Il Dottor Alberto Percivallo Tozzetti, cinquantasei anni, era uno stimato professore di Economia all’università di Torino.
Sposato da vent’anni con la Contessa Alberta Anselma Beatrice Eleonora Marta Vittoria della Passatora Cubicola, unica erede di una nobile famiglia di origini siciliane.
Rispettato da colleghi e studenti per la sua rettitudine morale e per il suo metodo di insegnamento. La passione per la materia che insegnava era contagiosa. Le sue lezioni erano sempre molto seguite.
Era molto rigoroso e pretendeva molto dai suoi studenti ma sapeva dare il giusto valore a chi si presentava preparato agli esami.
Matteo Romanelli, dopo la tragica morte del suo superiore, era diventato ispettore capo alla sezione omicidi del commissariato del Lingotto di Torino. Fu proprio lui a trovare il cadavere del professore in un cespuglio al parco del Valentino, mercoledì 10 febbraio, mentre faceva la sua solita oretta di corsa all’alba prima di andare al lavoro.
Tempo mezz’ora e la zona brulicava di poliziotti, curiosi e giornalisti.
Il medico legale, amico personale del professore, pur abituato a scene cruente fece molta fatica ad esaminare il cadavere. Non si dava pace, ripeteva che un uomo di quella levatura morale, stimato da tutti non poteva trovare la morte in quel modo ed in quel posto.
Confermò a Romanelli che il professore era stato ucciso in quel luogo con un solo colpo di un oggetto appuntito che gli aveva trafitto il cuore. Il professore colpito era stramazzato sul cespuglio e l’omicida li lo aveva lasciato. L’ora della morte era stimata intorno alle quattro della mattina.
Non vi erano tracce e non vi era l’arma del delitto che dalla forma della ferita sembrava più che un coltello un cacciavite.
Romanelli intanto faceva mentalmente, come da sua abitudine, il quadro della situazione.
Uno stimato professore viene trovato morto in un cespuglio di un parco cittadino, ora della morte le quattro del mattino. Cosa ci fa una persona del genere a quell’ora in quel posto? Cosa nasconde uno stimato professore universitario negli angoli bui della sua esistenza che lo può portare a morire in quel modo? Bisognava scavare in profondità nella vita della vittima per capire.
Romanelli ebbe subito la netta sensazione che il caso non sarebbe stato facile.
Mentre pensava venne raggiunto dal Commissario capo Giacomo Barra. La sua faccia era tutto un programma “Porca troia Matteo, saremo tritati da stampa e televisione. Mi hanno già chiamato Sindaco, Prefetto e persino il Ministro dell’Interno, massima priorità a questo caso!”.
Per prima cosa bisognava dare la notizia alla vedova. Romanelli decise di portare con se l’agente investigativo Maria Rosa Squitteri, ottima investigatrice e donna sensibile. Vista la notizia triste e dolorosa, sarebbe stato importante che ci fosse una presenza confortante.
Si recarono a “Villa Peres” in quel di Cavoretto, posto incantevole sulla collina torinese e zona di ville prestigiose.
Suonarono il campanello, rispose il maggiordomo, si presentarono e fu aperto loro il cancello.
Dopo aver risalito la collina per circa dieci minuti arrivarono nel cortile delle grande villa settecentesca, dal cortile dove posteggiarono dipartiva una balconata, la vista su Torino era meravigliosa.
Dopo dieci minuti di anticamera furono ricevuti dalla Contessa, moglie del Tozzetti.
“Chiedo scusa per l’attesa, questa settimana sono sola a casa, mio marito è a Londra e rientra venerdì.”
Romanelli diede con tutto il tatto di cui era capace la tragica notizia alla donna, che non resse e venne colta da malore.
Lasciarono la Villa, ritenendo inutile tentare di fare domande a quella povera donna in stato confusionale. Romanelli si confrontò con la collega “Dunque… La moglie lo crede a Londra mentre lui viene ucciso alle quattro del mattino a Torino” ;“Verifichiamo se troviamo una prenotazione per Londra” ;“Treno o Aereo” “Capiamo quando e come è partito e vediamo di ricostruire le ore che intercorrono tra la presunta partenza ed il ritrovamento del cadavere”.
