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GIOCO D\'AUTORE - Prima Parte

PREMESSA: Questa è la mia seconda spy-story, non è facile cimentarsi in questo genere, ma mi appassiona molto. È un po' lunga, per cui l'ho divisa in parti. Spero vi piaccia!.
P.S: Segue lo stesso filone della prima (Fuori dall'ombra)


GIOCO D'AUTORE
Nick era seduto nella sua poltrona, nella sua stanza d'albergo, stava rileggendo il rapporto che aveva inviato a Mallhoy, poche righe coincise. Non c'era molto da dire. Chiuse il PC, si alzò e lo nascose sul fondo dell'armadio, sotto alcune camice. Una di queste la ripiegò in modo che le maniche sporgessero. Era una stupidaggine, la sua copertura era solida, ma la prudenza non era mai troppa. Sistemò meglio i particolari e chiuse le ante dell'armadio. Controllò tasca e fondina, Becky e Penny erano lì. Si sentiva più sicuro. Con passo felino si avvicinò al grande letto al centro della stanza. Si sedette e poi si lasciò andare all'indietro. I piedi ben piantati a terra., le braccia a mo' di cuscino sotto la testa e lo sguardo rivolto al soffitto. Era stanco ed arrabbiato con Mallhoy. Era il suo capo da qualche anno ormai, ma faticava a capirlo, in una missione come la precedente in cui avrebbe lavorato meglio da solo gli aveva affibbiato un agente e una missione come quella in cui sarebbero occorsi dieci uomini lo mandava solo. In realtà non gli dispiaceva lavorare da solo, ma in quell'occasione gli pesava un po'. Forse stava invecchiando, anche se il suo corpo conservava ancora un certo vigore. Ne aveva avuto conferma anche nell'ultima missione. Ma quella era una missione conclusa ed archiviata, ora ogni fibra del suo corpo era impegnata nel nuovo caso che Mallhoy gli aveva affidato. Da una tasca tirò fuori il suo portafoglio, numerose carte di credito e svariati documenti avallavano la sua identità: John Anderson, uomo d'affari e collezionista d'arte, single.
Guardò l'orologio. Troppo presto per andare alla prossima asta. Troppo tardi per pranzare solo al ristorante dell'albergo. Si alzò dal letto, forse era meglio uscire e fare un po' il turista. Dal quartier generale gli avevano confermato che era tutto a posto, ma per esperienza sapeva che non bastava una copertura studiata a tavolino per avere le spalle coperte, anzi spesso era vero il contrario. Si guardò allo specchio, era vestito in modo formale ma dannatamente inglese. Sbottonò la camicia e lasciò la giacca aperta. Riguardò i documenti era in Italia da quattro ore, proveniente dall'Inghilterra. Tutto sommato poteva andare, più tardi si sarebbe occupato di migliorare il suo guardaroba e magari aggiungere qualche particolare all'eccellente curriculum che avevano ideato alla sezione AD312.
Era appena uscito all'albergo, eppure aveva la sensazione di essere osservato. Cominciò a camminare, ostentando una atteggiamento disinvolto e non curante, ma la sensazione non diminuiva. Fece un respiro profondo e tagliò per una via laterale, continuò diritto per un po', poi tagliò di nuovo e poi ancora due volte. Camminò dritto passando cinque traverse, poi si bloccò bruscamente e controllò il nome della via. Si fermò qualche istante come se stesse ragionando o ricordando. Magari quel nome gli dicesse qualcosa, non aveva la più pallida idea di dove si trovasse! Scosse la testa e tornò indietro, sino alla traversa precedente, vi svoltò e tirò diritto. Chiunque lo seguisse era ancora lì, ad una certa distanza, sentiva i suoi passi strisciare nell'ombra e fare eco ai propri. Continuò a camminare a passo veloce come se fosse sicuro di dove stesse andando e nel contempo, con la coda dell'occhio spiava di trovare qualche punto di riferimento o una via di fuga. Certo avrebbe sempre potuto girarsi e sparare, ma di sicuro uno sparo avrebbe chiamato curiosi e magari la polizia, sogghignò pensando alla faccia che Mallhoy o Bakery avrebbero fatto se avessero dovuto tirarlo d'impaccio. Controllò l'ora, uno strano piano gli si andava delineando nel cervello.
La strada si allargava su di una piazza. Diede un'occhiata fuggevole ai locali che vi si affacciavano e si diresse “sparato” al bar. Entrò e si appoggiò al bancone, guardandosi intorno. Non c'erano molti avventori, una coppia, qualche uomo e due donne. Una di mezza età e l'altra sulla trentina, che leggeva il giornale.
