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LA CITTÀ CHE DORME

In macchina, come tante altre volte percorreva quelle strade che tanto conosceva bene e dalle quali si sentiva sempre più lontano. Ogni anno si ritrovava per quei luoghi e come ogni anno era di passaggio.
Le strade d'ingresso al paese erano vent'anni che non gli interessavano più, quelle campagne e quelle viuzze strette erano solo assolate o nebbiose giornate d'infanzia, in una vita senza sbocchi che si era lasciato alle spalle. Eppure per istinto fermò l'auto. Non sapeva neanche il perché di quell'improvviso e brusco gesto. Forse nostalgia, ma poteva un uomo come lui, spietato negli affari, sicuro e con una solida posizione, avere nostalgia di quattro casupole dal tetto scosceso e di pochi abitanti, che già nei suoi ricordi erano vecchi? Vecchi come i muri di pietra e le strade, come gli alberi e come le abitudini, come le speranze che non portavano da nessuna parte. Forse era solo per curiosità, curiosità per quei vent'anni che si era perso, ma li aveva poi persi per davvero? Scese e cominciò a camminare piano, a passo lento, lì non si poteva fare altro, anche l'acqua del fiume correva lenta, tanto che pareva perennemente immobile, quasi fosse disegnata e forse quel posto, rifletteva, man mano che i suoi passi percorrevano i viali della sua infanzia, era disegnato per davvero. In quel primo pomeriggio di una domenica di maggio, era tutto esattamente come ricordava, gli odori, quelli della campagna che si mescolavano ai cibi, i panni stesi sulle terrazze lievemente mossi da un vento che tirava a tratti, il rumore delle posate che giungeva smorzato dalle finestre aperte, ma per il resto tutto era silente. Si immise tra gli alberi, lì la sensazione d'irrealtà aumentava ancora. Si concesse il lusso di andare indietro. Sedette ai piedi di una grande quercia e chiuse gli occhi. Cominciò così il suo viaggio più lungo: quello nei ricordi. Si rivide bambino, in casa a pochi anni, quando cercava di afferrare tutti gli oggetti che trovava per capire cos'erano e a che servissero e poi più grande correre per le piazze e le vie del paese, coi suoi amici, risentì le voci che urlavano e che ridevano, rivide le facce dei vecchi seduti al bar che cercavano di indurli al silenzio. Rivisse gli anni delle superiori, gli anni del suo primo amore. Poi riaprì gli occhi e la rivide, in lontananza ad un balcone, bella come ricordava e legata a quei luoghi così come lui ne era distante. Già, in fin dei conti tutto aveva un senso, sorrise tra sé e ritornò verso la macchina, aveva fatto bene a fermarsi, era giusto ricordare, era giusto chiudere le questioni in sospeso. Gli aveva fatto piacere rivivere un pezzo della sua vita, ma ogni cosa aveva un tempo e ora era il tempo di tornare alla sua vita attuale e al suo nuovo amore, certo non era così facile come poteva sembrare, nulla era davvero facile nella vita e così come non era stato facile ripercorrere i ricordi ora non era facile tornare alla realtà. Chiuse gli occhi e lasciò che il vento gli scompigliasse appena i capelli, ornai era arrivato alla macchina. Salì e mise in moto, era più sereno e più fiducioso nel suo futuro, ora sapeva di aver chiuso un cerchio, ora sapeva di non appartenere più a quei luoghi, ma sapeva ancora più certamente di esservi appartenuto e se era diventato l'uomo che era lo doveva anche a quello. Si aveva fatto bene a fermarsi, perché così aveva finalmente capito di aver fatto la scelta giusta, e mentre l'auto mangiava l'asfalto si rese conto di essere lontano da quei luoghi, ma non da sé stesso, era quello l'anello mancante, il peso che per vent'anni aveva portato dentro, ormai si era dissolto perché finalmente aveva capito di non aver perso nulla del ragazzo che era stato, anzi gli somigliava ancora. Sorrise, per la prima volta si sentiva leggero e senza pensieri, ora poteva davvero guardare al futuro.



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Racconto scritto il 12/06/2016 - 10:38
Da Marirosa Tomaselli
Letta n.1085 volte.
Voto:
su 3 votanti


Commenti


Cara Marirosa, stupendo e intenso, il protagonista si lascia travolgere dalle sensazioni e da tutto ciò che riguarda il suo passato, per ritrovare serenità per il presente e guardare il futuro.
Tra le tante cose hai creato una prosa che sa anche di poesia e si deduce dalla mirabile descrizione delle ambientazioni e delle percezioni (e sensazioni come già detto poc'anzi) che hanno assorbito completamente l'uomo. Hai fatto un buon lavoro di scrittura...come sempre! Buonanotte! Baci!

Giuseppe Scilipoti 11/01/2017 - 01:17

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Belle descrizioni, riflessioni e sensazioni comuni che mi ritrovo tra la mente molto spesso, attratti da un qualcosa che fa accendere la classica lampada. Sono i pensieri della libertà e degli anni verdi che ti aiutano a continuare lungo il percorso della tua vita. Piaciutissimo. 5*

salvo bonafè 12/06/2016 - 23:37

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Un bellissimo racconto in cui con fine psicologia fai attraversare al tuo personaggio, che rappresenta l'uomo, il suo passato per arrivare alla profonda conclusione che noi siamo quello che siamo grazie al nostro passato. Qualche giorno fa dissi ad un amico che noi siamo il risultato delle nostre scelte, dei nostri sbagli, dei nostri sogni, nulla si perde
buona serata e brava
Nadia
5*

Nadia Sonzini 12/06/2016 - 18:30

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