Dalle prime indagini risultò che il Professore era partito da casa con un taxi lunedì 8 febbraio, si era imbarcato sul volo Torino-Londra, era atterrato a ed aveva preso alloggio all’Hotel “Hilton”.
Era stato visto, sempre lunedì 8 febbraio intorno alle ore 16,00, all’università. Poi più nulla.
Nei giorni seguenti Romanelli e la Squitteri interrogarono tutti i componenti della famiglia, i colleghi di lavoro, gli studenti. Non emerse nulla di anomalo o per lo meno di sospetto.
Il Professore era un marito modello all’interno di una coppia felice, aveva due grandi passioni, il Golf e la Juventus, era abbonato allo “Stadium” e socio alla “Mandria”.
L’esame dei conti bancari non evidenziò nulla se non che era un uomo molto ricco e che avrebbe potuto vivere serenamente di rendita per almeno 300 anni.
Non c’era uno straccio di pista da seguire, i mass media e gli esponenti politici pressavano ma la polizia veramente non sapeva dove cercare.
Passarono le settimane, poi i mesi e si arrivò a settembre.
Le bufere mediatiche e le ingerenze politiche si erano finalmente calmate.
In una riunione al vertice venne deciso che null’altro si poteva fare se non chiudere il caso come omicidio irrisolto.
Sulla Stampa di Torino del 13 settembre, in prima pagina, campeggiava la notizia ”Omicidio Tozzetti, il caso viene archiviato come irrisolto, un’altra pagina nera per la omicidi torinese ….”.
Alle ore 20 del 15 settembre da Cuneo Levaldigi un Piper privato si alzava in volo, direzione Cuba. L’unico passeggero presente a bordo apriva una valigetta e contava con calma quattro milioni di Euro in pezzi da cento.
Terminata l’operazione fece una chiamata con il suo satellitare “Tutto come previsto, la Contessa ha pagato la seconda rata, quattro milioni in pezzi da cento, sto rientrando …..”.
Sposato da vent’anni con la Contessa Alberta Anselma Beatrice Eleonora Marta Vittoria della Passatora Cubicola, unica erede di una nobile famiglia di origini siciliane.
Rispettato da colleghi e studenti per la sua rettitudine morale e per il suo metodo di insegnamento. La passione per la materia che insegnava era contagiosa. Le sue lezioni erano sempre molto seguite.
Era molto rigoroso e pretendeva molto dai suoi studenti ma sapeva dare il giusto valore a chi si presentava preparato agli esami.
Matteo Romanelli, dopo la tragica morte del suo superiore, era diventato ispettore capo alla sezione omicidi del commissariato del Lingotto di Torino. Fu proprio lui a trovare il cadavere del professore in un cespuglio al parco del Valentino, mercoledì 10 febbraio, mentre faceva la sua solita oretta di corsa all’alba prima di andare al lavoro.
Tempo mezz’ora e la zona brulicava di poliziotti, curiosi e giornalisti.
Il medico legale, amico personale del professore, pur abituato a scene cruente fece molta fatica ad esaminare il cadavere. Non si dava pace, ripeteva che un uomo di quella levatura morale, stimato da tutti non poteva trovare la morte in quel modo ed in quel posto.
Confermò a Romanelli che il professore era stato ucciso in quel luogo con un solo colpo di un oggetto appuntito che gli aveva trafitto il cuore. Il professore colpito era stramazzato sul cespuglio e l’omicida li lo aveva lasciato. L’ora della morte era stimata intorno alle quattro della mattina.
Non vi erano tracce e non vi era l’arma del delitto che dalla forma della ferita sembrava più che un coltello un cacciavite.
Romanelli intanto faceva mentalmente, come da sua abitudine, il quadro della situazione.
Uno stimato professore viene trovato morto in un cespuglio di un parco cittadino, ora della morte le quattro del mattino. Cosa ci fa una persona del genere a quell’ora in quel posto? Cosa nasconde uno stimato professore universitario negli angoli bui della sua esistenza che lo può portare a morire in quel modo? Bisognava scavare in profondità nella vita della vittima per capire.
Romanelli ebbe subito la netta sensazione che il caso non sarebbe stato facile.
