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Il negozio di casalinghi - Parte 2 di 2

Fondamentalmente il lavoro mi piaceva, la mia mansione era quella di magazziniere/commesso, un impiego dove mi spremettero come un limone, e da semplice lavoretto estivo di cui mi ero inizialmente programmato, ci rimasi per quatto tediosi anni, con estati, periodi natalizi e pasquali a tempo pieno, mentre come già detto, per il resto dell’anno a causa della scuola, andavo solo i pomeriggi e la sera benché stanco, studiavo fino a quasi la mezzanotte.
Vita sociale pari quasi a zero e le domeniche e i festivi non avevo neanche la forza di alzarmi dal letto. A stento in estate andavo un paio di volte al mare con la mia famiglia o qualche uscita serale con Ernesto, uno dei miei compagni di scuola ed alcune rarissime pizzate con altri due miei amici, che col tempo ci perdemmo di vista.
D’altro canto si sa, le amicizie vanno coltivate e si precluse anche la possibilità di frequentare una ragazza di cui mi stavo per innamorare e a peggiorare ulteriormente le cose, il fatto che ero sprovvisto di un cellulare e non potendola neanche contattare, non ci fu un prosieguo. Agli inizi del 2000 questi apparecchi erano abbastanza costosi e farmene acquistare uno dal babbo non lo ritenevo opportuno, in quanto mi ero promesso che con il lavoro mi sarei reso indipendente e che non gli avrei mai più chiesto un centesimo. Per ironia della sorte mi venne regalato proprio lui, molti mesi dopo, precisamente per il giorno del mio compleanno.
Riguardo l’aumento che mi avevano promesso, furono di parola ma si rilevò sotto sotto una presa per il culo.
Nel 2002 con l’avvento dell’Euro, invece delle solite 200.000 lire al mese, divennero 200 euro, sempre e comunque troppo pochi in base al duro lavoro che svolgevo.
Un autentico sfruttamento bello e buono, cosa tra l’altra confermata dai miei genitori e dai miei parenti, e mi consigliavano di tagliare la corda e licenziarmi. Non lo feci, seppur pochi, non mi volevo privare di quei soldi, che tra l’altro per ovvi motivi risultavano meno nei periodi scolastici
Una volta Alberti, il mio professore di educazione fisica, dopo essere uscito da un panificio collocato nei pressi del negozio di articoli casalinghi, mi vide sotto il sole cocente di Luglio a scaricare un intero camion di merce da solo, sapeva che ero impiegato in quel negozio di articoli casalinghi e sapeva inoltre di quanto percepivo.
«Scilipoti, ma che diavolo ti fanno fare quei balordi? 200 euro al mese ti danno? Te ne dovrebbero 2000 di euro, altroché! Viscidi schifosi!» mi disse con tono di voce alto e disgustato, col chiaro intento di farsi sentire da Pino, da Mario e dai due anziani genitori che si limitarono a fare orecchie da mercante per poi rientrare in negozio, borbottando tutti insieme .
In quattro anni dimagrii moltissimo, mi sentivo sempre più pallido, stanco, debilitato e non solo fisicamente ma anche a livello mentale, lo stress mi stava letteralmente schiacciando giorno dopo giorno, la notte soffrivo di insonnia e avevo anche perso interesse per i miei hobby. Anche con lo studio le cose non migliorarono.
Nel quinto anno delle superiori, nel periodo pre-esame, preparai la mia tesina di maturità con svogliatezza, studiai giusto quel tanto e mi prefissai questo obbiettivo:
Essere promosso tentando allo stesso tempo di prendere più punti possibili (sotto i sessanta si era bocciati), terminare la scuola, attendere la chiamata alle armi e iniziare un nuovo percorso. Non c’è la facevo più, gestire scuola e lavoro, mi era troppo difficile.
Mi diplomai con 68, la media del 7.
La Grimaldi, la mia professoressa di italiano ci rimase male e quando una sera di Agosto la incontrai in una edicola, esternò a chiare lettere la sua delusione.
«Scilipoti, molti tuoi compagni che erano autentiche capre, senza mai aprire un libro in cinque anni, hanno preso molto più di te, e tu che eri uno dei miei allievi migliori, mi esci con 68! Ma cosa cavolo mi combini?» le sue parole furono dure e abbassai lo sguardo con desolazione.
«Tutto questo per stare dappresso a quei pidocchiosi!» concluse e uscii indignata dall’edicola. Aveva dannatamente ragione.
Nonostante tutto, restai a lavorare in quel negozio di casalinghi, in attesa di essere chiamato per il servizio militare di leva.


