- M’illumino d'immenso..... facile per lui, di certo non aveva i miei problemi.- Io, è già tanto se mi illumino con i raggi di una candela. Miriam ripose la vecchia raccolta di poesie mentre nelle mente passavano le immagini del felice periodo scolastico, ormai passato da più di venti anni. Una vita iniziata tra molte aspettative familiari e finita in una vecchia stamberga di periferia, vicino ad un deposito di treni. I fischi all'arrivo ed alla partenza, dei convogli merci, diretti in altre città, erano l'unico segno di movimento ancora vivo nella sua mente. Desiderava con tutta se stessa di potersi spostare da quel luogo che la attanagliava, senza speranza. Partire verso nuovi lidi ariosi, illuminati, rigogliosi di natura e pieni di bella gente. Partire per non tornare più, anche a piedi, con le sue poche cose, partire per sempre. Già ma con quali piedi? L'unico problema era la sua condizione fisica. Ridotta su di una carrozzina con le gambe amputate. Ricordava ancora ogni momento dell'incidente durante la corsa a cavallo, il suo corpo sbalzato di sella dal giovane purosangue Metello, il piede bloccato dalla staffa, le sue mani protese ad afferrare il niente ed il cavallo che come una furia, nella sua inarrestabile corsa, continuava a calpestargli la gamba libera, mentre l’altra si contorceva avvinghiata dalle cinghie.
Un raggio di sole, disperso tra i rottami, rifrangeva la’, su di uno specchio rotto, e quasi per magia si posava sulla guancia di Miriam. Un omaggio della natura, un fievole bacio a consolare l'insensato destino di un'anima al vento.
Triplo suono - Cambio macchinista vettura 1145.
Doppia sirena - Mensa aperta.
Il vento soffiava forte sui vetri. Ancora ricordi a fargli compagnia. Le scogliere, a Castelsonnino, la mamma con la ghiacciaia piena di cose buone, il papà con la maschera e le pinne, che fa finta di guardare il fondale ma invece guarda le donne. Lei ancora piccola, che gioca con la navetta spaziale attaccata al paracadute ed ai suoi sogni di viaggi planetari. L'elastico lancia in aria la navetta che sale e sale, poi si ferma un attimo prima di ridiscendere, il paracadute non si apre e la navetta cade in acqua e scompare, come la barca dei suoi genitori, scomparsa nella tempesta quando lei era diventata finalmente maggiorenne, si era diplomata e riusciva a conviver alla meno peggio con il suo handicap sulla carrozzina ultra lusso che suoi padre le aveva comprato. Fosse morta anche lei, fosse esplosa in mille luci disperse nell’universo.
Un suono lungo - Sgombrare il binario tre, treno in entrata per sosta lunga.
Il raggio di sole si era spostato su un angolo morto della cucina, il desiderio di raggiungere quell'angolo morto si faceva sempre più grande.
Sirena delle cinque - Cambio turno reparto montatori.
Gli operai che smontavano dal turno di lavoro si dirigevano, in file disordinate, verso casa.
Miriam c'era già da tempo.
Era ora di uscire. Con la sua carrozzina, percorreva i marciapiedi del deposito fino alla serie dei respingenti, dove i vagoni sembravano una fila di cavalli alla pastoia che attendono la porzione di fieno giornaliero. Gli addetti sul percorso la salutavano e mentalmente calcolavano il tempo mancante al loro intervallo, tanto era abitudinaria e precisa Miriam, nelle sue comparse. Il suo giro in carrozza a rotelle terminava, come tutte le sera, alla pensilina dodici, dov'era appostato il vecchio amico Tebaldo, controllore alle manovre dei vari convogli.
- Miriam, stasera hai un'aria più triste del solito, che ti succede?
- Sai che c'è? Sogno ad occhi aperti di andar via da qui, ma tutto il mio possibile viaggio è fare questo breve tragitto per salutare voi.
- Ma dai, non ti disperare così, vedrai che una soluzione la troviamo per farti sorridere. Fai così, vieni alla corsia otto domani alle undici, ci saremo io e Valerio, dobbiamo consegnare un locomotore nuovo alla stazione di Grosseto e ritirarne un altro da revisionare, se ti va ti portiamo con noi.
- Certo che mi va, ma come fai a giustificare la mia presenza?
- Non ti preoccupare, ti scendiamo al passaggio a livello prima della stazione di Grosseto. Ci aspetti la per poco tempo e ti facciamo salire al ritorno sull’altro locomotore. Se per te va bene chiedo l'autorizzazione alle due soste, per motivi tecnici.
- Per me sarebbe fantastico, ma sicuro che non creo problemi a voi con la direzione?
