Osservo le mie unghie corte e senza smalto: inutili alla difesa quanto alla seduzione.
Le mie dita continuano a correre veloci sui tasti del computer scandendo con il loro ticchettio le mie ore di lavoro.
Un lavoro di concetto, si dice, in definitiva un altro lavoro che impegna la mente in modo da non dover pensare.
Mi devo dipingere le unghie di viola, penso. Con dei brillantini.
Ancora quelle tre cartelle da riordinare e per oggi ho finito.
Non c’è nessuno: sono tutti in pausa pranzo.
Solo il rumore sordo del computer mi distrae da me stessa.
Mi ricordo che nella borsa ho un gratta e vinci: l’ultimo e poi smetto. Non ho certo soldi da buttare.
…Quando l’ho conosciuto mi sembrava così affascinante, con quell’aria vissuta da pescatore, la barba incolta e la pelle d’ebano. Mi ha detto “perché non apriamo una pescheria?” così si sarebbe finalmente fermato. Vicino a me. “firma tu il prestito che dai più garanzie”. Mi sembrava normale, glielo dovevo. Si sarebbe fermato per me. La sosta durò sei mesi e poi lui riprese il largo lasciandomi sola con i debiti e le cambiali.
Ogni tanto torna a salutarmi nel fine settimana. Ed io ogni volta spero sia per sempre. Se la prossima uscita in mare va bene ti porterò un bel po’ di soldi e ci sistemiamo. Ma il mare non è più quello di una volta, è avaro di pesci: così mi dice ogni volta da due anni a questa parte. Io, in fondo, gli credo e spero che le cose cambino. Intanto non so cosa mangiare fino al prossimo stipendio….
Gratto con una moneta da 20 cent: XXX .
Manca solo l’ultima casella: X
Sento i nervi tendersi. Mi metto gli occhiali e controllo di nuovo: XXXX
Mi guardo intorno: nessuno. Con le mani tremanti infilo il gratta e vinci nella borsa e aspetto la fine del mio turno di lavoro.
Ancora 10 minuti.
Timbro il cartellino ed esco rilasciando, finalmente, il respiro. Mi incammino verso il centro: forse camminare fra le luci e la gente mi aiuterà a distendere i nervi.
Il suono del cellulare mi ridesta dai miei pensieri. Non faccio in tempo a rispondere. E’ lui. Ora lo richiamo. Il bip del messaggio mi avvisa che non serve: “arrivo sabato. Baci”.
Non so cosa fare: dirglielo o no?
La nostra vita potrebbe cambiare, potremmo stare di nuovo insieme, avere dei figli, una casa nostra.
Le luci di una vetrina del centro attirano la mia attenzione. Un vestito color avorio impreziosito da un girocollo in madreperla sembra chiamarmi.
Non ho mai amato lo shopping, forse perché non ne ho mai avuto i mezzi, ma adesso al mio conto in banca nessuna porta verrà più chiusa in faccia.
Decido che oltre al vestito ho bisogno anche di un look nuovo: un taglio di capelli alla francese e delle unghie colorate magari di lilla con dei brillantini per decorazione.
Mi sento leggera come non mi sono mai sentita in vita mia.
Chissà cosa penserà quando mi vedrà: si innamorerà di nuovo e vivremo insieme e felici, come nelle favole.
Una giornata a fare compere e a truccarsi può essere faticosa: stremata mi distendo sul mio letto matrimoniale quasi sempre vuoto.
Intravedo il mio volto riflesso nella specchiera appesa all’armadio. Chi è quella donna che mi guarda attraverso i miei occhi?
Sembro ringiovanita di 10 anni e un sorriso che non mi riconoscevo più dopo infinite giornate di stenti si stende sul mio volto.
Una nuova energia sembra animare il mio corpo. Mi alzo quasi senza pensare e dall’ultimo scaffale dell’armadio prendo una valigia, infilo qualche abito e qualche libro e mi richiudo la porta alle spalle.
Questa volta sarò io a prendere la via del mare.
Lascio la zavorra del mio passato a terra e parto il più lontano possibile da te, uomo, che mi hai incatenato con le tue promesse a una vita che non mi rispecchia.
Non di sole rinunce è fatta la vita, ma di progetti e di speranze.
Invece che la via del mare ho scelto la via dell’aria: dopo aver riscosso la mia vincita, mi sono recata in un’agenzia e dopo una breve riflessione ho prenotato un volo di sola andata per Parigi.
Ho sempre sognato di vivere a Parigi, di osservare il mondo dai suoi café, di passeggiare fra le sue vie su fino alla collina di Montmartre e alla famosa Place du Tertre dove artisti del mondo intero si incrociano e si osservano.