Finché una mattina di Dicembre mi arrivò la cartolina-precetto in cui mi veniva annunciato che dovevo essere sottoposto obbligatoriamente a visita medica dalla durata di tre giorni al distretto militare di Palermo. Superai tutti i test, anche se per poco non mi riformavano dal momento che ero troppo magro e a causa dei piedi piatti.
Una volta risultato idoneo, con trepidazione restai in attesa che venissi chiamato, ma per mia sfortuna mi arrivò qualche mese dopo una busta dal Ministero della Difesa nel quale indicava che pur essendo classe 1984, pur rientrando nell’ultimo anno di leva obbligatoria, ero esonerato per soprannumero.
Mi disperai abbastanza. C’erano tantissimi ragazzi che il soldato non lo volevano fare neanche morto e io che avrei fatto persino carte false mi avevano dispensato. Presi la decisione di partire come militare Volontario, non volevo arrendermi.
Andai a Messina al Quinto Reggimento Fanteria Aosta assieme a mio padre, per concorrere in qualità di V.F.A. (Volontario in Ferma Annuale) e non fu necessaria nessuna visita medica, in quanto l’avevo già precedentemente sostenuta e quindi valida. Mi limitai soltanto a compilare dei moduli. Era il Maggio del 2004.
Non dissi nulla ai miei datori di lavoro, sapevano che non dovevo più fare il militare di leva e si erano progettati di farmi marcire in quel negozio di merda nei secoli dei secoli, e giustificai la mia assenza mattutina con una radiografia al ginocchio.
Li lascia gracchiare, dovevo assolutamente cambiare aria.
Mi fecero scegliere la destinazione e optai proprio per la caserma stessa in cui avevo compilato i moduli, in questo modo a parte prestare servizio vicino casa, avrei risparmiato molti soldi.
Altro vantaggio fu che a differenza della leva a livello di retributivo sarei stato pagato meglio, senza il rischio di chiedere aiuto a mio padre tramite versamenti in caso fossi rimasto al verde e avrei percepito persino anche di più di ciò che mi davano quei spilorci per cui lavoravo, ossia 500 euro contro i maledetti 200 euro.
Strinsi i denti, sapevo che prima o poi mi avrebbero chiamato e buonanotte ai suonatori. Nel frattempo con la salute mi ripresi abbastanza, ero ingrassato di dieci chili, ripresi colorito e ritrovai seppur gradualmente l’energia che mi mancava.
La chiamata tanto attesa arrivò quasi al termine dell’estate, una mattina del 4 settembre 2004, in cui il Quinto Reggimento Fanteria Aosta di Messina mi invitava a raggiungere la caserma in data 14 settembre 2004 per prestare servizio dalla durata di 12 mesi e con la possibilità al termine, di raffermare altri 6 mesi. Andai in sollucchero, anche i miei famigliari erano troppo felici per me, ringraziai Dio, altri dieci giorni e sarei stato un militare dell’Esercito Italiano.
Comunicai nel pomeriggio la notizia agli “ebrei” e aggiunsi che non avrei mai più lavorato per loro e che avevano circa dieci giorni per provvedere a cercarsi un altro.
Rimasero profondamente sconvolti, l’unico a parlare, anzi a bestemmiare fu il signor Gino.
Non se lo aspettavano, erano fortemente convinti che non sarei mai più partito militare.
Spiegai a loro che non stavo partendo di Leva, ma bensì Volontario, sprigionando contentezza da tutti i pori con espressioni molto compiaciute e soprattutto gloriose . Mi guardarono con odio. Ancora oggi al solo pensarci mi vien da ridere, si resero conto che non solo non avrebbero mai più trovato un “mulo albanese” come me, ma anche del fatto che avevo agito all’oscuro di tutti loro.
Nei dieci giorni a seguire, tentarono in tutti modi di stracaricarmi di lavoro, il tutto mirato a farmi sfiancare. Questa fu la loro vendetta.
Ma si rilevò tutto inutile, avevo la forza di un rinoceronte, la grinta di un leone e la pazienza di un ragno. Avevano perso e io avevo vinto.
Sabato, tre giorni prima della partenza, fu il mio ultimo giorno di lavoro, mi pagarono e mi diedero 220 Euro. Quei 20 euro in più mi furono regalati dalla proprietaria.
Ovviamente avendo lavorato in nero non mi toccò nessuna liquidazione, e quindi mi dovetti accontentare di quella merdosa e sudata banconota. Li salutai ad uno ad uno (la signora Ada inaspettatamente si commosse) e con la promessa da parte mia che sarei andato qualche volta a trovarli. Non ci andai mai più.