<<Cosa prende?>> Una voce smielata gli si rivolse in italiano. Apparteneva ad una ragazza molto giovane ed abbastanza carina.
<<Whisky>> disse sbrigativo. Uno degli uomini presenti non smetteva di osservarlo, era alto e scuro. Molto probabilmente il suo inseguitore. Mentre aspettava la sua ordinazione, ragionò sul suo piano, aveva pensato di far credere al suo angelo custode di essere lì a cercare compagnia. Ma aveva ben poche alternative, o la donna che leggeva il giornale o la ragazza. Nel primo caso sarebbe stato tutto più semplice, ma avrebbe potuto incorrere in un rifiuto, ed essere liquidato in pochi secondi, e non sapendo neanche dov'era, aveva bisogno di guadagnare tempo. Nel secondo caso il rischio era maggiore, ma forse avrebbe avuto maggiori possibilità di riuscita.
<<Sapevo che qui avrei trovato delle opere d'arte ma non immaginavo di vederne una in un bar>> Disse quando la ragazza gli portò il Whisky
<<Che approccio originale!>> sbuffò lei. Lui sorrise, era affascinante quando sorrideva.
<<Sono un collezionista, me ne intendo!>> disse guardandola negli occhi e sorridendo.
<<Di donne?>>
<<Oh, no! >> Rise, sfoggiando tutta l'affabilità ed il fascino di cui era capace <<Di quadri e opere d'arte in genere!>> continuò a sorriderle. Sentiva che lei cominciava a sciogliersi.
<<Ah>>
<<Anderson, mi chiamo John Anderson? E lei?>> Le porse la mano con un sorriso disarmante.
<<Francesca>> Sorrise a sua volta.
<<Dimmi posso darti del tu, vero?>> Non aspettò la sua risposta. <<Quando stacchi?>>
<<Non vai per il sottile!>> disse lei.
'Mossa sbagliata, Nick' si rimproverò mentalmente.
<<In realtà volevo invitarti ad un'asta e magari a cena>> Cercò di recuperare.
<<Ah>> Lei era ancora diffidente.
<<La verità è che mi dispiacerebbe porre fine a quest'incontro voluto dal destino>> Sorrise.
<<E va bene, ma solo per l'asta. Per la cena... be' vedremo. Comunque stacco tra cinque minuti>> disse guardando l'orologio. Nick tirò un sospiro di sollievo.
Si voltò verso la porta. L'uomo era ancora lì e lo fissava ancora. Nick sollevò il bicchiere e fece il gesto di piegarlo a mo' di brindisi, in un gesto a metà tra la sfida e l'indifferenza, accompagnato da un grande ignaro sorriso, come se non sapesse che lo sconosciuto l'avesse seguito fin lì dall'albergo. Tornò a guardare Francesca, aveva corti riccioli bruni e grandi occhi verdi ed era molto giovane. Ecco una prima particolarità da aggiungere al profilo di John, gli piacevano le ragazze più giovani, di statura minuta e coi capelli neri, preferibilmente ricci, non che a Nick dispiacessero, ma non era così categorico nelle sue scelte. Finì il suo whisky e guardò l'orologio, ancora tre minuti. Francesca era molto impegnata a servire gli altri avventori, e l'uomo ancora lo osservava. 'Sorridi Nick! È il tuo giorno fortunato! Per essere una spia, sei più seguito di una rock-star! Ottimo lavoro!' se solo lo avesse saputo Mallhoy l'avrebbe spedito a riempire scartoffie a vita, ma in Antartide! Mallhoy! Guardò ancora il suo orologio, 'Per favore non gracchiare proprio ora!' lo implorò silenziosamente, stampandosi un sorriso disinvolto sulle labbra. Si stava avvicinando l'orario in cui dal quartier generale lo cercavano. Portò una mano dietro la schiena, generalmente non era così, era un tipo affidabile nel suo lavoro e soprattutto non si lasciava cogliere alla sprovvista dagli eventi, né tanto meno si lasciava andare a gesti scaramantici o ad altre sciocchezza simili, ma generalmente, non veniva pedinato, appena giunto in un luogo, segno che nella sua copertura qualcosa non andava. E poi generalmente non si trovava a dover improvvisare piani che prevedevano l'ausilio di gente normale, ed invece si trovava a fare gli occhi dolci ad una ragazzina conosciuta da pochi minuti, nel vano tentativo di sembrare ciò che doveva essere, un uomo d'affari, appassionato d'arte che impiegava il suo tempo a viaggiare e a godersi la vita. Sorrise ancora a Francesca, fintamente dimentico dell'uomo fermo accanto alla porta.
Dannazione! Il suo orologio cominciò a lampeggiare, tra qualche secondo avrebbe gracchiato. Lo coprì repentinamente con la mano, chiese dov'era il bagno e sparì.


