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IL RUMORE DELLE ONDE - PRIMA PARTE

IL RUMORE DELLE ONDE


Era tardi, l'aria satura di voci, toglieva fiato ai suoi confusi pensieri. Perché era andata lì? Cosa pensava di fare? Di recuperare il passato? Ma il passato era solo una cosa morta.
Solo che in quel momento sembrava maledettamente vivo e presente. Così dannatamente vicino, eppure così lontano.
Tutto intorno a lei era un rimestio di piatti e parole. Il locale era affollato, forse troppo affollato per i suoi gusti, ma ancora più per le sue esigenze. Sentiva l'anima a pezzi, ma sembrava che nessuno se ne fosse accorto. Eppure era tra amici, gli amici di sempre, quelli che aveva frequentato sin dal liceo, e allora perché si sentiva così? Perché sembrava che gli altri le si rivolgessero in una lingua che non conosceva? Ma in verità era solo un suo problema, era lei quella che si era allontanata dal gruppo per inseguire...un sogno, un sogno che in realtà era divenuto un incubo, ma almeno ora si stava svegliando. Una delle sue amiche le rivolse la parola, e lei cerò di sorridere, sforzandosi di ricollegare il filo del discorso, ma alla fine rinunciò, limitandosi ad annuire. Stava facendo una figura ridicola e lo sapeva. Ma negli ultimi tempi era cambiata molto.
La cena e la discussione erano ormai entrate nel vivo, ma lei ne restava ai margini. Sapeva per esperienza, quale copione avrebbe seguito la serata, ma si sentiva un'estranea, si sentiva come un'attrice a cui qualcuno aveva giocato un tiro, sostituendo le battute all'ultimo minuto. Ogni tanto si sforzava di inserire un “no” oppure un “sì” nella conversazione, ma solo se veniva interpellata. Faceva fatica a seguire quello che dicevano gli altri, i nomi, i luoghi, e le situazioni che le descrivevano le erano estranei, come se appartenessero ad un altro mondo. Era come se negli ultimi tempi avesse vissuto fuori dal mondo, e per certi aspetti era stato davvero così.
Scosse la testa all'ennesimo cambiamento di discorso, che prevedeva un argomento a lei sconosciuto. Di colpo l'aria divenne troppo calda, troppo piena. Non riusciva a respirare, le mancava il fiato. Si sentiva confusa, faticava a capire perché si trovava lì o chi le stava affianco, le facce le si sovrapponevano innanzi agli occhi, le une alle altre e le voci si accavallavano in uno scenario confuso e rumoroso. Afferrò la borsa e la giacca, e scappò in direzione della porta, incurante delle voci che cercavano di fermarla. Aveva bisogno di uscire dal locale.


L'aria umida e stranamente calda, per il periodo, di quella notte l'avvolse non appena fu all'aperto. Si guardò intorno, il giardino che delimitava il locale, era troppo piccolo per camminare, e lei aveva bisogno di camminare, di mettere una certa distanza tra sé e il passato, tutto il suo passato. Guardò in alto, il cielo era pieno di stelle, e limpido. Riabbassò lo sguardo e guardò innanzi a lei, era tardi e ormai tutti i lampioni erano accesi e andavano spargendo la loro strana luce aranciata tutt'intorno, dando alle strade un aria irreale. Scosse la testa, doveva schiarirsi i pensieri, era l'unico modo per poter mettere a fuoco la questione. Era andata a quella cena con la speranza di poter ricominciare, di recuperare la vita che conduceva prima della sua sfortunata storia, ma a quanto pareva non era possibile, e neanche era pensabile, o solo immaginabile di tornare a quel presente, -ma poteva definirlo ancora tale?- da cui aveva deciso di allontanarsi. Sentiva tutto il peso dei suoi trent'anni e delle sue scelte che le gravava sulle spalle. Continuò a camminare, stringendosi sempre più nei suoi pensieri. Le strade erano per lo più deserte, solo di tanto in tanto incrociava qualche passante frettoloso. Il silenzio lo percepiva quasi come un rumore, tanto che era assordante, o forse assordanti erano i suoi ragionamenti, si sentiva intrappolata in una situazione di stallo, in un limbo, dal quale non riusciva ad uscire. I suoi passi risuonavano sul marciapiede e si spegnevano nell'aria della notte. Camminava svelta, senza una meta da raggiungere, immersa totalmente nella confusione della sua testa. Il fischio di un treno la riportò alla realtà. Si fermò di colpo. Era nei pressi della stazione, non la ricordava così vicina al locale, ma mancava da quei luoghi da tanto. Anziché tirare dritto come aveva fatto fino a quel momento, svoltò a sinistra, affrettando il passo.


