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IL NUOVO ORDINE- Seconda Parte

Era lì da tre giorni. E aveva instaurato ormai una specie di routine. Le chiamate della “moglie” nel pomeriggio, le sue telefonate serali a lei, e le chiamate di “lavoro” sul cellulare. I pranzi con Smith, ma niente di rilevante. Avrebbe voluto agire, ma non poteva. Sapeva di essere sotto esame, che lo stavano studiando, così come sapeva di non aver fatto nessun passo falso, ancora, ma quell'attesa era snervante.


La stanza era in ombra.
<<Locner ci potrà esse utile, Signore.>> Disse Smith.
<<Ne è sicuro?>> Replicò una voce gutturale.
<<Ha ingenti capitali, e molta ambizione.>> Disse ancora Smith.
<<Ed è “pulito”?>> Replicò una volta d più la voce.
<<Ho preso informazioni. È un tipo nella norma, buoni studi, ma nessun risultato eccezionale. Nel lavoro si è distinto per sua onestà e determinazione. È sposato e non sembra avere grilli per la testa, però gli piace il gioco.>>
<<Umm..è un buon giocatore?>>
<<No. In questi giorni, tra l'altro l'ho tenuto sotto controllo.>>
<<Se ne è accorto?>>
<<Non lo ritengo probabile.>> L'altro uomo aggrottò un sopracciglio.
<<Perché?>> Chiese.
<<Si è comportato in modo tranquillo, sia quando riceveva chiamate di lavoro, lasciandosi anche sfuggire, informazioni di una certa rilevanza, sia quando parlava con la moglie...alcune chiamate erano piccanti.>>
<<Queste telefonate sono regolari?>>
<<No. Generalmente parla con la moglie due volte al giorno, ma non ci sono orari prestabiliti.>>
<<Fissi un appuntamento per stasera e prenoti un tavolo riservato al casinò.>>
<<Come lei desidera.>> Smith fece per andarsene, ma l'altro lo richiamò.
<<Smith?>>
<<Si?>>
<<A chi appartengono i numeri che chiamano il signor Locner? Ha controllato?>>
<<Sì. La moglie è un'insegnante, chiama da casa al rientro da scuola, o nel tardo pomeriggio. Il numero è intestato a Andrew Locner, mentre gli altri, sono numeri di cellulare, intestati a persone che fanno parte dell'entourage della compagnia del Signor Locner.>>
<<Molto. Bene. Vada, ma mi lasci il suo dossier.>> Smith fece come aveva richiesto e lasciò la stanza.


La cena era stata lunga, ma Nick era riuscito a schivare tutte le insidie, tenendosi fedele al piano e alla sua identità. Ma ora veniva il difficile. Era un ottimo giocatore, ma anche in quel caso, avrebbe dovuto sopprimere la sua indole. Il suo avversario era in là con gli anni, ma non stupido. Sicuramente legato a qualche organizzazione criminale, o ancora più probabilmente, ne era una figura di spicco. Stava giocando una partita nella partita e non poteva permettersi di fallire.
<<Una sigaretta?<< Lo tentò il suo avversario. Nick sorrise. Il volto impassibile.
<<Non fumo.>> Una vaga nota di disgusto nella voce.
<<È un peccato.>> L'altro uomo si accese la sigaretta, ma lui non trsdì il minimo cedimento, solo un malcelato fastidio. L'altro parve rilassarsi. Nichk si auto-lodò per l'interpretazione.
Cominciarono a giocare. Nick lo lasciò vincere.
<<Sembra non sia serata per lei Andrew.>> Lo schernì. La sua voce melensa gli dava il voltastomaco, pensò Nick.
<<Prima o poi, la sorte girerà, signor Clipton.>>Rispose Nick, prontamente. Era abituato a rispondere a nomi diversi, e non faceva fatica a cambiare identità, era più pesante con le abitudini, ma riusciva ad adattarsi anche a quelle. Giocò una mano meglio delle altre, ma si trattenne dal vincere.
<<Che peccato! Questa volta c'era quasi!>> Il signor Clipton gongolava. Nick ingoiò il rospo. Odiava quell'uomo e la sua insulsa voce gutturale. Se fosse stato per lui avrebbe chiuso lì il lavoro, ma uno sparo avrebbe attirato l'attenzione, senza contare che Mallohoy non avrebbe sperso neanche un secondo, per tirarlo fuori dai guai, se avesse fatto di testa sua. Abbozzò. Dovette farlo.
<<Prima o poi andrà meglio>> Sorrise, impassibile. Fece un rapido conto di quanto poteva ancora perdere.
Giocarono ancora per un ora. Nick vinse una volta, poi perse tutto.
<<Bha, ha ragione lei. Questa non è serata.>> Disse. Il tono era infastidito, ma non del tutto adirato. La reazione pacata di un uomo pacato.
<<Non vorrà chiudere la serata qui?>> Disse Clipton. Nick finse di pensarci.
<<No, ma è giusto fermarmi. Mia moglie mi farà la pelle, quando vedrà quanto ho perso!>> Più che sua “moglie”, Mallhoy. Aveva appena dato fondo alla copertura massima del suo credito. Staccò e firmò con nonchalance un assegno.
<<Su, su. Le donne non devono condizionarci la vita!>> un sorriso furbo balenò per un attimo sulle labbra di Nick.
<<Lo penso anch'io. Ma vede, lei ha l'entusiasmo di chi vince, io non sono così ansioso di perdere ancora, oggi.>> Il tono era un po' acido, segno che teneva al denaro perso, ma si era comunque tenuto aperto uno spiraglio. Non era ancora tempo di agire e di conseguenza non poteva incattivire o peggio insospettire il signor Clipton o il signor Smith.
<<Domani, allora?>>Chiese Clipton.
<<Domani. Chissà, forse la sorte, sarà più clemente.>> Disse.
<<Allora è deciso.>> Asserì Clipton.
Nick annuì e lasciò la stanza. Era stato costituito un fondo extra, per il suo credito, da usare nelle emergenze, e ne avrebbe chiesto a Mallhoy l'accesso. Ma non sarebbe stato facile spuntarla.


