Scendendo dall'auto ha fatto le solite mosse. La borsa, le chiavi di casa, cellulare. Aprendo il portone guarda la cassetta delle lettere, spegne la luce esterna dell'ingresso e sale le scale. Arriva alla porta di casa e gli da la solita spinta con la spalla, perché nel tempo si è spostata o non so, è lievemente storta, rimane che per aprire e chiudere devi spingere.
Interessante non avere voglia di entrare in casa propria e avere il sostegno morale della porta.
E dentro cosa c'è che non va, niente di inanimato, c'è lui.
Se ne deve andare e non capisce, non so se non accetti l'idea, Freud direbbe così ma cambia poco il pensiero del luminare, perché mi sento che comunque non lo convincerebbe ad andarsene.
Una sera si è arrabbiato con lei e in una caotica mescolanza di urla, lancio di oggetti, strette ai polsi e ai capelli, l'ha fatta letteralmente rotolare nella camera da letto, da uno spigolo dell'armadio ad uno della finestra, fino ad una presa finale che ha chiuso ogni via di fuga. Dopo averla lanciata sul letto le ha stretto il braccio intorno al collo e con la mano dello stesso, le teneva ferma la testa. A quel punto l'istinto l'ha portata a coprirsi il viso e a chiedergli di non lasciarle segni, ma gli occhi di lui non la vedevano, le mani di lui non l'ascoltavano e allora lei, come un misero animaletto fragile si è lasciata al suo destino.
Nella sua testa c'era un grande "come va, va".
Prima o poi avrebbe smesso e per fortuna lui, più simile ad un boa che una volta sicuro di averti divorato, si sente soddisfatto, ha mollato la presa. L'ha lasciata mandandola a dormire sul divano e lanciandole un altro paio d'ore d'insulti, di quelli che ti fanno avere paura di troppe cose.
Ogni volta che varca quella porta lei sa, senza certezza, che qualcosa di simile può ricapitare.
Quanto è profondo il sospiro prima di entrare in quella casa. Quanta rabbia, a volte voglia di vendetta. Se pensiamo alla soddisfazione nelle piccole rivalse quotidiane che ci prendiamo, non si può fare a meno di pensare a quanto godibile sarebbe per lei avere almeno una rivincita su tutti gli altri momenti deliranti che ha vissuto con lui.
Ma esiste un piano o meglio un obiettivo a cui credono in pochi e a cui crede poco anche lei. Lo farà uscire da quella casa, deve solo trovare le parole giuste, un momento e un luogo sicuri e la forza, il coraggio di fare tutto da sola.
Incomincia ad affiorare la convinzione in lei che o comincia a respirare aria nuova o basta respirare.
Interessante non avere voglia di entrare in casa propria e avere il sostegno morale della porta.
E dentro cosa c'è che non va, niente di inanimato, c'è lui.
Se ne deve andare e non capisce, non so se non accetti l'idea, Freud direbbe così ma cambia poco il pensiero del luminare, perché mi sento che comunque non lo convincerebbe ad andarsene.
Una sera si è arrabbiato con lei e in una caotica mescolanza di urla, lancio di oggetti, strette ai polsi e ai capelli, l'ha fatta letteralmente rotolare nella camera da letto, da uno spigolo dell'armadio ad uno della finestra, fino ad una presa finale che ha chiuso ogni via di fuga. Dopo averla lanciata sul letto le ha stretto il braccio intorno al collo e con la mano dello stesso, le teneva ferma la testa. A quel punto l'istinto l'ha portata a coprirsi il viso e a chiedergli di non lasciarle segni, ma gli occhi di lui non la vedevano, le mani di lui non l'ascoltavano e allora lei, come un misero animaletto fragile si è lasciata al suo destino.
Nella sua testa c'era un grande "come va, va".
Prima o poi avrebbe smesso e per fortuna lui, più simile ad un boa che una volta sicuro di averti divorato, si sente soddisfatto, ha mollato la presa. L'ha lasciata mandandola a dormire sul divano e lanciandole un altro paio d'ore d'insulti, di quelli che ti fanno avere paura di troppe cose.
Ogni volta che varca quella porta lei sa, senza certezza, che qualcosa di simile può ricapitare.
Quanto è profondo il sospiro prima di entrare in quella casa. Quanta rabbia, a volte voglia di vendetta. Se pensiamo alla soddisfazione nelle piccole rivalse quotidiane che ci prendiamo, non si può fare a meno di pensare a quanto godibile sarebbe per lei avere almeno una rivincita su tutti gli altri momenti deliranti che ha vissuto con lui.
Ma esiste un piano o meglio un obiettivo a cui credono in pochi e a cui crede poco anche lei. Lo farà uscire da quella casa, deve solo trovare le parole giuste, un momento e un luogo sicuri e la forza, il coraggio di fare tutto da sola.
Incomincia ad affiorare la convinzione in lei che o comincia a respirare aria nuova o basta respirare.
Racconto scritto il 30/12/2015 - 00:10
Da ellis lio
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Voto: | su 2 votanti |
Commenti
Argomento molto interessante. Il racconto è ben scritto. Solo un piccolo consiglio, senza offesa, nella prima frase avendo usato per la parte narrante il passato prossimo, avrei continuato anche nelle frasi seguenti con ha guardato,è arrivata,gli ha dato...è rimasto. Mi ha ricordato il film "A fuga col nemico". Anche qui la soluzione migliore sarebbe la fuga, anche se comprendo il desiderio di rivincita della donna...Ho apprezzato anche l'altro tuo racconto e come l'altro
*5
Auguri!
Nadia
*5
Auguri!
Nadia
Nadia Sonzini 31/12/2015 - 10:14
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Direi che trattasi di un'uscita piuttosto, un'uscita in un campo di battaglia aperto quando sarebbe auspicabile una fuga per la salvezza.
Auguri di buon anno a te e al personaggio femminile, al tiranno solo fave secche.
Auguri di buon anno a te e al personaggio femminile, al tiranno solo fave secche.
salvo bonafè 30/12/2015 - 16:11
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Ho letto anche l'altro racconto ed ho trovato che questo è stato scritto con diverso stile narrativo... solo questa cosa richiederebbe un'analisi profonda perché ritengo giusto che il clima del racconto influenzi la musica delle parole, come per una canzone...ripeto, troppo da dire anche sul contenuto, attuale, importante, della violenza sulle donne; ma non sembra una denuncia sociale, piuttosto un fatto privato...
beh, a me piacciono molto le diversità, e qui ci sono.
beh, a me piacciono molto le diversità, e qui ci sono.
Gennarino Ammore 30/12/2015 - 07:24
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