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Johnny il vagabondo

Il vento del Nord sibilando si disperdeva tra i vicoli polverosi del villaggio di Red Peak. Gli ultimi viandanti in cerca di un rifugio sicuro per la notte, avvolti nei lunghi mantelli, gironzolavano accecati dal terriccio sollevato. L'aspetto spettrale del luogo incuteva riverenza e i versi striduli degli avvoltoi in lontananza facevano avvertire l'esigenza di una preghiera durante il cammino.
In quel remoto sperduto angolo della Terra, circondato da aspre montagne che si tingono di rosso al tramonto, alcuni laboriosi pionieri, parecchi decenni prima vi avevano fissato la loro dimora, alla fine di un'avventurosa serie di peripezie che aveva condotto intere famiglie, a bordo di carovane, verso i territori dell'Ovest. L'alternarsi delle stagioni, incanutiva una generazione dopo l'altra senza avvenimenti di rilievo. Le uniche novità che movimentavano la vita semplice della piccola comunità, erano gli assalti alle corriere e i conseguenti arresti dei furfanti da parte dello sceriffo in carica, qualche festività o celebrazione religiosa, le scommesse nei saloon davanti a traboccanti boccali di birra riguardanti le gare di tosatura. L'inverno poi, seppelliva il villaggio sotto una coltre di neve e il vento gelido che spirava da nord-est , rinchiudeva attorno ai focolari domestici, minatori, contadini, massaie e pellegrini. Le serate trascorrevano davanti a fumanti zuppe di fagioli o arrosti della cacciagione accuratamente salata e conservata dalle donne nelle dispense. I ricordi dei vecchi animavano insieme al gioco delle carte quelle fredde e statiche giornate, mentre la bufera fuori si accaniva senza tregua, spazzando via anche le palizzate e i recinti ben puntellati.
Solo l'arrivo della primavera risvegliava per incanto la terra addormentata. I primi germogli spuntavano come forieri di nuove speranze e le fanciulle sospiravano alle finestre, guardando l'orizzonte striato che si confondeva con la vastità del deserto, parecchie miglia a sud.
Il cavallo si fermò zoppicante davanti all'unica osteria aperta a quell'ora. Il servitore incuriosito dal rumore sconosciuto di zoccoli non familiari, si affacciò impugnando nella tasca del grembiule la pistola, temendo l'insorgere improvviso di una rissa o l'intrusione di qualche pericoloso contrabbandiere travestito da gentiluomo.
Ma lo sconosciuto, dall'aria pacifica e innocua, sonnecchiava sulla sella con un cappello da cow boy sgualcito che gli copriva la faccia.


Il servitore lo scosse un poco, tirandolo per la cinta, e lo invitò ad accomodarsi in una delle camere retrostanti il locale per concedersi un sonno ristoratore in santa pace, lontano dal ronzio delle mosche e dalla curiosità dei passanti.
Il forestiero accettò l'ospitalità, e in cambio di vitto e alloggio, promise che si sarebbe occupato di sellare e domare i cavalli del padrone dell'osteria, proprietario di uno dei più grandi ranch della zona.
Fu necessario qualche mese per convincere gli uomini del villaggio, avvezzi a stare sulla difensiva, che il nuovo arrivato non rappresentava per loro nessuna minaccia. Di giorno lo si vedeva scorrazzare per le praterie, con il laccio in mano all'inseguimento di un cavallo imbizzarrito e selvaggio e all'imbrunire, quando le mandrie venivano ricondotte nei loro ricoveri, il passo sempre più lento del suo cavallo ad un certo punto si arrestava del tutto. Il cow boy solitario dai lunghi capelli biondo rame e dalla pelle bruciata dal sole, in un atto quasi di adorazione, rimaneva in silenzio ad ascoltare gli ultimi respiri della terra, il rumore del ruscello che sotto i piedi farfugliava una misteriosa ninna nanna. I suoni della natura che sfumavano come le sagome degli alberi, lasciavano il posto alle tristi note della sua malridotta


chitarra. Suoni improvvisati o nenie dell'infanzia che evocavano forse una vita vissuta chissà dove.. E con la chitarra sulla spalla, con passo trascinato ed una buona dose di brandy nelle vene, si dirigeva stremato alla locanda.
La bella stagione con l'allungarsi delle ore del giorno consentiva di notare le cose.
Le stesse cose di sempre abbagliate da una luce nuova, si rivelavano agli occhi di chi voleva vederle. Il cow boy dall'aria trasognata e pensosa non passò più inosservato. Quell'uomo divenne parte integrante del paesaggio con il suo procedere lento e i suoi modi garbati, ma distaccati. Fu soprannominato Johnny, il Bello e Dannato ma nessuno seppe mai quale fosse il suo vero nome. Il ragazzo era restio a qualsiasi forma di contatto umano, non prendeva parte a feste popolari né aveva mai ascoltato un sermone, la domenica. Salutava con gli occhi bassi, timidamente, con l'anima mortificata per una segreta colpa da scontare ma di cui non era colpevole. Se ne stava ore a contemplare il cielo stellato con il suo zufolo scolpito a mano che gli era stato donato da un capotribù indiano.
La figlia dell'oste, Mary Jane non aveva ancora compiuto sedici anni ma sapeva tener testa a orde di