Passarono due mesi, nonostante la dura vita militare con il suo rigido Regolamento di Disciplina Militare, mi ritenni molto soddisfatto e fiero della scelta intrapresa.
Molti miei ex commilitoni decisero di mollare e si fecero congedare già dopo le prime due settimane di addestramento, mentre io sempre più motivato andavo avanti e mi avviavo a diventare giorno dopo giorno più forte e risoluto.
Io fante Giuseppe Scilipoti, Quinto Reggimento, primo Battaglione, Terza compagnia Veleno, ero riuscito a reagire e a cambiare le cose, contribuendo a farmi crescere moltissimo.
Durante una licenza breve tornai nella mia città, ero in uniforme drop, e prima di avviarmi verso casa, tolsi il basco dalla testa ed entrai in un bar per prendermi un caffè. Al bancone trovai Mario Palazzo alias Mario Simoni e fu molto sorpreso nel vedermi.
Mi fece un sacco di domande, se stavo bene, se mi piaceva, e del perché non ero passato a trovarli. Tagliai corto limitandomi a dire che raramente scendevo a Barcellona Pozzo di Gotto e che tutto mi girava bene. Non volle credermi, probabilmente interpretò il mio sguardo duro e serioso a modo suo. Bevemmo due caffè, volli offrire io.
Ad un certo punto Mario ebbe l’imprudenza di deridermi:
«Ma chi te l’ha fatto fare? Li in caserma ti fanno fare la botta e il culo quanto una capanna! Ammettilo: ne stai passando di tutti i colori!» mi disse in tono canzonatorio e battendomi odiosamente le dita a stecca.
Lo guardai intensamente per un attimo e gli risposi secco:
«La botta l’ho fatta da voi, in confronto la vita militare è una vacanza, finalmente posso dire di avere dei soldi in tasca, e ho pure quasi tre giorni liberi nel fine settimana. Una pacchia!»
Mi guardò stupito, gli tremava il labbro, gli succedeva ogni qualvolta qualcuno gli parlava schietto.
«E ora scusami, sono in licenza e ho un sacco di tempo da recuperare, tutto il tempo perso da voi» conclusi, per poi voltargli le spalle senza salutarlo.
Uscii dal bar, sotto un piacevole sole del primo pomeriggio di fine Novembre. Rimisi il copricapo militare in testa. Sorrisi soddisfatto.




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Racconto scritto il 17/12/2016 - 14:15
Da Giuseppe Scilipoti
Letta n.1192 volte.
Voto:
su 7 votanti


Commenti


Grazie carissima Santa, il tuo commento mi riempie di (malcelato) orgoglio. "Il negozio di casalinghi" inteso come racconto e come luogo di lavoro rappresenta davvero molto per me, in un certo senso con la scrittura ho provato ad esorcizzare molte ingiustizie.
Comunque, conservo molti aneddoti divertenti, infatti qualche anno dopo ho scritto "Il bidone di plastica" e che trovi pubblicato qui su Oggi Scrivo.
Sul miliare saprai in seguito...
Grazie di cuore, sempre sempre!!!