Ho sempre amato dipingere, mescolare i colori per creare nuove tonalità, sporcarmi le mani e i vestiti. Ero diventata troppo seria e l’avevo dimenticato, come si dimenticano i giochi dell’infanzia.
Il cielo era grigio quel giorno, ma la piazza del quartiere era piena del colore dei quadri esposti per la premiazione del concorso. Seduta fra i miei genitori mi tremavano le gambe e le mani per l’emozione dell’attesa. Finalmente i giudici elencano i quadri premiati e senza rendermene conto vengo spinta sul palco assieme agli altri vincitori. Avevo dipinto i miei fiori preferiti, i girasoli. Ed erano piaciuti, il mio quadro era stato apprezzato.
Un giorno ho chiuso i miei pennelli e i miei colori nell’armadio e non li ho più ripresi. Li ho dimenticati fra il lavoro, le faccende domestiche e gli obblighi sociali. In fondo, non è bene perdere tempo in simili sciocchezze.
Mi sistemo in un albergo nel quartiere di Montparnasse, un angolo tranquillo ma centrale di Parigi. Qualche anno fa c’era stata una mia collega e me l’aveva consigliato: se mai andrai a Parigi lì starai benissimo. Il personale è cortese e in poche stazioni del metro sarai in centro. Quando mai, avevo pensato con rammarico.
La camera non è molto grande ed ha la moquette di color rosso rubino proprio come nelle foto che allora avevo guardato con invidia, ma la stanza è pulita e la vista dal 6° piano è mozzafiato: i tetti di Parigi si stendono dinnanzi a me come tante promesse fino alla Tour de Montparnasse nella sua imponenza.
Dopo aver dormito come non facevo da anni decido di uscire. La giornata è calda nonostante sia quasi la fine di ottobre.
A pochi passi dall’albergo c’è l’entrata del metro. Mi infilo giù fra le scale nel ventre moderno di Parigi e corro via verso boulevard Saint Michel. Il cuore mi batte forte dall’emozione. Non ci credo di essere io ad aver fatto questo. Mi fermo un attimo davanti ad un negozio e mi specchio sovrappensiero nella vetrina….
Signora, ha bisogno di qualcosa?
Quella voce mi desta all’improvviso dai miei pensieri e riflessa nello specchio del negozio vedo la stessa immagine di sempre, gli stessi vestiti, le stesse illusioni.
No, grazie, ed esco diretta verso casa.
Per un solo numero anche stavolta ho perso. Forse la prossima andrà meglio.
Passeggiare in centro non ha calmato la mia ansia.
Un altro sogno ad occhi aperti, penso. Oramai non faccio altro.
Lo stipendio mi è appena arrivato ieri, potrei partire sul serio. Ho degli amici in Brasile. Un lavoro come cameriera non dovrei far fatica a trovarlo. Ma non voglio scappare. Sabato lui arriverà e troverà la porta chiusa e una convocazione del mio avvocato. Basta illusioni. Se ne deve andare e prendersi le sue responsabilità.
Smetterò di pagare, tanto non ho niente al di fuori di me stessa. Sono in affitto e da un pezzo non ho più nemmeno l’auto. Cosa vuoi che mi prendano.
Camminando sotto i portici riflettevo sul significato del mio ennesimo sogno. Forse è arrivato il momento di togliermi la maschera della serietà e di riaprire quell’armadio dove avevo lasciato i miei colori. A volte nei sogni si è più svegli che nella realtà. Forse a Parigi non andrò mai e nemmeno in Brasile, ma la mia mente può viaggiare più veloce di un aereo e la mia mano può ritrarre i miei desideri, i miei progetti e le mie speranze.
Mi specchio nuovamente, questa volta in una vetrina di colori e pennelli: la donna che vedo non è molto diversa da prima, le mie unghie sono ancora corte e insignificanti, ma i miei occhi hanno una luce nuova e finalmente un sorriso distende il mio volto.
Getto il gratta e vinci nel primo cestino che trovo: non ne ho più bisogno. Ora so nuovamente sognare da sola.
Le mie dita continuano a correre veloci sui tasti del computer scandendo con il loro ticchettio le mie ore di lavoro.
Un lavoro di concetto, si dice, in definitiva un altro lavoro che impegna la mente in modo da non dover pensare.
Mi devo dipingere le unghie di viola, penso. Con dei brillantini.
Ancora quelle tre cartelle da riordinare e per oggi ho finito.
Non c’è nessuno: sono tutti in pausa pranzo.
Solo il rumore sordo del computer mi distrae da me stessa.
Mi ricordo che nella borsa ho un gratta e vinci: l’ultimo e poi smetto. Non ho certo soldi da buttare.
