Alla sera preparavo la cartella per il giorno dopo. Due quaderni. Uno a righe per la bella scrittura e uno a quadretti piccoli per far di conto. Quindi l'album da disegno utile per farci gli aerei nell'ora di ricreazione. Vicino il sussidiario. Quando lo leggevi potevi scoprire le abitudini dei ruminanti ed anche i paesi della terra dove gli uomini si mangiavano le unghie e vivevano felici.
Ricordo che al mattino incontravo i compagni di classe. Tanti grembiuli neri con colletto bianco. Entravamo in classe e ci sedevamo subito al nostro posto. Quando entrava la maestra, ci alzavamo in piedi e salutavamo con il “Buongiorno signora maestra”. Lei si accomodava alla cattedra e faceva l’appello. Quando veniva chiamato il tuo nome, dovevi alzarti in piedi e dire “presente”. Se eri assente non rispondevi e i tuoi compagni di scuola si preoccupavano di portarti i compiti a casa.
Ricordo che quando venivo interrogato la maestra, da dietro la cattedra, mi chiamava alla lavagna scandendo nell'aria ad alta voce il mio cognome. Io, a bassa voce, rispondevo a malapena farfugliando quello che avevo studiato il giorno prima.
Seguiva un dettato che scrivevo con la penna stilografica dove sbagliavo regolarmente le a con l'acca e le a senza acca.
Al termine della lezione prendevo il diario dove scrivevo i compiti da svolgere a casa ma non solo. Una volta scrissi, fra le altre cose, che la scuola rende liberi. Ma sbagliavo, intendevo dire la cultura rende liberi.
Ricordo che al mattino incontravo i compagni di classe. Tanti grembiuli neri con colletto bianco. Entravamo in classe e ci sedevamo subito al nostro posto. Quando entrava la maestra, ci alzavamo in piedi e salutavamo con il “Buongiorno signora maestra”. Lei si accomodava alla cattedra e faceva l’appello. Quando veniva chiamato il tuo nome, dovevi alzarti in piedi e dire “presente”. Se eri assente non rispondevi e i tuoi compagni di scuola si preoccupavano di portarti i compiti a casa.
Ricordo che quando venivo interrogato la maestra, da dietro la cattedra, mi chiamava alla lavagna scandendo nell'aria ad alta voce il mio cognome. Io, a bassa voce, rispondevo a malapena farfugliando quello che avevo studiato il giorno prima.
Seguiva un dettato che scrivevo con la penna stilografica dove sbagliavo regolarmente le a con l'acca e le a senza acca.
Al termine della lezione prendevo il diario dove scrivevo i compiti da svolgere a casa ma non solo. Una volta scrissi, fra le altre cose, che la scuola rende liberi. Ma sbagliavo, intendevo dire la cultura rende liberi.
Racconto scritto il 11/03/2016 - 19:46
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Commenti
Bel racconto scolastico con un pensiero finale che condivido e cioè che la cultura rende liberi. Un saluto da parte mia
Alberto Berrone 11/03/2016 - 22:02
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