Agosto inoltrato, incrocio tre tipe sulla ventina. E' venerdi notte e c'è poca luna. Il destino ci vuole su un vagone lercio della metro A, fermata Bologna. L'aria non è mai delle migliori dopo una giornata di schifo al lavoro, la senti miscelarsi al puzzo inconfondibile di plastica bruciata che invade i vagoni della lurida tratta blue. Le tipe sono gemelle mono-generazionali, schort mascara ed ombelico al vento. Una delle tre sfoggia una pancia che racconta di patatine salse e tanti, troppi Mc Donald. Si siedono affannate proprio fronte a me, che poveretto vorrei solo sprofondare nel nulla in corsa del finestrino di fronte. La tipa con gli occhi neri da panda occupa di scatto il primo posto, furtiva come una lepre inseguita da uno scorpione, mentre seguo la seconda saltargli direttamente sopra al grido "Mortacci tua sta stronza"; la terza, iphone incorporato tra le mani e sguardo post inverno nucleare, si accuccia di traverso a gambe divaricate, quasi a voler rodare i ferri del mestiere. Sono colorate, molto colorate.
"Stronza" esordisce la piu' sguaiata delle 3 digitando qualcosa sull' S5, "guarda sto pezzo de merda se stasera me deve fa incazza... sta mignotta ha messo la foto sulla pagina sua.. appena la prendo la sfondo..."
Le fa eco la seconda agitandosi verso la terza:" Ao ma voi sta bona co sti piedi? e levate un po' dar cazzo..., non ti puoi sedere come fanno l altri, no?"
Registro il tutto su armonici assoli di, in ordine sparso:
"Stronza" esordisce la piu' sguaiata delle 3 digitando qualcosa sull' S5, "guarda sto pezzo de merda se stasera me deve fa incazza... sta mignotta ha messo la foto sulla pagina sua.. appena la prendo la sfondo..."
Le fa eco la seconda agitandosi verso la terza:" Ao ma voi sta bona co sti piedi? e levate un po' dar cazzo..., non ti puoi sedere come fanno l altri, no?"
Registro il tutto su armonici assoli di, in ordine sparso:
cazzo
mignotta
teso'
amo'
mo te pio e te sfonno
Pezza de merda
me state a fa gira er culo
altro.
Abbiamo condiviso tempo e spazio per 4 fermate, destinazione Termini, dopodiche' ricordo solo la banchina, scale mobili, il silenzio ronzante dell ultima scala prima di tornare alla luce lunare pennellata ad arte notturna sull' asfalto di piazza dei 500. Ritorno alla vita, nel ricordo di un vago, seppur vicino, senso di schifo.
Racconto scritto il 13/09/2016 - 15:02
Da Ilario Lekin
Letta n.1129 volte.
Voto: | su 2 votanti |
Commenti
Immaginavo che il racconto risultasse autobiografico...troppo (dannatamente) vero. Nei treni e nelle metro è facile incontrare questa "gente". Immagino di come ti sei sentito...le coatte o i coatti sono proprio cosi . Bravo Ilario
Giuseppe Scilipoti 20/09/2016 - 14:20
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Grazie Marilla. E si Francesco, per quanto possa sembrare esagerato ho solo riportato testuali parole.
Ilario Lekin 14/09/2016 - 22:37
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***** quanto mai realista e veritiero il tuo racconto!!!!
Marilla Tramonto 14/09/2016 - 20:48
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Devo essere sincero... Ho nutrito qualche dubbio sull'utilizzo della terminologia, ma poi è diventato tutto chiaro... come un'opera d'arte che cristallizza la realtà, impressionista forse, ma pur opera d'arte.. Molto belle le considerazioni finali. *****
Francesco Gentile 14/09/2016 - 19:44
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