Entrò nella stanza, e cominciò a spogliarsi, distrattamente. Tolse la giacca, allentò la cravatta e si buttò sul letto di traverso. I piedi piantati a terra, lo sguardo al soffitto, le braccia tese, lungo il corpo. Fino a quel momento era stata una missione tranquilla, ma snervante, sul piano psicologico. Non era la prima missione che lo impegnava in quel modo, ma era la prima volta, da quando stava con Francesca, che non solo si allontanava da lei, ma la escludeva del tutto, senza neanche cercare di mettersi in contatto con lei. Si sentiva un verme. Ma non poteva fare diversamente, si sarebbe fatto perdonare a missione conclusa. Si alzò. Non era il momento di indugiare in simili ragionamenti. La vita privata, non doveva interferire con quella lavorativa, era la prima regola per una spia. E non sempre era facile, attenervisi. Per questo era stato restio, per lungo tempo, a legarsi, ma Francesca... be' Francesca era un'altra cosa. Scosse la testa e andò in bagno, dove finì di spogliarsi. Una doccia l'avrebbe rimesso in sesto.
Ancora bagnato uscì dal bagno, avvolgendosi un asciugamano intorno ai fianchi. Il telefonò cominciò a squillare. Diamine! Aveva dimenticato di fare rapporto!
<<Si?>> Rispose.
<<Amore! Aspettavo la tua telefonata!>> Disse la voce, in quell'occasione più sollecita del solito.
<<Scusami,. Ho avuto una cena d'affari, e ho perso la cognizione del tempo.>> Disse. Se la frase detta da lei, era traducibile più o meno: “Dove è sparito D420! E perché diavolo non ha fatto rapporto?”, la sua voleva dire più o meno, che aveva preso contatti e che il rapporto era l'ultimo dei suoi pensieri.
<<Affari, eh?>> Il tono era geloso, in apparenza, ma Nick sapeva che in realtà, S2D stava chiedendo se c'erano novità, importanti.
<<Sì. Affari e non essere gelosa.>> Disse in tono stizzito. Ma in realtà voleva dire: “Sì. Ci sono novità, ma non potevo contattare Mallhoy”
<<E, va bene. Amore, mi manchi, quando torni?>> La voce cambiò tono.
<<Presto. Non so quando di preciso.>> “Ho preso contatti, buoni, devo agire?”
<<Oh, Amore, cerca di liberarti per sabato, per favore.>> La voce era divenuta dolce. Doveva agire entro la settimana.
<<Perché?>> Come a chiedere se c'era una qualche complicazione.
<<La mamma viene a trovarci.>> Più a lungo la sua copertura non avrebbe retto.
<<Devo proprio?>> Chiese, come a sincerarsi della gravità dell'informazione precedente.
<<Sei un mostro!>> La voce, offesa, chiuse la chiamata con un tonfo. Era un ordine. Rimise la cornetta a posto, con un certo vigore, esclamando a voce alta e adirata: <<Valle a capire le donne>>
si mise a letto. Aveva tre giorni per agire. Prima di addormentarsi mandò un messaggio, dal suo orologio, per chiedere l'accesso al fondo d'emergenza.
Controllò la presenza di Bechy e Peny, prima di scivolare nel sonno, m come sempre non si lasciò andare del tutto. Anche nel sonno restava vigile.


FINE SECONDA PARTE




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Racconto scritto il 22/01/2017 - 18:05
Da Marirosa Tomaselli
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