Mentre pensava venne raggiunto dal Commissario capo Giacomo Barra. La sua faccia era tutto un programma “Porca troia Matteo, saremo tritati da stampa e televisione. Mi hanno già chiamato Sindaco, Prefetto e persino il Ministro dell’Interno, massima priorità a questo caso!”.
Per prima cosa bisognava dare la notizia alla vedova. Romanelli decise di portare con se l’agente investigativo Maria Rosa Squitteri, ottima investigatrice e donna sensibile. Vista la notizia triste e dolorosa, sarebbe stato importante che ci fosse una presenza confortante.
Si recarono a “Villa Peres” in quel di Cavoretto, posto incantevole sulla collina torinese e zona di ville prestigiose.
Suonarono il campanello, rispose il maggiordomo, si presentarono e fu aperto loro il cancello.
Dopo aver risalito la collina per circa dieci minuti arrivarono nel cortile delle grande villa settecentesca, dal cortile dove posteggiarono dipartiva una balconata, la vista su Torino era meravigliosa.
Dopo dieci minuti di anticamera furono ricevuti dalla Contessa, moglie del Tozzetti.
“Chiedo scusa per l’attesa, questa settimana sono sola a casa, mio marito è a Londra e rientra venerdì.”
Romanelli diede con tutto il tatto di cui era capace la tragica notizia alla donna, che non resse e venne colta da malore.
Lasciarono la Villa, ritenendo inutile tentare di fare domande a quella povera donna in stato confusionale. Romanelli si confrontò con la collega “Dunque… La moglie lo crede a Londra mentre lui viene ucciso alle quattro del mattino a Torino” ;“Verifichiamo se troviamo una prenotazione per Londra” ;“Treno o Aereo” “Capiamo quando e come è partito e vediamo di ricostruire le ore che intercorrono tra la presunta partenza ed il ritrovamento del cadavere”.
Dalle prime indagini risultò che il Professore era partito da casa con un taxi lunedì 8 febbraio, si era imbarcato sul volo Torino-Londra, era atterrato a ed aveva preso alloggio all’Hotel “Hilton”.
Era stato visto, sempre lunedì 8 febbraio intorno alle ore 16,00, all’università. Poi più nulla.
Nei giorni seguenti Romanelli e la Squitteri interrogarono tutti i componenti della famiglia, i colleghi di lavoro, gli studenti. Non emerse nulla di anomalo o per lo meno di sospetto.
Il Professore era un marito modello all’interno di una coppia felice, aveva due grandi passioni, il Golf e la Juventus, era abbonato allo “Stadium” e socio alla “Mandria”.
L’esame dei conti bancari non evidenziò nulla se non che era un uomo molto ricco e che avrebbe potuto vivere serenamente di rendita per almeno 300 anni.
Non c’era uno straccio di pista da seguire, i mass media e gli esponenti politici pressavano ma la polizia veramente non sapeva dove cercare.
Passarono le settimane, poi i mesi e si arrivò a settembre.
Le bufere mediatiche e le ingerenze politiche si erano finalmente calmate.
In una riunione al vertice venne deciso che null’altro si poteva fare se non chiudere il caso come omicidio irrisolto.
Sulla Stampa di Torino del 13 settembre, in prima pagina, campeggiava la notizia ”Omicidio Tozzetti, il caso viene archiviato come irrisolto, un’altra pagina nera per la omicidi torinese ….”.
Alle ore 20 del 15 settembre da Cuneo Levaldigi un Piper privato si alzava in volo, direzione Cuba. L’unico passeggero presente a bordo apriva una valigetta e contava con calma quattro milioni di Euro in pezzi da cento.
Terminata l’operazione fece una chiamata con il suo satellitare “Tutto come previsto, la Contessa ha pagato la seconda rata, quattro milioni in pezzi da cento, sto rientrando …..”.
Racconto scritto il 12/10/2016 - 11:45
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Commenti
Davvero avvincenti questi tuoi racconti polizieschi. Mi ricordano i libri di Carofiglio. Scrivi molto bene. Un piacere leggerti!
Patrizia Bortolini 14/10/2016 - 09:51
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Il caso irrisolto... Bel racconto, ben scritto. Finale pungente. Piaciuto
Francesco Gentile 12/10/2016 - 18:02
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