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Il nulla nell'altro

Scusami, era tutto nella mia testa.
Di tanto in tanto continuo a tormentarmi con il pensiero di te qui, steso accanto a me. Sì, ti sogno qui, accanto a me.


Proprio adesso che evitiamo ogni sorta di comunicazione anche banale, ora che non posso far nient'altro che richiamare in dormiveglia il disturbante ricordo del tuo sguardo, della tua pelle a contatto con la mia e del tuo profumo; ora, proprio ora, una profonda tristezza mi contorce lo stomaco e mi attanaglia il cuore.

Ti incontro lì, a metà tra una realtà surreale e sbiadita e un periodo ipotetico mai reale, né possibile.
Ti incontro dove nulla è, in un tempo mai presente, né passato, né futuro.
Il mio spirito vacilla e con i pastelli della mia sensibilità coloro di un'assurda mancanza tutte le pareti indistinte, la pelle nera e morbida del tuo divano, le superfici grigie di questo quasi-sogno inconsistente.


Ti ringrazio, credimi, profondamente.
Ti ringrazio per avermi regalato queste tribolazioni.
Ti ringrazio per avermi fatto provare questo desiderio così intenso e irrazionale di andare oltre il banale.
Ti ringrazio per esserci rincorsi perversamente nei labirinti delle nostre menti ed essere arrivati ad un incontro-scontro senza vinti né vincitori.


Forse non mi era mai capitato. E continuo a trovarlo ancora un po' assurdo. Credimi, in qualche modo hai saputo sfiorare e far vibrare delle corde sopite, dimenticate, forse mai del tutto consciamente comprese. Sei riuscito a scalfire la mia decennale corazza, a regalarmi brividi a fior di pelle e emozioni che non credevo fossi in grado di poter mai provare per uno sconosciuto.


Era tutto, ma era tutto nella mia testa, era niente, ora lo so. E non ci sarà mai modo di analizzare, vivisezionare questa realtà sopra e tra le righe per carpirne il segreto.
I tuoi silenzi tristemente mi risvegliano e mi illuminano sull'inutilità di queste sensazioni.


Un'infinito mancato.


Ma se potessi, giocherei ancora.


Prenderei in blocco questo mio sentire e inizierei atomo ad atomo a cercarne il senso. Io, lupo solitario, distaccata dalle brutture del mondo, inquadrata tra gli alti e bassi dell'inesperienza e di una gioventù borghese, il senso, il mio senso non l'ho trovato.


Il maledetto e benedetto senso che tutti cercano, che tutti vogliono.


A condurci con forza l'uno verso l'altro credo non siano state affatto le possibili risposte da dare alle nostre rispettive esistenze.
A farci scontrare sono state, piuttosto, proprio quelle latenti, inespresse e inquietanti domande, quel comune vibrare, quel comune dubitare che avvertivo ad ogni bacio, ad ogni scambio di vocabolo.


Volevo, forse, solo perdermi in un'altra persona, stupidamente cercare il senso altrui, per trovare il mio.
Volevo, forse, semplicemente dubitare del senso con te e nel dubbio perdermi.


Percepivo tutta l'angoscia e il senso del niente, il dolore e la tristezza che avvolgono i tuoi pensieri.
Ho creduto che questo modo di percepire il mondo, questa nera consapevolezza e questa nausea potessero a tratti esser comuni ad entrambi. Dalla prima volta che i nostri sguardi si sono incrociati, ho visto del mio in te. Ho creduto a quello che volevo e che non era possibile che fosse.


Ora, in dormiveglia, lascio andare il ricordo dei tuoi occhi, faccio scivolare ciò che non è e su quell'uscio che non vedrò mai più, ti dò la buonanotte e ti auguro buona vita.


Magari ci rincontreremo, chissà. In questo mondo o in un altro, in questo tempo o in un altro, o forse no.




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Racconto scritto il 22/11/2016 - 14:06
Da Raisa Crave
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