Aveva un piano, ma nella sua esperienza, sapeva bene che nessun piano era mai veramente perfetto, e spesso una buona capacità d'improvvisazione, poteva tornare utile. Si riscosse dai suoi pensieri. In missione non c'era spazio per i pensieri. Si guardò intorno, velocemente. Sembrava tutto tranquillo, troppo per i suoi gusti. I sui sensi di spia erano allerta. Poche ore prima aveva avuto la conferma, del passaggio alla fase operativa. Controllò l'ora.
Era nascosto dietro un pilastro, su di una terrazza. Il suo obbiettivo era, il palazzo di fronte, un piano più giù. Una distanza di tre metri, calcolò. Nei giorni scorsi aveva fatto dei controlli, e quella era la via d'accesso più sicura, ma certamente non la più facile. Con sicurezza, incominciò a muoversi. Estrasse la corda. L'agganciò saldamente alla balaustra. Controllò che reggesse e l'afferrò saldamente. Un respiro e si calò giù.
Non era la prima volta, e non fu difficile, raggiungere il balcone. Atterrò con un leggero tonfo, che riecheggiò nel silenzio della notte. Si addossò al muro e contò. Uno, due, tre... Il tempismo era tutto. Trattenne il fiato, mentre si liberava della corda. Doveva sfruttare l'effetto sorpresa. Sorrise tra sé. Quella volta doveva funzionare. Estrasse uno dei gadget di Sharley. Un portachiavi, che al suo interno, celava tutto l'occorrente per aprire le serrature e qualsiasi altro tipo di chiusura, esistente. Non ci volle molto per aprire la porta-finestra. All'interno regnava il buio, ed era un bene. Ma c'era troppo silenzio. Sbatté gli occhi per abituarli all'oscurità. Appena riuscì ad indovinare la sagoma di una grande libreria, la sfruttò come riparo. Aveva bisogno di riordinare i pensieri.
Era il momento di agire. Impugnò Penny, la sicurezza non era mai troppa. Lasciò il suo nascondiglio. Aveva un obbiettivo: Stanare Clipton. Il suo compito quella volta, era catturarlo ed assicurarlo alla giustizia. Il corridoio era deserto, ma non fece in tempo a girare l'angolo che Smith, gli si parò davanti. Si mosse fulmineo, tramortendo il suo avversario, col calcio della pistola. Un rumore attrasse la sua attenzione. Clipton stava tentando la fuga. Cercò di raggiungerlo, ma quello aveva preso l'ascensore interno. Corse fuori dall'appartamento. Sapeva, che Clipton avrebbe cercato di raggiungere il parcheggio sotterraneo e doveva fermarlo prima. Scese le scale come un dannato. Era l'unico altro modo, per raggiungere il parcheggio. Aveva rimesso Penny nella fondina.
Impiegò più tempo di quanto avrebbe voluto. Clipton era già alla macchina. Era troppo lontano. Un'idea gli balenò nella mente. Non poteva avvicinarsi, ma poteva creare un diversivo e distrarlo, prima che salisse.
Estrasse, dalla loro custodia, una delle micro-bombe create da Saharlay, per le emergenze, si nascose dietro una macchina, e la scagliò lontano, nell'angolo opposto a dove si trovava Clipton.
Il tutto si svolse in meno di un minuto. Come aveva previsto, Clipton fu distratto dal boato, e lui poté raggiungerlo alle spalle. Cercò di colpirlo, ma quello fu veloce e rispose. E cominciò una strana, famigliare danza, che seguiva uno strano ritmo in crescendo, anch'esso familiare, per Nick. Colpo su colpo. Clipton, era agile, per la sua età, e veloce, e questo non se lo aspettava. Ma aveva affrontato avversari, peggiori. Schivò un pugno, e si difese, sferrando un calciò. I colpi si susseguivano, velocemente. Un, pugno, un calcio. Un altro pugno, un altro calcio. Era ansimante e sudato, ma sapeva che poteva avere la meglio, sul suo avversario. Era il momento di smetterla di perdere tempo e fare sul serio. Lo colpì. Ma quello rispose con un colpo basso. Nick, lo incassò egregiamente, e rispose con una veloce sequenza di calci e pugni. Doveva scaricare tutta la tensione, accumulata in quei giorni di missione. Non gli lasciava tregua, colpiva senza sosta. Clipton cadde a terra, sfinito, e Nick ne approfittò. Lo bloccò a terra e gli mise le manette ai polsi, prima di portarlo via.
Entrò a passo sicuro, nell'ufficio di Mallhoy. Questi se ne stava comodamente seduto, dietro la scrivania. Quello che lo stupì fu vedere dietro lui, in piedi, rigido, un uomo dai capelli scuri e lo sguardo di granito. Doveva essere il famigerato, Shadow. Mantenne la sua espressione salda, e sostenne lo sguardo dei due uomini.
<<Ben fatto, D420.>> Disse Mallhoy.
<<Grazie, signore.>> Rispose facendosi avanti.
<<Spero si sia trovato bene, a lavorare con uno dei miei agenti.>> La voce di Shadow, wea profonda, e fredda. Controllata al massimo.
<<Sì signore. Sebbene sia stato strano.>>
<<Strano?>> Shadow inarcò un sopracciglio, e la sua voce assunse una nota metallica e tagliente. Quell'uomo metteva i brividi. Sembrava una statua di ghiaccio. Non si lasciò intimidire.
<<Sì. Non sono abituato a lavorare con un agente mai visto.>> Un sorriso, freddo e malizioso incurvò le labbra di Shadow.
<<Forse, un giorno darà un volto alla voce.>> Fece un cenno a Mallhoy, ed uscì, lasciandosi dietro un freddo saluto.
<<Bene D420, ha un mese di licenza.>>
<<Come mai signore?>>
<<Una nuova politica dell'agenzia, si premiano gli agenti migliori, si puniscono i mediocri.>> Parole dure, ma che non scalfirono minimamente l'innata eleganza di Mallhoy.
<<Capisco.>>
<<Al termine della licenza, l'aspetterà la nuova missione. Ha fatto un buon lavoro.>> Nick, strinse la mano al suo capo, prese il dossier, e uscì dopo un breve saluto e un ringraziamento.
Aveva un mese per farsi perdonare da Francesca, e sperò vivamente che bastasse.
Mentre percorreva i corridoi dell'Agenzia, incrociò una giovane donna, dai capelli ramati. Il corpo era fasciato in un tailleur, dal taglio impeccabile, ed era molto carina. Chissà chi era, si chiese mentre lasciava il comando.
Ma, ora aveva altri pensieri per la mente, e finalmente era libero di formularli, e lasciarsi andare ad essi. Avrebbe preso dei fiori per Francesca, decise, raggiungendo la macchina.
FINE
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