Giuseppe Scilipoti 31/12/2018 - 14:59

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....di dover subire senza poter reagire.
Che scrivi bene mi sembra di avertelo già detto, vero? Ahahah.

santa scardino 31/12/2018 - 14:23

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Racconto dopo racconto, entro sempre di più nei tuoi trascorsi ampliando la tua piacevolissima conoscenza. Sapendo il tuo attuale lavoro presumo che anche la vita militare ad un certo punto sia terminata, sono certa che lo scoprirò nei prossimi racconti. Il lavoro a nero nel sud è equiparato alla schiavitù, lavoro tanto, diritti zero e soldi pochissimi. Io da ragazza ho lavorato pre più di tre anni in un'agenzia di assicurazione. A volte la notte mi svegliavo piangendo per la rabbia....

santa scardino 31/12/2018 - 14:21

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Grazie Marirosa che hai speso del tempo e per aver commentato il mio racconto, il gradimento è reciproco. Sei davvero molto gentile e squisita

Giuseppe Scilipoti 23/12/2016 - 23:20

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Ho appena finito di leggere tutte e due le parti del racconto. Molto molto ben scritto, mi è piaciuto. 5 *. Colgo l'occasione al volo anche per ringraziarti dei commenti ai miei scritti, sono stati davvero molto graditi.

Marirosa Tomaselli 23/12/2016 - 20:58

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Grazie Giulia e grazie Ilario. Caspita ho acchiappato dei fan è bello avere dei lettori fissi che mi seguono, mi fanno sentire in un certo senso speciale. Ilario valuterò e mi informerò di come fare per pubblicare con Ebook. Comunque nei prossimi giorni pubblicherò "Milano" altro racconto più o meno della stessa lunghezza de "Il negozio di casalinghi" e di conseguenza in due parti. Per ora è un periodo florido, ma nell'anno nuovo causa probabile nuovo impegno lavorativo, mi sa che dovrò accantonare la scrittura (sarà già tanto se riuscirò a leggere), poichè il lavoro appunto... mi occuperà tutta la giornata intera. Spero di sbagliarmi. Grazie ancora per i graditi commenti e buonanotte a tutti

Giuseppe Scilipoti 20/12/2016 - 00:48

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Ottimo come sempre Giuseppe. Rinnovo consiglio a raccogliere i tuoi racconti e tentare la strada dell autopubblicazione su internet. Spese zero e sei in Ebook

Ilario Lekin 19/12/2016 - 23:59

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Racconto intensa e bel finale.

Giulia Bellucci 19/12/2016 - 11:45

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Racconto intensa e bel finale.

Giulia Bellucci 19/12/2016 - 11:45

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Ringrazio sentitamente sia che avete letto interamente questo mio lungo racconto e sia per i vostri commenti che ho tanto apprezzato. Ebbene sì...la dura esperienza sia in ambito dei casalinghi e sia in ambito militare mi ha fatto crescere. Peccato che non ho potuto realizzare il mio sogno fino in fondo, purtroppo ho fatto solo due anni nell esercito, senza raccomandazione e una buona dose di fortuna non si va avanti. A quest ora ero sergente. Pazienza, la vita va avanti. Buonanotte a tutti

Giuseppe Scilipoti 18/12/2016 - 02:34

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Aspettavo la fine della storia. Ce l'hai fatta a cambiare il corso della tua vita...Bisogna sempre tentare.

Teresa Peluso 17/12/2016 - 22:41

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IL RACCONTO E' IL TUO AUREO DIVERSIVO... FORGIATO IN MIRABILI SEQUELE CHE COINVOLGONO L'ATTENTO LETTORE.
IL MIO ELOGIO E LA MIA LIETA SERATA GIUSEPPE.
*****

Rocco Michele LETTINI 17/12/2016 - 19:27

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