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LA SCELTA DEL DUCA

LA SCELTA DEL DUCA.


La sala era splendente, tante erano le candele ad illuminarla, e alcune delle nobildonne, più influenti, lo erano ancor di più, pensò con un sorriso cinico, osservando i gioielli che portavano, certamente dono di qualche marito condiscendente o di qualche amante ben fornito. Cercò d'ignorare quai ragionamenti. Ormai aveva 35 anni, ed era giunto il momento che assicurasse, al suo titolo una discendenza, in fondo era sempre il duca di Herlon. Era già tutto previsto. La ragazza era già stata scelta e presi tutti gli accordi, ma l'etichetta e soprattutto la società, pretendeva che si comportasse secondo le regole. Un amico comune, con la famiglia, li avrebbe presentati, poi lui le avrebbe chiesto un ballo, e da quel momento avrebbe cominciato a corteggiarla, secondo quanto conveniva. Si fece coraggio, era una tortura alla quale non poteva esimersi. Accanto alla vetrata, stava Lord Ingram, sarebbe stato egli, a presentarlo alla sua futura sposa. Gli fece un breve cenno del capo ed egli si avvicinò. Insieme percorsero la sala, sino ad arrivare presso Lady Starcourt e sua figlia, Lady Grace, Milton. Lord Ingramm li presentò, così com'era consono. Un breve inchino da parte sua, una riverenza fredda ed impeccabile da parte della ragazza. Poi fu presentato alla cugina. Guardò le giovini, più diverse non potevano esserlo. La sua promessa, era una florida, dallo sguardo altero, ed i movimenti perfetti, un autentico fiore dell'aristocrazia. La cugina, era molto meno notevole, sebbene avesse un visino grazioso, era molto più modesta. La sua riverenza fu impacciata e meno raffinata. Non ci badò oltre, non rientrava nei suoi piani. Chiese una danza a Lady Grace Milton e la scortò al centro della sala. Un solo ballo, ma al prossimo trattenimenti, ne sarebbero divenuti due. Aveva in mente un corteggiamento serrato, ma breve. Dopo il ballo scortò la dama presso i suoi parenti e si allontanò. Si studiò comunque di osservare la donna che avrebbe sposato, era bella, ma non era punto il suo tipo, ma il suo nome e la sa dote avrebbero portato lustro al suo casato.
<<Herlon.>> La voce nota di lord Ingramm, richiamò la sua attenzione.
<<Ingramm, ditemi pure.>> Non amava i convenevoli, era un uomo freddo e risoluto.
<<Non è angelica la vostra promessa?>> Lord Herlan, alzò gli occhi al cielo.
<<E' quanto mi occorre.>> Rispose brevemente. Lord Ingramm stette pensieroso qualche istante.
<<Nessuno sta invitando Miss Ellison a ballare.>> Cominciò, ma il duca lo interruppe con un gesto stizzito della mano.
<<Ebbene?>> Disse.
<<Io stesso, ho provveduto ad invitarla, una volta, ma non posso compromettermi più sfacciatamente.>> Il duca si fece nervoso.
<<Ebbene?>> Ripeté.
<<Ecco sarebbe il caso che magari voi...>>Il duca lo interruppe.
<<Immagino sia uno di quei doveri, dai quali sia impossibile esimersi.>> Disse con voce grave, allontanandosi. Il suo volto era cupo, mentre con passo risoluto si faceva strada presso la piccola corte che si era creata attorno a Lady Grace Milton e sua madre. Dover piegarsi a ballare con una borghese, senza grandi attrattive, per cortesia gli era gravoso, ma era avvezzo ai compiti impegnativi. Chiese il permesso a Lady Starcourt, e po invitò la ragazza. La sua speranza, disattesa, era che la ragazza rifiutasse. Fece buon viso a cattiva sorte e la scortò al centro della sala. Sicuramente si sarebbe rivelata una ballerina goffa ed inesperta. Dannazione, sperava solo che fosse docile, da portare, almeno la sua esperienza, avrebbe potuto sopperire alle grandi mancanze di ella.
<<Ballate bene.>> Disse sorpreso di trovarsi tra le braccia una ballerina aggraziata e leggera.
<<Ne siete stupito, signore.>> Ella disse ferma, mentre un lampo le attraversava gli occhi.
<<Lo sono.>> Disse egli. Strinse la presa e la guidò in un volteggio. Era docile da portare, ma non passiva.
<<E' un trattenimento ben riuscito>>Osservò cercando di studiare le espressioni della ragazza.
<<Non oso contraddire le vostre opinioni, signore.>> Una risposta compita, che però lo punse sul vivo e lo incuriosì.
<<E ditemi, cosa osereste fare?>> Era una domanda inopportuna, ma aveva i suoi motivi di porla.
<<Mi contenterò si ascoltare in silenzio.>> Il tono era risoluto, e lo sguardo vivo. L'insieme, dava al commento una nota insolente che lo attrasse, sebbene avrebbe dovuto risentirsene.
<<E vi sembra educato?>> La pungolò.
<<Molto educato, signore. Altrimenti potrei dire qualche sciocchezza.>> Sorrise. Il duca, ne rimase colpito. Era una donnina minuta, ma aveva del carattere per giocare col fuoco così. Finita la danza la scortò al suo posto, tenendo il contegno freddo che lo contraddistingueva. Ella riprese a tenere gli occhi bassi.
Lasciò la sala da ballo per salire in una delle stanze da giuoco, come avevano fatto anche altri gentiluomini. Non giocava molto, ma lo riteneva un piacevole diversivo.
Giuocò per un ora. Ridiscese nella sala, s'intrattenne, per qualche minuto, a parlare con qualche conoscente, pi cercò i padroni di casa, per potersi congedare. In capo a mezz'ora era fuori dal ricevimento.


