Quel pomeriggio pioveva. Anzi grandinava. I chicchi erano grandi come noci, e cadevano in tutta libertà da grossi cumolonembi formatisi sui palazzi della città. Il rumore che producevano, incontrando il suolo, era simile alle martellate di un fabbro: scontento del proprio lavoro. Otis conosceva bene quella sensazione. Quando un lavoro diventa tale. Solo un modo come un altro di far passare i giorni; come vagoni vuoti di un treno, trascinati da una motrice: obsoleta e sgangherata. Un tempo, ricordava perfettamente, non era così. Aveva una passione sfrenata, per tutto ciò che scriveva, per ogni argomento che gli veniva affidato dalla redazione del suo giornale. Certo, nulla di troppo impegnativo. Il suo giornale era, perlopiù, una rivista rosa, che trattava gossip. O come preferiva chiamarlo lui: gossip impegnato. Non era uno stupido. In passato aveva provato a scrivere di politica. Ma era stata un esperienza deludente e degradante, per il suo spirito libero. Accorgendosi del suo calo creativo, ormai, erano settimane che i suoi articoli venivano cestinati. Otis, quel giorno, lasciò prima la rivista. Ne era convinto. Se voleva ritrovare la voglia, e il piacere, nel vedere scivolare, di nuovo, le parole sullo schermo del computer: vederle accarezzarsi dolcemente, farsi la corte e dirsi ti amo; quel tanto che bastava a rendere il periodo, più una dolce attesa di qualcosa d'inaspettato, che una frase stilisticamente corretta. Allora, per far partorire quell'idea, doveva andare in strada:cercarla, respirarla. Convincerla a seguirlo a casa, farla ubriacare e farci l'amore tutta la notte. Ma da dove iniziare? Pensò tra sé:"tempo anomalo, se solo uno di quei chicchi mi colpisse in pieno cranio. Magari mi rinfrescherebbe le idee." Ma bisogna stare attenti a ciò che si desidera. Poiché il pensiero successivo potrebbe essere:"accidenti, che male cane. Come diavolo ha fatto quel chicco transgenico, a colpirmi in testa. Eppure credevo di essere al riparo qui." Ed in effetti, è quello che successe. Quindi, dopo che il dolore lancinante lasciò il posto, solo, ad una lieve emicrania, le idee, quelle no, non si schiarirono. Però, nel momentaneo ottundimento, Otis rimembrò la sua infanzia. Quando, da bambino, si era messo a seguire i gatti del vicinato, convinto, nella sua fervida immaginazione, che questi lo conducessero sempre alla scoperta di qualcosa per cui entusiasmarsi. In effetti, raramente, trovava qualcosa di utile, per la sua età. Ma la maggior parte delle ricerche, feline, conducevano a piccoli uccelli esanimi, oppure a l'osservazione di una boccia con un piccolo pesce rosso, che li bloccava col suo movimento ipnotico. No che pensasse di seguire, un'altra volta, i gatti, come da piccolo. Ma, nella sua mente, iniziò a farsi strada l'idea di dover seguire un filone. Non era ben chiaro quale dovesse essere. La vita? La morte? Gli ami dei pescatori, vuoti, sui moli della solitudine? Iniziò ad interrogarsi, sapendo già la risposta, dentro di sé, che non si fece attendere davanti ai suoi occhi. Un grosso autobus di linea,rosso e bianco, con una grossa pubblicità sul fianco, si fermò nelle prossimità. Il messaggio, scritto a grandi caratteri neri e rossi, era stato messo in calce ad un costoso profumo femminile. E piuttosto che annunciare qualcosa, lo sussurrava dolcemente: Suivre l'Amour. Ad un tratto, il cielo dei suoi pensieri divenne terso. Non il cielo reale, piovevano, ancora, sassi. Ma la sensazione era, che presto sarebbe finito il mal tempo, e sarebbe tornato il sereno. Dunque, Seguire l'amore. Come, del resto, aveva fatto gran parte della sua esistenza, talvolta dimenticandosene. Non si fece pregare dal destino, o qualunque cosa fosse. Saltò sull'autobus, in direzione del tramonto, ad ovest della città. Naturalmente, non fece caso all'altro autobus che andava in direzione opposta. Sul fianco, apposta, una pubblicità di pompe funebri, con varie offerte e sconti. Strano come, a volte, la morte, concubina inseparabile della vita, vada in direzione opposta a quella dell'amore.
Continua...
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Racconto scritto il 25/02/2016 - 15:01
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