Era una fredda giornata d'inverno, la neve scendeva a fiocchi e la notte ormai passata aveva imbiancato tutte le case della città. Joanna stava tornando a casa per lei in quella neve non c'era niente di particolare, anzi si domandava cosa vedeva di tanto speciale la gente in quell'acqua cristallizata. Dopotutto la neve non portava altro che freddo e per lei che lavorava di notte, fuori casa non era esattamente il massimo. Il suo lavoro era semplice, ma non di certo uno dei più graditi al mondo; era una prostituta. Non sapeva esattamente quali circostanze l'avessero spinta a fare quel lavoro ma ormai lo faceva da un po' e ha detta sua perché cambiare? Ormai si era abituata a quella squallida vita e per quanto fosse degradante farlo, era quello ciò che lei sapeva fare. Fu nella tenera età dei 18 anni che iniziò, e se la memoria non m'inganna era anche quella una fredda giornata d'inverno, lì in mezzo al nulla vidi lei: una donna bellissima, capelli lunghi di un nero corvino, occhi azzurri come il mare in cui nel fissarli troppo a lungo ti saresti perso di sicuro, fisico statuario da modella, carnaggione pallida e deliziose fossette incavate nel suo viso che pareva fossero state scolpite dal più geniale scultore che esistesse al mondo. Lì in quello stadio ammirativo non potei fare a meno di chiedermi come una ragazza così magnificamente stupenda potesse fare quell'orrendo lavoro, come ella potesse svendere così la sua bellezza a vari uomini ormai stanchi della propria vita. Mi avvicinai allora per scoprire chi fosse mai quell'essere dalle angeliche sembianze, ma ella continuava imperterrita e con fare brusco a dirmi che se avessi voluto scoprire qualcosa di lei avrei dovuto comprare una notte del suo amore. Da quella notte presi a osservarla da lontano, mi incuriosiva molto quella ragazza ma non possedevo il denaro necessario ha scoprire la sua vita, inziai ad osservare la sua vita di giorno, la sua quotidianità, ma ciò che vidi non fu altro che una ragazzina dai modi scortesi che se la prendeva con il mondo, mai vidi sul suo viso l'ombra di un sorriso e mai una carineria nei confronti di un bambino. Sembrava non conoscere l'amore, ne' la compassione poichè poco tempo dopo la vidi passare accanto ha un uomo malato che stava chiedendo aiuto poichè la sua malattia si stava facendo sentire in una forma a dir poco orribile. "Chiamate un ambulanza, chiamate un ambulanza, la prego signorina mi aiuti!" Continuava a dire il povero disgraziato, ma tutto ciò che la sentì pronunciare fu: "non è un problema mio." Ed imperterrita continuò a camminare per la sua strada. Non riuscivo a capire cosa la spingesse ad essere così noncurante della vita altrui e il forte desiderio di capirlo mi spinse a cercare un lavoro che mi permettesse di comprare "una notte d'amore." Io ero un'artista ma al giorno d'oggi saprete bene che l'arte non è considerata il grande universo di emozioni che può curare un'anima ferita, per la generazione attuale (anche se mi duole dirlo) è il rap ad essere ciò che un tempo era arte, e per questo motivo un povero artista di strada deve trovare un altro modo per campare. Beh ora vi svelerò una cosa che non avrei voluto dire poichè quando la dico la gente mi guarda in un modo compassionevole, ma vi prego non fatelo anche voi non regalatemi altra compassione. Bene bando alle ciance, ciò che non vi ho detto e che sono un malato di cancro e attualmente le metastasi hanno coperto così tanto il mio fegato che non so ancora per quanto vivrò, questo è solamente per farvi capire la mia urgenza nello scoprire chi fosse quella ragazza. Vivevo ancora con i miei genitori e grazie ai loro sacrifici potevo avere le cure che mi stavano tenendo ancora in vita. Capirete bene che nelle mie condizioni non avevo molta scelta nei lavori che potevo fare é così mi ritrovai da un giorno all'altro a distribuire volantini, forse l'unico lavoro che le mie forze permettevano di fare. Dopo quattro giorni raggiunsi la bramata cifra che lei chiedeva e così un po' titubante ma non troppo mi presentai da lei con i soldi in mano, bene in vista perché lei capisse che potevo pagare. "Bene, finalmente hai capito come si rende felice una donna" disse cinica lei. "Sai, non mi arrendo facilmente" risposi. "Si, si va bene l'importante è