Il bambino era perplesso.
Non sapeva con quali occhi lo guardasse l'Angelo; ma la cosa più stupefacente doveva ancora avvenire . . . Perché: l'Angelo non sapeva con quali occhi il bambino lo stesse guardando.
Si provi ad immaginare la scena: surrealismo e gioco, matrimonio di due prospettive di vita, che discutono sul da farsi. E l'Angelo era surreale, un po' "sogno", così illogico, e disperatamente romantico. Dio può tutto, forse: ma davanti a quegli occhi, come spiegherò che tutta la vita è un sogno? Il bambino era un giuoco: d'altronde, giocare è il modo migliore di determinare il tempo. Il mare parla il linguaggio dell'umorismo, e il vento tira i dadi per continuare la partita.
Il bambino chiese all'Angelo: <<Perché mi guardi così? Mi fai stare male . . .>>. Interdetto, l'Angelo: <<Non credevo di farti stare male. Volevo solo farti sognare un po'. Quegli occhi tuoi, innocenti, trasognati, dove io compongo nuovi puzzle di stelle, mi suggeriscono nuove scene. Ti porterò in un sogno colorato, dove le idee assumono forma visibile. Ma c'è un però: non dovrai pensare alle cose brutte, perché come le belle assumono forma, anche quelle brutte lo faranno>>. Il bambino lo guardava sempre più sgomento. <<Ma che pensieri brutti! Io so solo cose belle>>.
L'Angelo non intese; prese la situazione alla maniera sua, come un mistero che si scioglie nel sonno. E vada con il sogno!
D'un tratto, furono nel deserto. Dove il sole penzolava dalle nuvole. <<Non era proprio quello che avevo in mente. E' il meglio che sia riuscito a fare. Scusami. Perché non pensi a qualcosa di bello? Qui prenderà forma, ricordi?>>. <<Ma io so solo cose belle. Ricordi? Sono con te, dentro ad un sogno. Cosa c'è di più bello? Tutta la terra può essere un luogo di gioco>>.
Ma com'è possibile! Se ha in mente solo cose belle, il deserto da dove viene? L'Angelo non riusciva a spiegarselo.
D'un tratto si guardò le mani: qualcosa era cambiato . . .
Erano ringiovanite. E il suo abito bianco era sparito: al suo posto, un abito con frac rosso porpora.
<<E' opera tua!>>, disse l'Angelo con un sorriso.
<<Certo>>, risponde il bambino <<ti sto aiutando. Il tuo sogno è un deserto. Sei così innamorato, da far nascere il deserto, e il tuo cuore dondola ormai come il sole lì sopra. Ti ho colorato un po'>>.
Come poteva non averlo mai pensato? L'Angelo non si era mai preoccupato se non delle idee degli altri, senza capire che i suoi sogni riflettevano anche il suo pensiero.
<<Scusami>>, disse di nuovo l'Angelo. Guardò di nuovo il bambino negli occhi. Ora aveva capito. Con quali occhi lo stesse guardando. Stavano parlando delle stesse cose, ma non se ne era accorto. Stavano parlando di sogno e gioco, di surrealismo ed umorismo. E non gli era mai venuto in mente: di potere avere bisogno di aiuto.
<<Fammi ridere, ti prego>>.
Non sapeva con quali occhi lo guardasse l'Angelo; ma la cosa più stupefacente doveva ancora avvenire . . . Perché: l'Angelo non sapeva con quali occhi il bambino lo stesse guardando.
Si provi ad immaginare la scena: surrealismo e gioco, matrimonio di due prospettive di vita, che discutono sul da farsi. E l'Angelo era surreale, un po' "sogno", così illogico, e disperatamente romantico. Dio può tutto, forse: ma davanti a quegli occhi, come spiegherò che tutta la vita è un sogno? Il bambino era un giuoco: d'altronde, giocare è il modo migliore di determinare il tempo. Il mare parla il linguaggio dell'umorismo, e il vento tira i dadi per continuare la partita.
Il bambino chiese all'Angelo: <<Perché mi guardi così? Mi fai stare male . . .>>. Interdetto, l'Angelo: <<Non credevo di farti stare male. Volevo solo farti sognare un po'. Quegli occhi tuoi, innocenti, trasognati, dove io compongo nuovi puzzle di stelle, mi suggeriscono nuove scene. Ti porterò in un sogno colorato, dove le idee assumono forma visibile. Ma c'è un però: non dovrai pensare alle cose brutte, perché come le belle assumono forma, anche quelle brutte lo faranno>>. Il bambino lo guardava sempre più sgomento. <<Ma che pensieri brutti! Io so solo cose belle>>.
L'Angelo non intese; prese la situazione alla maniera sua, come un mistero che si scioglie nel sonno. E vada con il sogno!
D'un tratto, furono nel deserto. Dove il sole penzolava dalle nuvole. <<Non era proprio quello che avevo in mente. E' il meglio che sia riuscito a fare. Scusami. Perché non pensi a qualcosa di bello? Qui prenderà forma, ricordi?>>. <<Ma io so solo cose belle. Ricordi? Sono con te, dentro ad un sogno. Cosa c'è di più bello? Tutta la terra può essere un luogo di gioco>>.
Ma com'è possibile! Se ha in mente solo cose belle, il deserto da dove viene? L'Angelo non riusciva a spiegarselo.
D'un tratto si guardò le mani: qualcosa era cambiato . . .
Erano ringiovanite. E il suo abito bianco era sparito: al suo posto, un abito con frac rosso porpora.
<<E' opera tua!>>, disse l'Angelo con un sorriso.
<<Certo>>, risponde il bambino <<ti sto aiutando. Il tuo sogno è un deserto. Sei così innamorato, da far nascere il deserto, e il tuo cuore dondola ormai come il sole lì sopra. Ti ho colorato un po'>>.
Come poteva non averlo mai pensato? L'Angelo non si era mai preoccupato se non delle idee degli altri, senza capire che i suoi sogni riflettevano anche il suo pensiero.
<<Scusami>>, disse di nuovo l'Angelo. Guardò di nuovo il bambino negli occhi. Ora aveva capito. Con quali occhi lo stesse guardando. Stavano parlando delle stesse cose, ma non se ne era accorto. Stavano parlando di sogno e gioco, di surrealismo ed umorismo. E non gli era mai venuto in mente: di potere avere bisogno di aiuto.
<<Fammi ridere, ti prego>>.
Racconto scritto il 13/02/2016 - 11:01
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Commenti
Un bel racconto, di profondi significati. La prima cosa che mi viene in mente è che la vita prende forma a seconda di come la guardiamo, ma il racconto e foriero di ulteriori belle riflessioni..Piaciuto
Francesco Gentile 13/02/2016 - 17:44
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