Sembrava che lo sconosciuto non si fosse accorto di nulla. Che la fortuna stesse tornando a sorridergli? Non voleva sperarci troppo. Continuò a comportarsi come nulla fosse, e quando Francesca gli disse che era pronta ad andare la scortò fuori, ostentando un gran sorriso.
<<Prendiamo un taxi.>> Disse appena si furono allontanati un poco dal locale.
<<Non hai una macchina?>>
<<Certo, ma è al parcheggio del mio albergo>>
<<Ah>> Il modo di fare della ragazza cominciava a dargli sui nervi.
<<Non hai altre risposte?>>
<<La tu sembra tanto una scusa>>
<<Mi andava di camminare, ma ora preferisco un taxi, rischio di arrivare tardi e dobbiamo passare a prendere la mia auto.>>
Francesca restò in silenzio a guardare l'uomo che le stava accanto, non era particolarmente bello, ma l'intrigava. In che razza di guaio si stava cacciando? Ma lui le sorrise e lei si sciolse.
Nel taxi erano seduti vicini, una vicinanza tale da sembrare in confidenza, ma allo stesso tempo essere sufficientemente conveniente. Ancora non sapeva quanto in là avrebbe potuto o dovuto spingersi col suo piano ed era meglio procedere per gradi. Erano entrambi in silenzio e Nick si godeva la pace, mentre cercava di mandare a memoria la finta vita che gli avevano costruito al quartier generale e incastrarci il piano che aveva dovuto improvvisare. Lanciò una breve occhiata alla ragazza che aveva accanto, graziosa era graziosa, ma ora cosa doveva farne?
<<Così sei un collezionista>> Francesca ruppe il silenzio.
<<Anche>>
<<E di cosa ti occupi?>>
<<Titoli, mercato finanziario.>> Cominciava a seccarsi.<<Fai molte domande.>>
<<Non sei un tipo loquace.>> disse lei.
'Una buona spia non deve esserlo' Pensò, ma disse solo:
<<La stanchezza del viaggio comincia a farsi sentire.>> Fece una pausa. <<Sono arrivato oggi.>>
<<Ah>>
<<Di nuovo la tua risposta preferita!>> rise lui
<<Parli bene l'italiano. Mi piace il tuo accento.>>
<<Tante grazie! Ho studiato qui per un periodo>> Mentì ricordando la biografia di John.
<<Davvero?>>
<<Sì. Storia dell'arte, prima di seguire le orme di mio padre.>>
<<Capisco.>>
<<Ora parlami di te. Neanche tu sei molto loquace.>> disse nel tentativo di sviare l'attenzione da sé.
<<Mi sto per laureare, lavoro al bar e non so distinguere un'opera d'arte da una crosta.>> Neanche io, pensò Nick.
<<Non è così difficile, ma forse per me ora è un abitudine.>> Mentì restando nella sua parte.
<<John?>>
<<Dimmi.>>
<<Perché mi hai invitato all'asta?>>
'Bella domanda. Perché ero inseguito.'
<<Perché sono sicuro che mi porterai fortuna.>> Si studiò di dire.
<<E se così non fosse?>>
<<Pazienza, ma vedrai che non sarà così>> O almeno se lo augurava.
FINE PRIMA PARTE.


Il racconto è frutto della fantasia dell'autrice, per cui ogni riferimento a fatti o cose reali è puramente casuale.




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Racconto scritto il 16/02/2016 - 12:48
Da Marirosa Tomaselli
Letta n.1008 volte.
Voto:
su 2 votanti


Commenti


Ciao cara Marirosa mi sono presa un'oretta per leggere tutte le cinque parti della tua spy story questa prima parte è sicuramente interessante e ben scritta
Complimenti
Nadia
5*

Nadia Sonzini 21/02/2016 - 21:15

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Intrigante e avvincente,scrittura fluida e piacevole, sei una grande,sai affascinare con trame originali e mai noiose, vorrei sapere scrivere come sai fare tu con bravura e maestria.Aspetto la seconda parte e complimenti sinceri

Anna Rossi 17/02/2016 - 10:58

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