Il treno procedeva sbuffando e sobbalzando. Dal finestrino semi aperto arrivava una fresca brezza. Ada guardò in quella direzione, ma ormai era buio e l'unica cosa, paradossalmente visibile era il buio della notte e il suo silenzio. Si lasciò andare contro lo schienale, era sfinita, quella era stata una lunga giornata, e forse l'indomani si sarebbe pentita della sua scelta. Aveva reagito d'impulso seguendo un istinto che tante volte le si era affacciato alla mente, ma che mai prima d'allora aveva avuto il coraggio di assecondare. Però quella sera l'aveva fatto. Era entrata nella stazione, e aveva chiesto se c'erano treni in partenza. Aveva fatto il biglietto per il primo treno, senza neanche chiedere dov'era diretto. L'impiegata la guardava stralunata, ma lei finse di non notarlo, e quando ebbe il biglietto tra le mani schizzò via verso i binari ad aspettare il treno. E ora era lì, su di un treno diretto chissà dove, senza bagagli, e con un domani incerto che le si presentava all'orizzonte. Aveva paura, paura di aver fatto l'ennesima stupidaggine, ma si sentiva anche...libera.


Ormai il sole cominciava a salire, e i suoi raggi divenivano sempre più forti. Il treno ora procedeva più lentamente, e le rotaie stridevano di più contro i binari. Sbirciò fuori dal finestrino. Si stavano fermando.
Poco dopo, qualcuno entrò nel suo scompartimento. Non sapeva se sentirsi lieta di avere un poco di compagnia, o adirata per quell'intrusione nella sua solitudine. Continuò a guardare fuori, fino a quando non avvertì il treno riprendere lento il suo movimento. Avrebbe dovuto scendere a quella fermata? Era la classica domanda retorica che non prevedeva risposte. Certo avrebbe potuto farlo, ma in cuor suo sentiva che non era quello il momento per fermarsi. Forse era stato uno sbaglio assecondare un impulso nato sul momento, eppure non era stata mai così sicura di qualcosa, come in quel momento, no, aveva fatto bene a partire, se non altro, quella follia poteva tornarle utile per ricominciare. Solo dopo svariati minuti si concesse di spiare chi era salito. Sul sedile difronte al suo stava un uomo sulla settantina, cappello ed occhiali, tutto assorto nella lettura del suo giornale, poco distante invece c'erano due donne, due amiche probabilmente, a giudicare dall'età pressappoco simile. E più in là due giovani, una coppia male assortita, che non faceva che discutere, e ammutolirsi. Sembravano i protagonisti di qualche serie televisiva. Chiuse un momento gli occhi, e quando li aprì nuovamente, si mise ad osservare con maggiore attenzione i suoi compagni di viaggio. L'uomo controllò il suo orologio e cominciò a riporre il suo giornale scuotendo la testa. Che avesse letto una notizia che non era di suo gradimento? Sembrava un uomo molto metodico, probabilmente era un pensionato, chissà magari era stato un impiegato oppure un professore. Le due donne erano più difficili da inquadrare. Se ne stavano sedute vicine, scambiandosi poche battute complici, e di tanto in tanto lanciavano qualche occhiata nella sua direzione. Ada arrossì fino alla punta dei capelli e volse il suo sguardo altrove. Doveva apparire strana, vestita per una serata tra amici più che per un viaggio in treno e senza bagagli, ma non voleva pensarci. Ora voleva pensare solo al futuro e a quel presente bizzarro che coincideva alla perfezione con quell'altrettanto bizzarro viaggio. I due ragazzi aprirono gli zaini che avevano con loro e ne presero qualche sandwich che cominciarono a divorare avidamente, incuranti degli altri passeggeri. Lo stomaco di Ada fece una capriola. Non mangiava dalla mattina precedente, visto che aveva lasciato il locale prima ancora che servissero le portate. Scosse la testa, afferrò la sua borsetta ed uscì dallo scompartimento, ci doveva pur essere un vagone ristorante o qualcosa di simile, si disse, mentre passava tra i vagoni. Consultò l'orologio. Erano quasi le nove e mezza, quando giunse alla carrozza ristorante la trovò deserta. Scelse uno dei tavoli in fondo, ed ordinò un caffè forte e una brioche.
