In rue De bois noirs pioveva. Pioveva a dirotto. Una pioggia di fine estate che avvertiva dell’arrivo dell’autunno
Nella strada deserta costeggiata da alberi, correva intanto un ragazzo solo, con una mano all’interno del giubbotto che indossava come per proteggere qualcosa.
Vide la casa in lontananza e corse ancora più forte per evitare di bagnarsi più di quanto già non lo fosse.
Suonò.
Aprì una ragazza. Vide il ragazzo zuppo.
-Entri.
Il ragazzo entrò e s’accomodò dentro. Si tolse il giubbotto facendo attenzione nell’estrarre una busta dalla tasca interna del giubbotto.
Il giubbotto lo poggiò in un appendiabiti lì vicino, la busta la tenne accanto a sé.
Si sedette su un divano del salotto accanto l’ingresso il ragazzo, lo raggiunse la ragazza sedendosi nel divano accanto a quello ove si era seduto il ragazzo. Stavano l’uno accanto all’altro, non di fronte. Attorno a loro una casa spartana ma che suscitava senso di pace. Di fronte a loro una grande finestra a vetri da cui si vedeva la pioggia picchiare contro il vetro.
I due non sentirono il bisogno di frasi di circostanza.
-Lei ha qualcosa per me, presumo- esordì la ragazza.
Il ragazzo aprì la piccola busta e ne estrasse un foglio con diverse note stampate su di esso: era uno spartito.
La ragazza prese in mano lo spartito in mano e lo esaminò.
Dopo qualche secondo di lettura delle note lo restituì.
-Così lei vuole che io gli insegni a suonare questa musica. disse la ragazza
-Esattamente.
-Non è facile. Vi sono molti movimenti che solo una mano esperta sa compiere.
-Non è importante. Voi insegnatemelo.
-Cosa ha tanto di importante per lei questo spartito?
-È forse uno dei pochi mezzi per ricongiungermi a Lei che mi sono rimasti. Insegnatemelo, ed io potrò raggiungerLa ogni volto che lo vorrò.
-Questa Lei non sono io, vero?
-Voi insegnatemelo, ed io ve lo dirò.
-Ci vorranno anni per suonarlo tutto bene.
-Ho impiegato anni per trovarvi. Sono bravo ad attendere, sono paziente.
-E dopo?
-E dopo sarà venuto il giorno in cui sarò capace di suonarla da solo, sicuro. E guardarLa negli occhi mentre quelle note entreranno nelle nostre orecchie. E poi baciarLa e prenderLa e fare l’amore.
-Lei pensa di essere così folle?
-Voglio scoprirlo.
-Si rimbocchi le maniche, Stephan. Ci sarà da sudare.
Iniziò tutto così.
Nella strada deserta costeggiata da alberi, correva intanto un ragazzo solo, con una mano all’interno del giubbotto che indossava come per proteggere qualcosa.
Vide la casa in lontananza e corse ancora più forte per evitare di bagnarsi più di quanto già non lo fosse.
Suonò.
Aprì una ragazza. Vide il ragazzo zuppo.
-Entri.
Il ragazzo entrò e s’accomodò dentro. Si tolse il giubbotto facendo attenzione nell’estrarre una busta dalla tasca interna del giubbotto.
Il giubbotto lo poggiò in un appendiabiti lì vicino, la busta la tenne accanto a sé.
Si sedette su un divano del salotto accanto l’ingresso il ragazzo, lo raggiunse la ragazza sedendosi nel divano accanto a quello ove si era seduto il ragazzo. Stavano l’uno accanto all’altro, non di fronte. Attorno a loro una casa spartana ma che suscitava senso di pace. Di fronte a loro una grande finestra a vetri da cui si vedeva la pioggia picchiare contro il vetro.
I due non sentirono il bisogno di frasi di circostanza.
-Lei ha qualcosa per me, presumo- esordì la ragazza.
Il ragazzo aprì la piccola busta e ne estrasse un foglio con diverse note stampate su di esso: era uno spartito.
La ragazza prese in mano lo spartito in mano e lo esaminò.
Dopo qualche secondo di lettura delle note lo restituì.
-Così lei vuole che io gli insegni a suonare questa musica. disse la ragazza
-Esattamente.
-Non è facile. Vi sono molti movimenti che solo una mano esperta sa compiere.
-Non è importante. Voi insegnatemelo.
-Cosa ha tanto di importante per lei questo spartito?
-È forse uno dei pochi mezzi per ricongiungermi a Lei che mi sono rimasti. Insegnatemelo, ed io potrò raggiungerLa ogni volto che lo vorrò.
-Questa Lei non sono io, vero?
-Voi insegnatemelo, ed io ve lo dirò.
-Ci vorranno anni per suonarlo tutto bene.
-Ho impiegato anni per trovarvi. Sono bravo ad attendere, sono paziente.
-E dopo?
-E dopo sarà venuto il giorno in cui sarò capace di suonarla da solo, sicuro. E guardarLa negli occhi mentre quelle note entreranno nelle nostre orecchie. E poi baciarLa e prenderLa e fare l’amore.
-Lei pensa di essere così folle?
-Voglio scoprirlo.
-Si rimbocchi le maniche, Stephan. Ci sarà da sudare.
Iniziò tutto così.
Racconto scritto il 02/06/2015 - 10:31
Da Andrea Motta
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