ubriaconi, rozzi e sudici, che puzzavano di alcool e presunzione e che per abitudine alla fine della giornata erano soliti sostare alla locanda del padre. Le lunghe trecce nero corvino sotto un cappello di pelle vera, lo sguardo tagliente, le risposte argute ma soprattutto il corpo di una donna in miniatura eccitavano quel branco di detestabili individui. I loro commenti a dir poco rivoltanti avrebbero potuto imbarazzare qualsiasi gentildonna, ma Mary Jane scaraventava sui tavoli bicchieri e posate con lo sguardo distratto ignorando del tutto le loro gratuite volgarità. La ragazza notò subito che il forestiero era fatto di un'altra pasta sebbene come tutti non aveva avuto modo di avviare con lui una benché minima forma di conversazione. Iniziò ad osservarlo di nascosto, mentre riempiva le sue caraffe d'acqua al pozzo o dietro gli alberi in attesa che lui nudo rivelasse la sua bellezza quando si immergeva nelle acque fredde del torrente. Una sera di luglio, la calura del giorno faceva ancora bruciare la pelle. La ragazza vedendolo nuotare, lasciò cadere i vestiti sull'erba e si immerse rabbrividendo un poco, e non solo per l'acqua. Il cow boy dapprima intimorito, si lasciò avvicinare con lo stesso timoroso atteggiamento dei suoi cavalli indomabili. La ragazza lo osservò da


vicino notando per la prima volta i suoi occhi tristi e profondi come una miniera di carbone. E dal momento che il ragazzo non sembrava infastidito da quell'improvvisa irruzione, gli si arrampicò circondandogli la vita con le gambe e si fece trasportare a riva in quella posizione. Era evidente che per Mary Jane doveva essere la prima volta, la prima forma di contatto fisico con un esponente dell'altro sesso, data anche la giovanissima età.
Un po' impacciati, un po' goffi, consumarono un frettoloso amplesso appoggiati ad un albero. Si rivestirono senza bisogno di spiegare o giustificare l'accaduto mentre il canto del pettirosso distoglieva l'attenzione imbarazzata del cow boy dal corpo infreddolito e armonioso della ragazza.
Mary Jane mantenne il suo segreto per mesi, e non lo rivelò mai ad anima viva. Durante gli incontri notturni riuscì a cavare dalla bocca di quell'uomo poche notizie sul suo passato sebbene ad ogni occasione si riprometteva con la sua fresca spontaneità di abbassare le barriere di quell'uomo ermetico e insondabile. I loro incontri di natura intima senza dialogo e le lunghe cavalcate silenziose finirono presto con l'esasperare la giovane figlia dell'oste.


Mary Jane si rese conto che neanche il suo amore avrebbe potuto salvare quell'uomo intento per ore a fissare il fuoco, senza parlare, con la sua tazza di latta in mano. La giovane aveva cercato di comprendere quali profonde ferite nascondesse la sua anima, ma si era arresa di fronte alla fermezza con cui quell'uomo aveva deciso di rimanere intrappolato nella prigione dei suoi ricordi dolorosi. Nessuno aveva potuto immaginare durante quei mesi, nonostante varie supposizioni, di quale tragedia il taciturno cow boy si sentiva responsabile.
Pochi anni prima, in una regione più a est, la vicenda dell'incendio che aveva raso al suolo la piccola fattoria insieme ad un'intera famiglia mentre dormiva, aveva fatto presto il giro dell'intera contrada.
Terzo di tre figli, quella sera il cow boy aveva deciso di fare lui la guardia, per dimostrare al fratello maggiore di essere in grado di tenere a distanza i lupi, ma dopo aver acceso il fuoco, la stanchezza aveva preso il sopravvento ed il giovane si era addormentato senza avvertire più il minimo fruscio. L'incendio che si sprigiono' dapprima nel fienile, nel giro di pochi minuti divampò in tutte le stalle. Quando l'odore acre di fumo svegliò di soprassalto il giovane che fu costretto ad allontanarsi dal rogo senza poter