…Quando l’ho conosciuto mi sembrava così affascinante, con quell’aria vissuta da pescatore, la barba incolta e la pelle d’ebano. Mi ha detto “perché non apriamo una pescheria?” così si sarebbe finalmente fermato. Vicino a me. “firma tu il prestito che dai più garanzie”. Mi sembrava normale, glielo dovevo. Si sarebbe fermato per me. La sosta durò sei mesi e poi lui riprese il largo lasciandomi sola con i debiti e le cambiali.
Ogni tanto torna a salutarmi nel fine settimana. Ed io ogni volta spero sia per sempre. Se la prossima uscita in mare va bene ti porterò un bel po’ di soldi e ci sistemiamo. Ma il mare non è più quello di una volta, è avaro di pesci: così mi dice ogni volta da due anni a questa parte. Io, in fondo, gli credo e spero che le cose cambino. Intanto non so cosa mangiare fino al prossimo stipendio….
Gratto con una moneta da 20 cent: XXX .
Manca solo l’ultima casella: X
Sento i nervi tendersi. Mi metto gli occhiali e controllo di nuovo: XXXX
Mi guardo intorno: nessuno. Con le mani tremanti infilo il gratta e vinci nella borsa e aspetto la fine del mio turno di lavoro.
Ancora 10 minuti.
Timbro il cartellino ed esco rilasciando, finalmente, il respiro. Mi incammino verso il centro: forse camminare fra le luci e la gente mi aiuterà a distendere i nervi.
Il suono del cellulare mi ridesta dai miei pensieri. Non faccio in tempo a rispondere. E’ lui. Ora lo richiamo. Il bip del messaggio mi avvisa che non serve: “arrivo sabato. Baci”.
Non so cosa fare: dirglielo o no?
La nostra vita potrebbe cambiare, potremmo stare di nuovo insieme, avere dei figli, una casa nostra.
Le luci di una vetrina del centro attirano la mia attenzione. Un vestito color avorio impreziosito da un girocollo in madreperla sembra chiamarmi.
Non ho mai amato lo shopping, forse perché non ne ho mai avuto i mezzi, ma adesso al mio conto in banca nessuna porta verrà più chiusa in faccia.
Decido che oltre al vestito ho bisogno anche di un look nuovo: un taglio di capelli alla francese e delle unghie colorate magari di lilla con dei brillantini per decorazione.
Mi sento leggera come non mi sono mai sentita in vita mia.
Chissà cosa penserà quando mi vedrà: si innamorerà di nuovo e vivremo insieme e felici, come nelle favole.
Una giornata a fare compere e a truccarsi può essere faticosa: stremata mi distendo sul mio letto matrimoniale quasi sempre vuoto.
Intravedo il mio volto riflesso nella specchiera appesa all’armadio. Chi è quella donna che mi guarda attraverso i miei occhi?
Sembro ringiovanita di 10 anni e un sorriso che non mi riconoscevo più dopo infinite giornate di stenti si stende sul mio volto.
Una nuova energia sembra animare il mio corpo. Mi alzo quasi senza pensare e dall’ultimo scaffale dell’armadio prendo una valigia, infilo qualche abito e qualche libro e mi richiudo la porta alle spalle.
Questa volta sarò io a prendere la via del mare.
Lascio la zavorra del mio passato a terra e parto il più lontano possibile da te, uomo, che mi hai incatenato con le tue promesse a una vita che non mi rispecchia.
Non di sole rinunce è fatta la vita, ma di progetti e di speranze.
Invece che la via del mare ho scelto la via dell’aria: dopo aver riscosso la mia vincita, mi sono recata in un’agenzia e dopo una breve riflessione ho prenotato un volo di sola andata per Parigi.
Ho sempre sognato di vivere a Parigi, di osservare il mondo dai suoi café, di passeggiare fra le sue vie su fino alla collina di Montmartre e alla famosa Place du Tertre dove artisti del mondo intero si incrociano e si osservano.
Ho sempre amato dipingere, mescolare i colori per creare nuove tonalità, sporcarmi le mani e i vestiti. Ero diventata troppo seria e l’avevo dimenticato, come si dimenticano i giochi dell’infanzia.
Il cielo era grigio quel giorno, ma la piazza del quartiere era piena del colore dei quadri esposti per la premiazione del concorso. Seduta fra i miei genitori mi tremavano le gambe e le mani per l’emozione dell’attesa. Finalmente i giudici elencano i quadri premiati e senza rendermene conto vengo spinta sul palco assieme agli altri vincitori. Avevo dipinto i miei fiori preferiti, i girasoli. Ed erano piaciuti, il mio quadro era stato apprezzato.