Quando la sua ordinazione le venne portata si limitò a sorseggiare il suo caffè e a sbocconcellare la sua brioche, concedendosi anche di tornare indietro, a ripercorrere gli ultimi anni della sua vita, quegli anni che ora cercava di lasciarsi alle spalle.
Se solo cinque anni prima qualcuno le avesse predetto che per amore avrebbe sovvertito tutte le convinzioni sino a scombussolare la sua stessa vita, avrebbe riso. Eppure era accaduto proprio quello. Ricordava ogni più piccolo particolare di quel giorno di giugno di cinque anni prima. Era al lavoro, come ogni giovedì, e nel suo ufficio entrò un uomo, Andrea, ancora vedeva il suo volto scolpito nella sua memoria, e a quel ricordo rabbrividì. Era difficile rivivere quel periodo della sua vita, anche solo con la memoria.
Eppure non poteva cancellarlo, anche se lo voleva con tutta l'anima. E intanto mentre consumava la sua colazione, i suoi pensieri tornavano indietro, sempre più indietro, fino a ripercorrere tutti i momenti della sua storia, della sua vita con Andrea, sin dai primi mesi, quando erano ancora fidanzati, e lui era premuroso ed attento, mai troppo invadente, mai troppo passionale, sempre equilibrato, sempre pronto ad assecondarla. L'inizio era stato il periodo più bello, e a lei era sembrato di vivere in un sogno, ed in virtù di quel sogno aveva sovvertito ogni sua abitudine ed ogni più piccolo particolare della sua vita, quasi senza rendersene conto si era allontanata dagli amici più cari, aveva cominciato a vestirsi e pettinarsi come piaceva a lui, aveva dato un calcio alla sua carriera e quando poi lui le aveva chiesto di sposarlo, appena due mesi dopo, lei non aveva battuto ciglio e pensando che quello fosse il coronamento della sua favola aveva accettato.
Dopo era cominciato il buio. Il sogno che avrebbe dovuto cominciare dopo il matrimonio, si era spento dopo il fatidico sì, e da quel momento si era acceso l'incubo. Andrea non tardò a mostrare la sua vera natura, possessiva e gelosa. Aveva praticamente condotto una vita da reclusa, pur di accontentarlo, convinta di provare amore per lui, ma alla fine, l'amore si era trasformato inesorabilmente, e alla fine si era disciolto. Ci aveva messo cinque anni, per chiudere quella storia, ma alla fine ce l'aveva fatta ad uscirne. Era stato difficile e il percorso si era rivelato più arduo del previsto, ma era poi riuscita ad ottenere il divorzio. Aveva anche ripreso a lavorare, anche se si trattava solo di lavori saltuari.
Si era ritrovata sola e precaria, e con la vita mezza distrutta da quella storia. In un primo momento si era illusa, di poter riallacciare i rapporti coi suoi vecchi amici, ma in quei cinque anni era profondamente mutata, e quella vita non le apparteneva più. Il suo presente era solo un'accozzaglia di punti interrogativi, e di tentativi di rimanere in piedi, da cui voleva allontanarsi.
Il treno cominciò a rallentare di nuovo, segno che stavano raggiungendo una nuova fermata. Scendere o aspettare ancora? In fondo una meta non ce l'aveva ed una fermata valva l'altra, o no? Pagò il conto e tornò verso il suo vagone. I pensieri le ronzavano in testa, come un motore impazzito. E malgrado tutta quella confusione che le gravava sull'animo, sentiva che avrebbe fatto meglio a restare sul treno, che non era quello il momento di scendere.
