Era proprio bello, di un giallo luminoso. Una specie di croco con quattro petali oblunghi, disposti a formare un calice da cui emergevano lunghi stami violacei che sembravano antenne. Lo stelo appariva come un flessibile, delicato tubicino di plastica, ed era trasparente.
Nel tenerlo in mano, la piccola Cecilia faceva fatica a mantenerlo eretto. Il calice, infatti, tendeva a reclinarsi come il capo di un moribondo.
- Vado a metterlo in camera mia - dichiarò la bimba.
La mamma le dedicò un tenero sorriso e tornò al suo lavoro.
Era sabato mattina, una bella giornata di fine settembre, e lei doveva fare le pulizie settimanali. Il tempo era particolarmente bello. Non si vedevano ancora i colori dell'autunno; la vegetazione, anche se snervata dai calori estivi, manteneva tutto il suo aspetto rigoglioso.
La vecchia e graziosa casa ristrutturata, con il giardinetto raccolto, era adagiata sulle colline toscane, tra cipressi e uliveti dagli argentei riverberi.
La mamma di Cecilia dimenticò per un paio d'ore la bambina. Sapeva che se ne stava in camera, immersa in un mondo tutto suo, tra i suoi giocattoli, i suoi libri illustrati e il piccolo computer che le permetteva di allargare gli orizzonti della fantasia. La mamma a volte si dimostrava un po' preoccupata per quella tendenza all'evasione solitaria, ma suo marito la tranquillizzava, dicendo che Cecilia sarebbe diventata una pittrice, una poetessa o magari una regista cinematografica.
Quando, verso mezzogiorno, lui arrivò, teneva in mano un fiore giallo.
- Hai mai visto qualcosa di tanto strano? - domandò, porgendolo alla moglie.
Era un croco dallo stelo trasparente, come quello che aveva raccolto Cecilia.
L'uomo lo lasciò cadere sul tavolino del salotto e si tolse la giacca. - Ne è pieno là fuori.
- Dove?
- Intorno al cancelletto e nell'aiuola dei tulipani. Ma mi sembra di averne visto anche lungo i bordi della strada.
- Cecilia ne ha raccolto uno, questa mattina.
Come se le parole della donna fossero state un richiamo, Cecilia comparve in cima alla scala.
- Mamma, papà - disse con voce triste - il mio bel fiore è morto.
Il fiore di Cecilia non si era limitato ad appassire. Si era trasformato in un orrendo grumo di fibre vegetali. I quattro petali erano raggrinziti e avevano assunto un colore grigiastro, lo stelo si era avvolto su se stesso e aveva perso tutta la sua trasparenza.
- Ma fuori ce ne sono tanti altri - cercò di consolarla il padre.
A metà pomeriggio tutti, nella contrada, parlavano dello strano fiore.
Spuntava ovunque.
Formava macchie di un giallo brillante. I calici ondeggiavano dolcemente sugli steli trasparenti, anche negli angoli più riparati, dove non soffiava il minimo alito di brezza.
La casa vicina a quella di Cecilia sembrava ora completamente adagiata su un giallo tappeto.
La gente si affacciava ai balconi, discuteva, mormorava. Qualcuno, armato di bastone andava qua e là calpestando i fiori, cercando di decapitarli con rabbiosi fendenti. Ma ovunque questi rispuntavano a vista d'occhio.
Poi si cominciò a sentire lo strano profumo.
Era gradevole ma non assomigliava a qualcosa che venisse dal mondo vegetale conosciuto. La sua intensità cresceva molto lentamente e non era proporzionata alla quantità della gialla fioritura.
- È uno spettacolo incredibile! - esclamò Cecilia, il naso premuto contro il vetro della finestra serrata.
Il crinale della collina di fronte era venato di un giallo vivido, reso ancora più splendente dai riflessi del sole calante.
Mamma e papà erano preoccupati per ciò che stava avvenendo là fuori. Avevano chiuso tutte le imposte, allarmati da quell’odore delicato ma innaturale. Papà aveva commentato che forse si trattava di una specie di scompenso ecologico, un fenomeno dovuto all'inquinamento.