Si era svegliato di buon ora. Aveva molte cose importanti da fare. Anzi tutto mandò uno dei suoi valletti a sbrigare le commissioni della mattina, una più impellente delle altre: recapitare un omaggio floreale a Lady Grace, Milton. Il messaggio doveva essere chiaro, e come si era detto il corteggiamento doveva essere breve, non c'erano motivi di prolungarlo oltre. Dopo la colazione, uscì preso di casa.


Passeggiava per Hide Park, e aveva notato le tre donne che facevano lo stesso. Si studiò di osservarle, discretamente, da lontano. Lady Grace Milton, era graziosamente abbigliata, nel suo delizioso abito rosa. Un frivolo cappellino e un ombrellino in tinta, ornato di piume completavano il quadro. Lady Starcuort, era magnifica, se così la si poteva definire, nella sua opulenta ostentazione, del suo rilievo sociale. Miss Ellison, figlia della defunta sorella di Lady Starcourt, così aveva appreso la sera avanti, ad uno dei tavoli da giuoco, seguiva modestamente, e non v'era traccia del temperamento che l'aveva colpito, durante il ballo, ma non era affatto un suo problema. Non fece nulla per attirare l'attenzione del gruppo, anzitutto sarebbe stato sconveniente, poi non aveva punto voglia di unirvisi. Sfortunatamente Lady Starcourt l vide, e lo salutò. Ancora una volta fece buon viso a mala sorte, e si recò dal gruppetto, rispondendo al saluto in modo adeguato. Quando Lady Starcourt gli chiese di scortarle, egli si disse lieto, d'un tale onore. Le due donne furono ben liete delle sue parole e le accolsero con gran sorrisi. Solo Miss Ellison, si permise di alzare un momento gli occhi e ad egli sembrò di scorgervi uno strano lampo, ma s'affrettò tosto a cancellare quell'impressione. Ella non poteva certo, aver indovinato il suo rammarico e il suo tedio.
Stette con loro per una decina di metri, poi addusse una scusa, e le lasciò. Entrambe le donne pendevano dalle sue labbra e tutti i dettami dell'etichetta erano stati rispettati, con scrupolo, eppure aveva la strana sensazione di aver commesso qualche fallo, poiché gli occhi di Miss Ellison, non avevano smesso di lanciargli occhiate lampeggianti, non appena erra era sicura di non essere vista, che da lui. Per quale diavolo di motivo, si dava tanta pena per ella, che non era altro che un pesante fardello? Eppure ne era intrigato.