che mi dai i soldi, poi il resto sono solo frottole" tagliò corto lei. Mi fece segno di seguirla, dietro le sue spalle c'era una porta malconcia, la aprì e iniziò a salire una rampa di scale che a me sembrarono infinite, infatti quando arrivai in cima mi ritrovai stremato e senza fiato. A questo punto lei mi guardò in faccia e si mise a ridere: "se non riesci a salire una rampa di scale come pretendi di passare una notte con me?", "ciò che io voglio da te non è il tuo corpo, voglio qualcosa ben più importante di quello, voglio conoscerti." "Beh mi hai vista no? Cos'altro c'è da vedere? Niente, non in me." " io non credo credo piuttosto che in te risieda molto più mistero che in chiunque altro" " beh io non penso proprio, e poi io non ho niente da dirti se parlare è quello che vuoi.puoi benissimo riprenderti i tuoi soldi e andare via." "Tranquilla se non vuoi parlare non c'è problema, parlerò io, in giro si dice io sia un grande narratore sai, fammi solo un po' di compagnia." "Vabbe come vuoi tanto i soldi me li hai dati." Passai tutta la sera a parlare con lei,gli raccontai un po' della mia vita (ma non le dissi del mio cancro, quello non venne mai fuori.), dei miei interessi e di tutto ciò che mi veniva in mente, ma lei si limitava a fare qualche smorfia insofferente senza proferir mai parola. Da quella sera iniziò ad essere un appuntamento abituale con lei, mi stavo anche affezionando, ed ora di tanto in tanto vedevo spuntare un suo sorriso alla mia vista, cioè intendo un sorriso vero di quelli che ti scaldano il cuore. Era ormai tre mesi che io continuavo le nostre visite, quando così all'improvviso la vidi poggiare le sue mani sul mio viso e dolcemente mi avvolse in un caldo bacio. Quella sera passammo molte ore a fissarci, occhi negli occhi, e come vi dissi all'inizio quelli erano occhi in cui ti ci perdevi, era un mare così profondo che rischiavi di rimanerci affogato. Una delle tante sere (ora non ricordo quale di preciso) prese a parlare lei, mi raccontò della sua fanciullezza, anche se così la sua non si potrebbe chiamare, poichè la sua infanzia non ebbe ingenuità ad accompagnarla, in mezzo alle lacrime mi raccontò di quest'uomo bruto che era un parente di suo padre, l'essere soleva visitare la sua casa tutti i giorni e approfittando che la madre era alcolizzata e non capiva niente e il padre era a lavoro, levava giorno dopo giorno umanità alla bambina, costringendola ad odiare il mondo ed ogni essere al suo interno. Fu così che appena si appropriò della maggiore età fuggì da una casa che non sentiva sua e da un posto che oscurava la sua mente. Giunse qui in questa grande città che è londra e sola senza più nessuno, fece ciò che l'uomo le fece di credere fosse l'unica cosa che sapeva fare. Piangemmo tutta la notte accoccolati svuotammo il cuore da ogni turbamento, e finalmente vedevo il fragile essere che lei era e finalmente capivo la maschera che aveva indossato fino ad ora e capivo perchè il suo cuore così tanta meschinità aveva. Credo fosse passato un anno ormai dai nostri incontri quando il mio male si imbrutì, così una lettera le scrissi per farle saper che un male io avevo in corpo, e quando avrei lasciato questo sporco mondo sarei rimasto comunque con lei poichè la mia anima ormai impressa nella mia arte tutta a lei avrei lasciato. Pochi giorni dopo la mia anima prese il volo e il mio corpo rimase inanime in un letto d'ospedale. Le venne consegnata la mia lettera dopo una settimana dalla mia morte, si scoprì allora che lei aveva smesso di vedere altri uomini ormai da sei mesi, e con i quadri che io le avevo lasciato costrui una galleria d'arte in mio onore che divenne molto famosa in tutta londra in poco tempo. Ora lei è una donna felicemente sposata,con due bellissime bambine ed io di questo mi rallegro perchè seguì ciò che io le dissi sotto forma di scrittura in quella lettera, ancora oggi mi viene a trovare e mi porta i fiori e lì parliamo ancora un sacco, ci ritroviamo sempre hai nostri appuntamenti non si è persa questa abitudine, poichè come dissimo un po' di tempo prima sempre e per sempre saremo legati da un filo che stringerà i nostri cuori tenendoci per sempre insieme.
Racconto scritto il 03/02/2015 - 19:02
Da eva kant
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