
Sorrido felice mentre il mio cuore torna a battere come quando c'era lui.
"Non so come ho fatto a respirare questi giorni senza di te." dice lui prima di baciarmi con ardore.
I nostri corpi aderiscono perfettamente e lui mi prende subito per farmi sedere sul tavolo dove un istante prima avevo poggiato cellulare e portafogli. I suoi baci mi infiammano completamente mentre le mie mani lottano contro i bottoni della camicia.
"Dimmelo" dice lui a fior di labbra mentre mi stringe come per timore che possa scappare.
"Ti amo"riesco a dire prima che le mie labbra diventino prede della sua bocca.
Ci baciamo con trasporto mentre i nostri cuori battono l'uno contro l'altro.
"Aspetta un momento" dice lui mettendosi le mani nei fianchi "resto comunque un veleno per te?" chiede tra il divertito e il finto imbronciato.
Io sorrido e lo stringo a me cingendogli la vita con le mie gambe.
"Si"confermo sfilandogli la camicia"sei il veleno che mi cura".



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Racconto scritto il 01/02/2015 - 11:55
Da Anna Di Maio
Letta n.1300 volte.
Voto:
su 5 votanti


Commenti


Molto bello e ben scritto, sembra quasi reale! Ciao,

Chiara B. 16/02/2015 - 18:20

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Bel racconto,molto ben descritto,un buon veleno come ricostituente d'amore,il trionfo dell'amore,brava

genoveffa 2 frau 02/02/2015 - 15:13

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