Riprese il suo posto e continuò ad osservare chi saliva e chi scendeva dal treno. Nel suo scompartimento, erano scesi quasi tutti, dove prima c'erano sedute le due donne, ora c'era una coppia anziana, ancora si tenevano per mano e si guardavano negli occhi dolcemente. Qual'era il loro segreto? Pensò con una punta d'invidia e suo malgrado di speranza, infondo perché non poteva capitare anche a lei, prima o poi? I due ragazzi di quella mattina dovevano essere scesi e al loro posto stavano seduti due uomini, non sembrava si conoscessero dal momento che a malapena si parlavano tra loro e con molta formalità. Uno di loro la guardò apertamente e lei, seccata da quell'approccio visivo distolse lo sguardo. Davanti a lei, stava seduto ancora il pensionato, ma stavolta aveva preso a leggere un libro. Accanto a lui stava un uomo ben vestito e molto sicuro di sé dall'aria un po' arrogante. Si concesse solo un'occhiata fugace in quella direzione, messa in allarme da un brivido che le percosse la schiena. Di tanto in tanto si concedeva qualche occhiata alla coppia, che conversava amabilmente o al pensionato sempre più immerso nella sua lettura.
Di tanto in tanto sentiva qualche sguardo su di sé, ma cercava d'ignorarli. Non le piaceva essere messa sotto esame così, ma in fondo era colpa sua, non si sale di punto in bianco su di un treno diretto chissà dove.
Si immerse nei suoi pensieri. Alcuni erano ricordi lieti che venivano dalla sua infanzia, altri erano ricordi spaventosi, del suo recente passato che di tanto intanto la scuotevano, facendola tremare e disperdendo il filo dei suoi ragionamenti.
Il tempo passava ma lei se ne accorgeva appena, all'ora di pranzo lo scompartimento si svuotò fatta eccezione per i due anziani coniugi e l'uomo arrogante.
<<Noi, stiamo tornando al paese, come ogni anno. Lei dove va?>> Le chiese ad un certo punto la donna, osservandola in viso. Ada impiegò qualche secondo per afferrare il senso di quella domanda.
<<In nessun luogo in particolare.>> Rispose, tagliando il discorso, ma cercando di sorridere.
<<A giudicare dal suo abbigliamento, avrei giurato che andasse ad una festa.>> Osservò l'uomo. Ma per quale motivo non era andato a pranzo come gli altri? Fece spallucce e si mise a frugare, tutta intenta nella sua borsetta. Non che avesse davvero qualcosa da cercare, ma voleva darsi un contegno, alla fine, conscia che lo sconosciuto la stava ancora osservando prese il suo cellulare e cominciò a controllare i vecchi messaggi, giusto per dare un senso alla sua ricerca e per avere un aria impegnata, ma a quanto pareva l'uomo si era messo a conversare con l'anziana coppia e non le prestava più attenzione. Ada rabbrividì, tra i messaggi ne aveva scorto uno di Andrea, era vecchio, ma ancora le faceva un certo effetto vedere il suo nome sul display. Si affrettò a cancellarlo, e quando fu eliminato dalla memoria si sentì un po' meglio, se solo avesse potuto cancellare con la medesima facilità quei ricordi dal proprio animo!
Non sapeva dove quel pazzo viaggio l'avrebbe portata, ma cominciava a pensare che stesse facendo bene alla sua mente, almeno le forniva un motivo valido di distrazione e la stava riaprendo al mondo. Aveva passato troppo tempo in casa, temendo di irritare il marito, e ora si sentiva come un fiore che schiude i petali al primo raggio di sole e per lei il sole era quel viaggio, anche se un po' la spaventava tutta quella libertà, perché essere liberi, privi di legami voleva dire anche non sapere dove tornare. E in un qualche luogo, dopo un viaggio bisognava pur tornare o forse no? Forse avrebbe potuto continuare a viaggiare, in fondo il mondo era tanto grande!
Ma in fondo un posto dove tornare lo desiderava ancora.
Il silenzio si era fatto di nuovo presente e pesante. Il treno ripartiva lento dopo l'ultima fermata. Nessuno era salito e nel suo scompartimento erano scesi tutti, eccezion fatta per le lei e l'uomo arrogante, che ora aveva preso il posto del pensionato. La sera si stava avvicinando e il sole lanciava gli ultimi bagliori prima di spegnersi all'orizzonte. Dal finestrino la luce aranciata, tipica del tramonto si diffondeva nello scompartimento, dando alla scena un aria quasi irreale.


