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All'Ombra della sera

Giornata particolare quella del giuramento a Falconara, un sabato di fine maggio nell’ottantanove, cominciata prestissimo con tutte le fasi della preparazione e durata a lungo, anche dopo, prima della consegna del Garand in armeria, del cinturone e della baionetta.
Era venuto mio padre, al giuramento, si era fatto qualche centinaio di chilometri, sarebbe ripartito presto, la domenica mattina. Per la notte gli avevo prenotato l’albergo vicino alla caserma.


Quel sabato andammo a pranzo a Senigallia, una bella girata sulla FIAT 131, per allontanarci un po’ da dove mangiavo sempre.
Durante il CAR, a Falconara, mi ero solo preoccupato di mangiare il più sano possibile, di fare molto uso di verdura.
Avevo trovato la quadratura del cerchio con i Roscani all’anconetana, una verdura che ricordava gli spaghetti, che erano la specialità del posto, mangiati al ristorante dove andavamo con i commilitoni e dove era anche possibile telefonare e ricevere le telefonate.
Il locale aveva la caratteristica di essere sudicio, ma non poco! Basti pensare che lo chiamassimo, affettuosamente, “Il trogolo”. Le sedie dei tavoli erano così attaccate al pavimento che dovevamo fare un movimento ondulatorio prima per staccarle dal suolo e inserirsi tra loro e il tavolo.
Stavolta invece un bel pranzo sul mare vero e di mare, scordando i Roscani, poi un giro su un lungomare veramente degno di tale nome; a Falconara c’era una bella raffineria che ingentiliva il paesaggio.
Mi tolsi per qualche ora dall’immersione nella vita di caserma, una piacevole sensazione di libertà.


Tornati all’albergo, in attesa della cena, mi misi alla TV a vedere la finale di basket della “Libertas”; perché se è vero che ero tifoso della “Pielle”, era pur sempre una squadra di Livorno che si giocava il titolo nazionale.
Partita punto a punto, Il piccolo allungo di Milano, poi il finale, con la rimonta e, dopo il canestro all’ultimo secondo all’ombra della sera, la confusione e il titolo assegnato.
“Livorno campione d’Italia”.
Novantanove centesimi, tanti ne mancavano alla fine della partita, quando il tabellone segnava zero secondi. Il canestro era buono e l’esultanza legittima.
La conferma data durante il telegiornale della sera: l’ufficialità fatta persona.
Lo diceva il TG1.
Salutai mio padre, ci saremo rivisti la settimana dopo con la prima licenza, e tornai in caserma da livornese campione d’Italia, e tale rimasi per tutta la notte.
Chissà come godevano i Libertassini, a Livorno, pensavo, chissà che sfottò verso noi Piellini e che caroselli di auto!


La domenica mattina uscii più tardi del solito, tanto avevo da passarmela da solo. Quasi quasi compro il giornale - pensai - per vedere cosa dicono di “Livorno campione d’Italia.”


Brutta sorpresa vedere che non era vero e che quell’immagine del finale del collegamento, con l’uno sopra il triangolo tricolore, si era trasformata nel ventesimo e rotti degli scudetti di Milano.
Il canestro non fu dato buono. Milan l’è un gran Milan.


L’anno dopo cambiò il tabellone segnatempo e misero anche i centesimi. Fu fatto per affermare che ne mancavano ancora novantanove alla fine, ma era troppo tardi. Quello che poteva essere l’inizio di una nuova esplosione del basket, fu un atto finale.
Finì sul quel terzo tempo la stagione delle illusioni.
Seguirono i ridimensionamenti delle due squadre negli anni successivi, poi la fusione e un Palasport in ritardo come quel tabellone segna centesimi.


Quando fu pronto, non c’erano più le squadre.




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Racconto scritto il 28/04/2015 - 15:08
Da Glauco Ballantini
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