Un giorno ho chiuso i miei pennelli e i miei colori nell’armadio e non li ho più ripresi. Li ho dimenticati fra il lavoro, le faccende domestiche e gli obblighi sociali. In fondo, non è bene perdere tempo in simili sciocchezze.
Mi sistemo in un albergo nel quartiere di Montparnasse, un angolo tranquillo ma centrale di Parigi. Qualche anno fa c’era stata una mia collega e me l’aveva consigliato: se mai andrai a Parigi lì starai benissimo. Il personale è cortese e in poche stazioni del metro sarai in centro. Quando mai, avevo pensato con rammarico.
La camera non è molto grande ed ha la moquette di color rosso rubino proprio come nelle foto che allora avevo guardato con invidia, ma la stanza è pulita e la vista dal 6° piano è mozzafiato: i tetti di Parigi si stendono dinnanzi a me come tante promesse fino alla Tour de Montparnasse nella sua imponenza.
Dopo aver dormito come non facevo da anni decido di uscire. La giornata è calda nonostante sia quasi la fine di ottobre.
A pochi passi dall’albergo c’è l’entrata del metro. Mi infilo giù fra le scale nel ventre moderno di Parigi e corro via verso boulevard Saint Michel. Il cuore mi batte forte dall’emozione. Non ci credo di essere io ad aver fatto questo. Mi fermo un attimo davanti ad un negozio e mi specchio sovrappensiero nella vetrina….
Signora, ha bisogno di qualcosa?
Quella voce mi desta all’improvviso dai miei pensieri e riflessa nello specchio del negozio vedo la stessa immagine di sempre, gli stessi vestiti, le stesse illusioni.
No, grazie, ed esco diretta verso casa.
Per un solo numero anche stavolta ho perso. Forse la prossima andrà meglio.
Passeggiare in centro non ha calmato la mia ansia.
Un altro sogno ad occhi aperti, penso. Oramai non faccio altro.
Lo stipendio mi è appena arrivato ieri, potrei partire sul serio. Ho degli amici in Brasile. Un lavoro come cameriera non dovrei far fatica a trovarlo. Ma non voglio scappare. Sabato lui arriverà e troverà la porta chiusa e una convocazione del mio avvocato. Basta illusioni. Se ne deve andare e prendersi le sue responsabilità.
Smetterò di pagare, tanto non ho niente al di fuori di me stessa. Sono in affitto e da un pezzo non ho più nemmeno l’auto. Cosa vuoi che mi prendano.
Camminando sotto i portici riflettevo sul significato del mio ennesimo sogno. Forse è arrivato il momento di togliermi la maschera della serietà e di riaprire quell’armadio dove avevo lasciato i miei colori. A volte nei sogni si è più svegli che nella realtà. Forse a Parigi non andrò mai e nemmeno in Brasile, ma la mia mente può viaggiare più veloce di un aereo e la mia mano può ritrarre i miei desideri, i miei progetti e le mie speranze.
Mi specchio nuovamente, questa volta in una vetrina di colori e pennelli: la donna che vedo non è molto diversa da prima, le mie unghie sono ancora corte e insignificanti, ma i miei occhi hanno una luce nuova e finalmente un sorriso distende il mio volto.
Getto il gratta e vinci nel primo cestino che trovo: non ne ho più bisogno. Ora so nuovamente sognare da sola.
Racconto scritto il 20/06/2016 - 21:25
Da Cristina T
Letta n.1263 volte.
Voto: | su 3 votanti |
Commenti
complimenti, hai toccato molte fasi della vita di ognuno di noi, amore, speranza, rinunce, libertà, vizi, con la speranza di trovar se stessi in piena libertà.
Antonio D'Aprea 29/06/2018 - 08:38
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Cristina,il tuo è un bellissimo racconto,mancavo dal sito da un po' ritorno e tra le altre opere lette,mi sono imbattuta in questo tuo splendido racconto,scorrevole ed avvincente ... che bello riprendere le redini della propria vita e lasciare libero sfogo alla creatività che si ha dentro ... i miei complimenti per il tuo bel talento!
Carla Davì 30/06/2016 - 17:51
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Vi ringrazio dei commenti incoraggianti
Cristina T 22/06/2016 - 14:12
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Ottimo brano, composto con equilibrio e una soave e leggera ironia, il risultato è una leggibilità facilitata. Complimenti e saluti.
Luciano Bellesso 21/06/2016 - 14:15
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::Dimenticavo, benvenuta in Oggi scrivo e...continua a scrivere...
patrizia brogi 21/06/2016 - 11:13
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Bellissimo racconto,molto coinvolgente e con un bel finale!! Brava davvero!!
patrizia brogi 21/06/2016 - 11:12
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