Ogni riferimento a fatti o cose reali è puramente casuale, in quanto il racconto è frutto della fantasia dell'autrice.




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Racconto scritto il 18/11/2015 - 11:12
Da Marirosa Tomaselli
Letta n.1054 volte.
Voto:
su 4 votanti


Commenti


Per ovvi motivi è la protagonista a risultare la colonna portante della storia, e non posso che tifare per lei nel cercare di trovare una sua dimensione o comunque un equilibrio dopo le dolorose vicissitudini passate.
Chissà in quale fermata scenderá e chissá se partire nè è valsa veramente la pena oppure ritornerà indietro.
Adesso sto per andare a letto dopo una lunga giornata di lavoro, per adesso sospendo e leggerò la seconda parte al più presto.
Mari, sei sempre bravaaaa!#

Giuseppe Scilipoti 25/03/2017 - 00:19

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Per ovvi motivi è la protagonista a risultare la colonna portante della storia, e non posso che tifare per lei nel cercare di trovare una sua dimensione o comunque un equilibrio dopo le dolorose vicissitudini passate.
Chissà in quale fermata scenderá e chissá se partire nè è valsa veramente la pena oppure ritornerà indietro.
Adesso sto per andare a letto dopo una lunga giornata di lavoro, per adesso sospendo e leggerò la seconda parte al più presto.
Mari, sei sempre bravaaaa!#

Giuseppe Scilipoti 25/03/2017 - 00:19

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Penso che almeno una volta nella vita sarà balenato a tutti di pensare di prendere un treno senza una destinazione precisa e lasciarsi tutto alle spalle...
Il racconto oltre ad agganciarmi, mi incuriosisce il titolo, forse nella seconda parte ne verrà spiegato il significato.
Da segnalare i personaggi di contorno che contribuiscono all'evoluzione della storia e a mio avviso non sono un accozzaglia messa così ma sono incasellati per dare più enfasi alla storia.

Giuseppe Scilipoti 25/03/2017 - 00:15

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Cara Mariarosa, mi hai fatto emozionare, e lo dico con parole intrise di sincerità e ammirazione. Già dalle prime righe avevo intuito le potenzialità del racconto che a giudicare da questa prima parte si sta rilevando di mio gradimento nonchè molto valido qualitativamente!!!
Prendere un treno qualsiasi per una destinazione qualsiasi, per tentare di rinascere e con il forte desiderio di una nuova vita. Tra le tante cose il racconto ha un qualche elemento avventuroso...

Giuseppe Scilipoti 25/03/2017 - 00:02

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