- Prima o poi doveva capitare - disse. - Vedi, Cecilia, la natura si sta ribellando.
- Ma in che modo? - fece la bambina. - Regalandoci questo bel fiore giallo che ha un buon profumo?
La mamma era inquieta. Continuava a fare telefonate e a riceverne. Tutte avevano a che fare con l'incredibile fenomeno che stava davanti agli occhi di tutti.
Quella sera ne parlarono al telegiornale.
La mattina dopo, Cecilia si svegliò in una cameretta rischiarata da una calda luce giallastra. I raggi del sole esaltavano il colore dei fiori che ricoprivano come un'insolita nevicata ogni angolo del paesaggio. Crescevano anche nelle crepe dell'asfalto e del cemento.
Aprì la finestra e fu colpita dal dolce profumo. Era diventato intenso e quasi toglieva il respiro.
Richiuse le imposte perché le era venuto una specie di capogiro. Poi andò nella camera dei suoi genitori.
Erano seduti con la schiena contro la spalliera del letto e si tenevano vicini l'uno all'altra. Guardavano oltre la tapparella sollevata a metà.
- I fiori hanno invaso tutto - annunciò Cecilia.
- Non aprire le finestre - la avvertì la mamma, con una sfumatura d'isteria nella voce.
- Lo so - fece Cecilia - il profumo è diventato molto intenso e toglie il respiro.
Papà, intanto, aveva cominciato ad armeggiare con la radio sveglia.
Si sentivano fischi e raschi d'ogni genere. Le stazioni sembravano tutte disturbate.
Improvvisamente una voce, un frammento di notizia.
"....ne è stato individuato un altro, ad est di Parma. Si tratta di un immenso fiore dai petali gialli, oblunghi, sorretti da uno stelo trasparente. Potrebbe essere alto almeno duecento metri ed emana non un profumo ma delle radiazioni visibili ad occhio nudo. Anche in quella località non si hanno notizie della popolazione residente. Invece sono segnalate colonne di persone che stanno convergendo, a piedi, verso l'immenso fiore giallo. Camminano come se fossero automi Probabilmente anche là..."
La voce si interruppe bruscamente.
- Che sta succedendo? - gemette la mamma allungando le braccia verso Cecilia.
Cecilia si sottrasse all’abbraccio.
Andò, invece, alla finestra.
Alcune persone procedevano lungo la strada, tutte nella stessa direzione. C'era qualcosa, nel loro camminare, che non aveva nulla di normale. Cecilia ricordò il modo di procedere di quelle creature morte che mangiavano la carne dei viventi. Le aveva viste in un frammento di film alla tivù e ne era rimasta terrorizzata.
Ebbe un sussulto.
Suo padre era dietro di lei e mise le mani sulla maniglia, per impedirle di aprire la finestra.
La mamma, sul letto, cominciò a singhiozzare.
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Certo i gusti sono gusti, ci mancherebbe. Prometto un raccontino leggero, anche se ne ho già postati, di questa natura, sul sito.
Io non sono un tipo tenebroso, tutt'altro. Ma la mia poetica (uso questa parolona grossa con un po' di civetteria) comprende quasi sempre il misterioso e, a volte, anche l'horror e il fantascientifico. Ma spesso ci metto anche un pizzico di ironia.
il racconto è scritto con la solita bravura ed anche sagacia, però avrei un appunto da fare. Tra tante allucinazioni, zombi e compagnia bella, una volta tanto un pò di buon umore no? Un raccontino sul leggero ad evitare incubi e paturnie. Già siamo messi male, ci manca solo l'elegia dell'autodistruzione. Naturalmente ognuno è libero di esercitare come meglio crede la propria fantasia. Io ho espresso solo un desiderio: un bel racconto allegro e gioioso con il valore aggiunto della sua abilità descrittiva. Mi scuso di aver esternato un mio bisogno. Grazie