La terra ha già asciugato il loro sangue, mentre sulle mie mani ormai rinsecchite, il loro colore non sbiadisce. Il carro del dio mi ha portata nel sole, in alto, a toccare le stelle, ad abbracciare la più grande, avrei voluto essere capace di stringere l'amore, ne ho abbastanza di questa luce, vorrei la profondità della notte che mi ha dato la vita.
Ricordo ancora la corsa disperata a fuggire la mia terra, nelle mani di un uomo che aveva conquistato il mare, sulla nave che leggera solcava le onde disperate, mentre nel blu più profondo vedevo le lacrime di mio padre, e già le mie mani erano sporche di sangue.
Addio fratello, sfogliavo i petali di un fiore oscuro fatto di membra.
Addio fratello mio, un petalo era la tua mano
Addio fratello mio, un altro petalo era la tua gamba
Sul percorso di briciole, nostro padre ti ha raccolto, mentre io ti salutavo fuggendo, sangue del mio sangue, primo martirio d'amore.
Ho toccato l'uomo e ho sussultato, io che mi vestivo da amazzone e facevo pozioni e recitavo incantesimi, io che parlavo alla luna, mentre la notte mi rispondeva, dall'oscurità sentivo una voce familiare, mia madre mi parlava ...ora non mi parla più, o forse non la sento, perchè non merito una voce.
Abbiamo fatto l'amore sulla conquista, ti ho detto: “proteggimi” e tu mi hai stretta a te dicendo “Ti amerò”, io amavo un uomo e tu amavi il potere, la gloria, la fama ed ogni donna che non ero io.
Ti servivi di me ma ti voltavi dall'altra parte come il migliore degli assassini, per non avere la colpa dei miei gesti. Ed io, straniera, estranea dell'amore avevo una vita dentro di me, figlia del peccato, dell'esilio, dell'odio più che dell'amore. Che vita...poveri figli, condannati ad una donna che non doveva fare la madre.
Sulle coste di un riparo ho trovato la mia pena, incatenata come un cane, mentre tu cercavi di riconquistare ciò che ti spettava in un'altra terra, lontana dalla tua, vecchia amica, perché le colpe si pagano mio caro e vecchio amore; avrei dovuto convincere te a quel bagno farmacologico.
Cantavano le nozze, cantavano la mia fine, mentre io pregavo la loro, la tua più di tutte le altre.
Ho fatto la guerra alla mia natura amandoti, fino a ritrovarmi in lei nell'abbraccio del sangue che ha strappato da te ogni legame, ogni fortuna, ogni eternità.
Figli, non ricordo più nemmeno il vostro nome, amore, non ricordo più il tuo volto. Il sole mi ha accecato i ricordi più dolorosi. Non vedo più, non sento più, sono sola nella luce ed è la mia condanna. Voglio la notte, voglio tornare da mia madre, io che sarei dovuta rimanere eternamente figlia, senza desideri, se non quelli altrui che sentivo miei nel silenzio. Avrei dovuto continuare ad ascoltare le voci per non sentire la tua, amore dimenticato.
Posso morire? Portami a casa, notte...spegni la luce e fammi addormentare nel tuo abbraccio, devo forse pentirmi per ciò che ho fatto? Aspetti questo dio? Io del pentimento ne ho fatto preghiera di morte, pregherò per me ora.
Lasciami sola, battito. Lasciami andare amore.
Ricordo ancora la corsa disperata a fuggire la mia terra, nelle mani di un uomo che aveva conquistato il mare, sulla nave che leggera solcava le onde disperate, mentre nel blu più profondo vedevo le lacrime di mio padre, e già le mie mani erano sporche di sangue.
Addio fratello, sfogliavo i petali di un fiore oscuro fatto di membra.
Addio fratello mio, un petalo era la tua mano
Addio fratello mio, un altro petalo era la tua gamba
Sul percorso di briciole, nostro padre ti ha raccolto, mentre io ti salutavo fuggendo, sangue del mio sangue, primo martirio d'amore.
Ho toccato l'uomo e ho sussultato, io che mi vestivo da amazzone e facevo pozioni e recitavo incantesimi, io che parlavo alla luna, mentre la notte mi rispondeva, dall'oscurità sentivo una voce familiare, mia madre mi parlava ...ora non mi parla più, o forse non la sento, perchè non merito una voce.
Abbiamo fatto l'amore sulla conquista, ti ho detto: “proteggimi” e tu mi hai stretta a te dicendo “Ti amerò”, io amavo un uomo e tu amavi il potere, la gloria, la fama ed ogni donna che non ero io.
Ti servivi di me ma ti voltavi dall'altra parte come il migliore degli assassini, per non avere la colpa dei miei gesti. Ed io, straniera, estranea dell'amore avevo una vita dentro di me, figlia del peccato, dell'esilio, dell'odio più che dell'amore. Che vita...poveri figli, condannati ad una donna che non doveva fare la madre.
Sulle coste di un riparo ho trovato la mia pena, incatenata come un cane, mentre tu cercavi di riconquistare ciò che ti spettava in un'altra terra, lontana dalla tua, vecchia amica, perché le colpe si pagano mio caro e vecchio amore; avrei dovuto convincere te a quel bagno farmacologico.
Cantavano le nozze, cantavano la mia fine, mentre io pregavo la loro, la tua più di tutte le altre.
Ho fatto la guerra alla mia natura amandoti, fino a ritrovarmi in lei nell'abbraccio del sangue che ha strappato da te ogni legame, ogni fortuna, ogni eternità.
Figli, non ricordo più nemmeno il vostro nome, amore, non ricordo più il tuo volto. Il sole mi ha accecato i ricordi più dolorosi. Non vedo più, non sento più, sono sola nella luce ed è la mia condanna. Voglio la notte, voglio tornare da mia madre, io che sarei dovuta rimanere eternamente figlia, senza desideri, se non quelli altrui che sentivo miei nel silenzio. Avrei dovuto continuare ad ascoltare le voci per non sentire la tua, amore dimenticato.
Posso morire? Portami a casa, notte...spegni la luce e fammi addormentare nel tuo abbraccio, devo forse pentirmi per ciò che ho fatto? Aspetti questo dio? Io del pentimento ne ho fatto preghiera di morte, pregherò per me ora.
Lasciami sola, battito. Lasciami andare amore.
Racconto scritto il 13/07/2016 - 18:33
Da Denise Villa
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