- Nessun problema, stai tranquilla Miriam, ricorda domani alle 11, ciao.
- Ciao, Teb.
Finalmente una notte dove i sogni erano preda delle speranze e delle aspettative, finalmente gli incubi chiusi fuori dalla porta non riuscirono ad entrare, finalmente le labbra dischiuse a mostrare un lieve sorriso.
Tre fischi lunghi, uno corto tre lunghi. - Inizio turno ore nove.
Miriam stava preparando la colazione con un impegno che non ricordava da tempo e mentalmente faceva l’inventario di ciò che doveva portare con se per il lungo viaggio che l'aspettava.
Percorse i soliti marciapiedi spingendo la carrozzina con nuova foga, nel corpo e una voglia insaziabile di immagini sconosciute, nella mente. Molti operai che incontrava si affrettavano a guardare l’orologio. Il locomotore fischiò tre volte per annunciare la partenza verso Grosseto, con il suo carico di Miriam e di felicità. Il film della vita iniziò a scorrere davanti agli occhi della donna, ogni particolare, insignificante per gli altri, rappresentava per lei un gradino scalato verso la realizzazione del suo sogno di conoscenza. I campi lavorati per la semina, le distese di olivi in fila, che sembravano un esercito di soldati.
- Hei Miriam, sei senza parole oggi?
- Non ho tempo per parlare e vedere il paesaggio. Devo fermare le immagini nella memoria, per poter ricordare bene ciò che vedo.
- Bene allora guarda sulla destra e vedrai dei grandi allevamenti di cavalli.
Miriam si voltò d'istinto e quando vide le sagome dei cavalli che le correvano a poca distanza, si perse, nelle evoluzioni dei crini al vento. Un momento d'amore mai assopito si risvegliò, un attimo di piacere corse nelle vene, una sensazione fisica di unione e complementarietà con il cavallo, la dimenticata percezione di integralità corporale.
Non era più Miriam, l’invalida, era la giovane amazzone pronta a salire in groppa al suo purosangue Metello.
Strinse forte i braccioli della carrozzina e si sollevò sulle fantomatiche gambe.
La sua mente aveva cancellato ogni ricordo degli ultimi dieci anni, era di nuovo pronta ad allenarsi per una nuova corsa equestre.
Ma la realtà non si cancella. Cadde rovinosamente tra leve e comandi della motrice in corsa, sbattendo violentemente la testa. Tebaldo capì immediatamente la gravità della situazione, fece fermare il locomotore su di un binario morto alla prima stazione merci e cercò nel frattempo di prestare i primi soccorsi a Miriam.
Il volto di lei, nonostante tutto, continuava a sorridere e la sua mente approfittava degli ultimi attimi di vita per rendere reale la sensazione e l'emozione di un ultima inebriante galoppata.
Un raggio di sole, disperso tra i rottami, rifrangeva la’, su di uno specchio rotto, e quasi per magia si posava sulla guancia di Miriam. Un omaggio della natura, un fievole bacio a consolare l'insensato destino di un'anima al vento.
Triplo suono - Cambio macchinista vettura 1145.
Doppia sirena - Mensa aperta.
Il vento soffiava forte sui vetri. Ancora ricordi a fargli compagnia. Le scogliere, a Castelsonnino, la mamma con la ghiacciaia piena di cose buone, il papà con la maschera e le pinne, che fa finta di guardare il fondale ma invece guarda le donne. Lei ancora piccola, che gioca con la navetta spaziale attaccata al paracadute ed ai suoi sogni di viaggi planetari. L'elastico lancia in aria la navetta che sale e sale, poi si ferma un attimo prima di ridiscendere, il paracadute non si apre e la navetta cade in acqua e scompare, come la barca dei suoi genitori, scomparsa nella tempesta quando lei era diventata finalmente maggiorenne, si era diplomata e riusciva a conviver alla meno peggio con il suo handicap sulla carrozzina ultra lusso che suoi padre le aveva comprato. Fosse morta anche lei, fosse esplosa in mille luci disperse nell’universo.
Un suono lungo - Sgombrare il binario tre, treno in entrata per sosta lunga.
Il raggio di sole si era spostato su un angolo morto della cucina, il desiderio di raggiungere quell'angolo morto si faceva sempre più grande.
Sirena delle cinque - Cambio turno reparto montatori.
Gli operai che smontavano dal turno di lavoro si dirigevano, in file disordinate, verso casa.
Miriam c'era già da tempo.
