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Il Vascello Nero

Il marinaio riaprì gli occhi, ma ciò che vide intorno a lui lo portò nel peggiore dei suoi incubi. Cadaveri. Cadaveri ovunque, tutto intorno a lui, dilaniati, con le urla di dolore e sofferenza ancora visibili sui loro corpi; quasi riusciva a sentirne il dolore sulla propria pelle. Si ritrovò da solo, sperduto in mezzo al nulla, con il terrore che QUELLI potessero tornare, con la paura che la nera vela di quella nave appaia all'improvviso all'orizzonte. Così era successo la sera prima, senza preavviso. Navigavano in acque calme, poco trafficate, tutto procedeva tranquillamente, gli uomini a bordo pensavano già a cosa fare una volta toccata terra. Chi avrebbe speso tutti i soldi in qualche taverna, chi per la piacevole compagnia di qualche donzella, chi per provare ad avere una vita più agiata; ma lui, il marinaio, non pensava a nulla di tutto questo. Il suo unico pensiero erano la moglie ed i figli. Non vedeva l'ora di rivederli, di abbracciarli. Mentre tutti erano immersi in questi pensieri, si alzò un vento freddo, gelido; quel tipo di gelo che ti entra dentro, fin alle ossa, che ti immobilizza. Ecco, tutto iniziò così, con questo vento, poi dietro di loro, come sbucata dal nulla la videro. Una immensa nave, almeno il doppio della loro, completamente nera, con grandi vele scure, senza nessun simbolo, che puntava dritto verso di loro. Non avevano idea di chi fossero, né di cosa volessero, ma erano terrorizzati, senza nemmeno sapere il motivo. Tutti si misero alle proprie postazioni, pronti a scappare, pronti a fuggire da qualsiasi cosa quelli volessero. Ma era tutto inutile, sembrava quasi che il mare andasse contro di loro, sembrava quasi che li trascinasse sempre più vicini al vascello nero, come se agisse di volontà propria. Quando ogni possibilità di fuga fu preclusa, l'unica opzione che rimaneva loro era quella di combattere. Decisero così di impugnare le armi e di preparare i cannoni, pronti all'imminente battaglia, ed è lì che si diresse il marinaio. Fu fortunato a non essere sul ponte quando QUELLI assaltarono il ponte, fu fortunato a non fare la fine dei suoi compagni, ne a vedere ciò che era stato fatto loro. Ma anche se non li vedeva, ne poteva sentire le urla, colme di dolore, che gli rimbombavano nelle orecchie..e poi fu il silenzio. Il più roboante silenzio che ci possa essere, un silenzio che urlava morte. Aveva troppa paura per salire, lui come i suoi compagni nella stiva, per cui decisero di far fuoco con qualsiasi cosa potessero, nella speranza di riuscire ad abbattere quella nave, con la speranza di poter tornare a casa. Accesero le micce, e si sentirono una serie di scoppi in successione, una volta terminati salirono, videro che sul ponte non vi erano altro che cadaveri, ma nessun carnefice. Ma la nave era ancora lì, sembrava non aver subito alcun danno e rispose al fuoco. Dopo questo, solo una serie di immagini confuse, fino al risveglio sull'isola. Girovagò per l'isola in cerca di qualche sopravvissuto, ma la sua ricerca fu vana, era solo. Solo e disperso. Guardava i cadaveri, lo fece per giorni, senza cibarsi, senza dormire. Non riusciva a pensare ad altro, ogni altro pensiero era stato rimosso dalla sua testa, finché un giorno, mentre fissava i cadaveri in decomposizione un'idea gli accarezzò la mente. Suicidarsi. Non aveva altro da fare, pensava, non ne se sarebbe mai andato, non aveva altro da fare. E fu a quel punto che un'idea si prese corpo di lui. L'idea della propria famiglia, l'idea che lo stesso destino potesse capitare a sua moglie e ad i suoi figli. L'idea che vengano mutilati ed uccisi, l'idea che venga fatto loro questo, senza che lui provi ad aiutarli. L'idea che li abbandoni, un po come lui aveva abbandonato i suoi compagni. Allo scorgere di questa idea si girò, come se si sentisse osservato e la vide. Vide il vascello nero veleggiare oltre l'isola, diretto verso la sua terra. Per il terrore rimase pietrificato, strizzò gli occhi, e quando li riaprì non vide nulla. Nessuna nave. Pensò di averlo immaginato, ma pensandoci, era molto probabile che il vascello fosse diretto lì, era probabile che stesse per andare ad uccidere la sua famiglia. Doveva fare qualcosa. Doveva salvarli. Doveva trovare un modo per andarsene da quell'isola e tornare a casa, ma l'unica cosa che vedeva intorno a se erano i cadaveri gonfi dei suoi compagni...
(Questo mio racconto prende spunto dalla metanarrazione presenta nella graphic novel Watchman. In particolare questa è una mia versione di quello che accade prima dei fatti esposti in quest'ultima.)



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Racconto scritto il 29/04/2016 - 02:20
Da Robert Allen Zimmerman
Letta n.1153 volte.
Voto:
su 1 votanti


Commenti


Narrazione che scorre fluida, come la desolazione in cui sprofonda il sopravvissuto privato di ideali e di quelle basi che sono il fulcro del suo credere, credere minato e distrutto da questo vascello nero, invisibile, inattaccabile ma che grava e incombe con il suo peso e con le sue armi.
Trascendente dall'essere narrazione epica, volge il dito verso la rivalsa dell'io.
Interessantissimo racconto, ci vedrei bene come colonna sonora il brano:
" Tangled up in blue", 5* per me

G.C. Gravili 29/04/2016 - 12:42

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