intervenire in alcun modo, la casa era stata già ridotta in polvere.
Aveva gridato invano quel dolore al vento e alle montagne durante gli anni di solitario vagabondaggio che erano seguiti a quel tragico evento. Il tempo non aveva guarito le sue ferite anzi lo aveva catapultato in uno stato di confusione e alienazione. Aveva imparato l'arte della sopravvivenza, a distinguere tutti i rumori del bosco, a cacciare prede con un solo colpo di fucile per risparmiare pallottole. A volte si fermava a dormire in qualche villaggio, chiedeva con umiltà del cibo avanzato e riprendeva il suo cammino senza meta. Dopo un inverno rigido trascorso in una grotta naturale, quando giunse nel villaggio Navajo era smunto e febbricitante, con i piedi che sanguinavano. Alcune donne lo avevano trovato in fin di vita, con i vestiti lacerati e le mani azzannate da una bestia selvatica. Mosse a compassione lo avevano condotto nella capanna degli sciamani. Grazie alle misture di erbe magiche, dopo qualche giorno, il cow boy aveva ripreso conoscenza e riacquistato le forze. Rimase nella tribù qualche anno, il tempo sufficiente per imparare le usanze e le tradizioni di quelle misteriose popolazioni di indigeni dalle facce dipinte. Imparo' a costruire archi e frecce e copricapi in


piume, a venerare gli Esseri sacri, giunti dal cielo, a offrire doni in segno di riconoscenza alla Madre Terra e al Padre Sole. Passava le giornate a cavallo con il capotribù che gli mostrava i doni della vita, gli insegnava a distinguere le erbe cattive da quelle buone, ad avvistare le aquile da grandi distanze, a prevedere le tempeste. A volte rimaneva incantato ad osservare il lavoro delle donne dedite alla tessitura dei tappeti, alla pittura con la sabbia e alle decorazioni con la pietra turchese. Ma il dolore non si acquietava, i ricordi affioravano negli incubi notturni che lo facevano sobbalzare al minimo rumore. In nessun luogo, riusciva a placare il suo tormento.
Continuava a dannarsi l'anima, ad invocare in segreto la morte per ricongiungersi ai suoi familiari che erano stati strappati alla vita a causa della sua debolezza fisica. Così, all'insaputa del grande capo, abbandonata la tribù, aveva ripreso il cammino e si era indirizzato verso gli altipiani del Nord.
Read Peak, era stato battezzato così dai pionieri, non solo per le cime rosse ma anche perché la montagna costituiva la principale risorsa economica per gli abitanti grazie a importanti giacimenti di minerali ferrosi.
La gente del luogo si era ormai abituata e


affezionata al cow boy dagli occhi tristi e avendo percepito che il giovane aveva in animo di lasciare la locanda, molti avevano fatto a gara per offrirgli un lavoro più redditizio con la speranza di vederlo ancora in giro a strimpellare le sue malinconiche note.
Avrebbe potuto unirsi ai minatori o svolgere mansioni da garzone nel grande country store, ma il cow boy gentilmente rifiutò qualsiasi proposta, fermamente deciso a continuare il suo viaggio senza meta ma con una precisa finalità: quella di ricongiungersi con se stesso e con Dio.
Riempita la sua bisaccia, assestò con gesti abituali sulla sella un piccolo fagotto. La folla che si era radunata per salutarlo, gli regalò un piccolo crocifisso ed un fucile nuovo e gli augurò buona fortuna. Mary Jane era rimasta sotto il porticato, in disparte. Sentiva il cuore infrangersi nel petto. Il cow boy la guardo' un istante e sempre tacendo, i suoi occhi sembrarono implorare il suo perdono. Non poteva restare. La sua anima anelava alla pace che però non avrebbe trovato in nessun luogo. Un'ansia che gli proveniva dalle viscere lo costringeva a spostarsi continuamente. Non era la realtà esterna che doveva essere modificata. Il suo mondo interiore


andava ricostituito interamente, ma non lo comprese mai. Passarono i mesi, gli anni, e del cow boy solitario nessuno mai ricevette più notizia. La montagna rossa dalla quale pochi fanno ritorno, lo aveva ingoiato o forse Dio aveva ascoltato la sua preghiera e lo aveva accolto con una folta schiera di angeli.
Sono passati ormai molti anni ma ancora a Red Peak, nelle fredde notti invernali, il vento si confonde con ululati provenienti dalla montagna.
Qualcuno asserisce che si tratta di un lupo solitario che si è distaccato dal branco. Qualcun altro crede e diffonde la leggenda di un povero vecchio cow boy che a furia di vivere isolato, ha perso i lumi della ragione e se ne sta chiuso in una grotta urlando al vento la sua disperata incapacità di riappropriarsi della vita.




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Racconto scritto il 04/05/2015 - 19:07
Da stella cometa
Letta n.1550 volte.
Voto:
su 3 votanti


Commenti


Grazie Rocco Miichele, ....di vero cuore

stella cometa 05/05/2015 - 15:31

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Un racconto di pregevole corredo... Una sequela che entusiasma... IL MIO ELOGIO E LA MIA SERENA GIORNATA

Rocco Michele LETTINI 05/05/2015 - 09:14

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