Era ora di uscire. Con la sua carrozzina, percorreva i marciapiedi del deposito fino alla serie dei respingenti, dove i vagoni sembravano una fila di cavalli alla pastoia che attendono la porzione di fieno giornaliero. Gli addetti sul percorso la salutavano e mentalmente calcolavano il tempo mancante al loro intervallo, tanto era abitudinaria e precisa Miriam, nelle sue comparse. Il suo giro in carrozza a rotelle terminava, come tutte le sera, alla pensilina dodici, dov'era appostato il vecchio amico Tebaldo, controllore alle manovre dei vari convogli.
- Miriam, stasera hai un'aria più triste del solito, che ti succede?
- Sai che c'è? Sogno ad occhi aperti di andar via da qui, ma tutto il mio possibile viaggio è fare questo breve tragitto per salutare voi.
- Ma dai, non ti disperare così, vedrai che una soluzione la troviamo per farti sorridere. Fai così, vieni alla corsia otto domani alle undici, ci saremo io e Valerio, dobbiamo consegnare un locomotore nuovo alla stazione di Grosseto e ritirarne un altro da revisionare, se ti va ti portiamo con noi.
- Certo che mi va, ma come fai a giustificare la mia presenza?
- Non ti preoccupare, ti scendiamo al passaggio a livello prima della stazione di Grosseto. Ci aspetti la per poco tempo e ti facciamo salire al ritorno sull’altro locomotore. Se per te va bene chiedo l'autorizzazione alle due soste, per motivi tecnici.
- Per me sarebbe fantastico, ma sicuro che non creo problemi a voi con la direzione?
- Nessun problema, stai tranquilla Miriam, ricorda domani alle 11, ciao.
- Ciao, Teb.
Finalmente una notte dove i sogni erano preda delle speranze e delle aspettative, finalmente gli incubi chiusi fuori dalla porta non riuscirono ad entrare, finalmente le labbra dischiuse a mostrare un lieve sorriso.
Tre fischi lunghi, uno corto tre lunghi. - Inizio turno ore nove.
Miriam stava preparando la colazione con un impegno che non ricordava da tempo e mentalmente faceva l’inventario di ciò che doveva portare con se per il lungo viaggio che l'aspettava.
Percorse i soliti marciapiedi spingendo la carrozzina con nuova foga, nel corpo e una voglia insaziabile di immagini sconosciute, nella mente. Molti operai che incontrava si affrettavano a guardare l’orologio. Il locomotore fischiò tre volte per annunciare la partenza verso Grosseto, con il suo carico di Miriam e di felicità. Il film della vita iniziò a scorrere davanti agli occhi della donna, ogni particolare, insignificante per gli altri, rappresentava per lei un gradino scalato verso la realizzazione del suo sogno di conoscenza. I campi lavorati per la semina, le distese di olivi in fila, che sembravano un esercito di soldati.
- Hei Miriam, sei senza parole oggi?
- Non ho tempo per parlare e vedere il paesaggio. Devo fermare le immagini nella memoria, per poter ricordare bene ciò che vedo.
- Bene allora guarda sulla destra e vedrai dei grandi allevamenti di cavalli.
Miriam si voltò d'istinto e quando vide le sagome dei cavalli che le correvano a poca distanza, si perse, nelle evoluzioni dei crini al vento. Un momento d'amore mai assopito si risvegliò, un attimo di piacere corse nelle vene, una sensazione fisica di unione e complementarietà con il cavallo, la dimenticata percezione di integralità corporale.
Non era più Miriam, l’invalida, era la giovane amazzone pronta a salire in groppa al suo purosangue Metello.
Strinse forte i braccioli della carrozzina e si sollevò sulle fantomatiche gambe.
La sua mente aveva cancellato ogni ricordo degli ultimi dieci anni, era di nuovo pronta ad allenarsi per una nuova corsa equestre.
Ma la realtà non si cancella. Cadde rovinosamente tra leve e comandi della motrice in corsa, sbattendo violentemente la testa. Tebaldo capì immediatamente la gravità della situazione, fece fermare il locomotore su di un binario morto alla prima stazione merci e cercò nel frattempo di prestare i primi soccorsi a Miriam.
Il volto di lei, nonostante tutto, continuava a sorridere e la sua mente approfittava degli ultimi attimi di vita per rendere reale la sensazione e l'emozione di un ultima inebriante galoppata.
Racconto scritto il 05/04/2016 - 18:46
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Commenti
UN IMPATTO ARTISTICO DI PIACEVOLE LETTURA...
IL MIO ELOGIO E LA MIA LIETA GIORNATA
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IL MIO ELOGIO E LA MIA LIETA GIORNATA
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Rocco Michele LETTINI 06/04/2016 - 04:26
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