Camminava su e giù per il salotto. Il nervosismo gli arpionava i nervi ad ogni passo e una smania d'agire gli bruciava l'animo. Nelle ultime settimane, aveva condotto avanti il corteggiamento di Lady Grace Milton, e tutto era andato secondo i piani, eppure qualcosa, era mutata in egli e nella sua risoluzione. E questo qualcosa, aveva a che fare con Miss Ellison. Più volte l'aveva invitata a ballare, trascurando perfino la sua promessa, e più volte aveva trovato piacere e giovamento nella compagnia di Miss Ellison, più che in quella di Lady Grace. Si passò una mano tra i capelli. Già da un po' velati commenti, erano stati sparsi sulla questione. E l'altra sera, l'avevano visto passeggiare nel giardino, solo con ella, e senza chaperon, anziché con Lady Grace e sua madre, come conveniva. Quella sera avrebbe dovuto mettere in chiaro le sue intenzioni nei riguardi di Lady Grace Milton e mettere così a tacere i pettegolezzi, ma un simile agire gli avrebbe imposto di dimenticare quanto egli sentiva per Miss Ellison, e per quanto deprecabile fosse, un simile sentire egli non voleva punto rinunciarvi. L'ansia lo divorava, lo sgomento era impresso a chiare lettere nei suoi occhi. Aveva contro tutta la società, ed era ben conscio della sconsideratezza e della poca avvedutezza del suo contegno scriteriato, ma egli voleva Miss Ellison. Bramava averla per sé solo, e non voleva che una moglie, per quanto adatta si frapponesse a tale unione. Rompere il fidanzamento sarebbe stato uno scandalo, ma gestibile, certo, a condizione che si tenesse alla larga da miss Ellison, e questo non rientrava punto nei suoi piani. Tornò a misurare il salotto. Doveva trovare una soluzione. Si fermò. Quella sera avrebbe ballato e parlato ancora, tanto alla sua promessa, quanto alla donna che bramava e se le cose andavano come egli credeva avrebbe agito e al diavolo la società. Chiamò uno dei suoi valletti e gli diede istruzioni precise.


Come entrò nella sala, molti volti si volsero a guardarlo e molti mormorii, incrociarono il suo cammino. Con alterigia gli affrontò a testa alta. Era sempre il duca di Herlam e non si sarebbe certo fatto intimorire dalle chiacchiere, avrebbe saputo affrontare gli accadimenti, e ne avrebbe tratto vantaggio. sì. Sarebbe uscito vincitore, a dispetto del suo orgoglio o del suo cuore. Ma ad ogni modo, ne avrebbe avuto il suo profitto. O almeno se lo augurava, poiché sapeva che la sua scelta non aveva alcunché d'avveduto o di ragionato e ancor più aveva un esito assai incerto. Non appena gli fu possibile, prenotò due danze a Lady Grace e una a miss Ellison. Aveva un piano in mente e vi si sarebbe attenuto cono scrupolo, eppure una fastidiosa sensazione, molto simile alla paura, che egli mai aveva provata prima, gli serrava l'animo in una morsa d'acciaio, eppure non una volta si sentì di venir meno alla sua nuova convinzione, e non una volta si permise di pensare di annullare tale nuovo programma, per ritornare alla vecchia strategia, poiché una forza, alla quale non osava dare un nome, ma assai maggiore, lo spingeva a continuare nel nuovo proponimento. Ballò con Lady Grace e lasciò che ella lo annoiasse coi suoi discorsi e le sue numerose moine. Notò la maggior diffidenza di Ella nei propri riguardi ma non ci badò. Ogni più piccola parte del suo essere era presa da una febbre e da una smania innaturali e l'unico pensiero avvolto da un barlume di lucidità era dedicata a Miss Ellison, e al momento in cui avrebbe potuto ballare con ella e finalmente calmare un poco la sua smania.
Dovette aspettare due balli prima di poterla stringere a sé. Era leggiadra come sempre. Era bella, come gli appariva ogni volta che la guardava.
<<Siete pensierosa Jane.>> Le disse con più familiarità del dovuto.
<<Vostra grazia dovrebbe essere più accorta.>> Lo rimbeccò. Egli sorrise.
<<Suvvia, non arruffate le piume!<< La pungolò.
<<Oh, non preoccupatevi, sarò fedele al mio ruolo.>> L'amarezza che mise in quelle parole, lo turbarono. Ben sapeva a quale ruolo alludesse, ma egli ne aveva in mente un altro.
<<Non è quello il ruolo che fa per voi.>> Disse. Ella si rabbuiò.
<<Non lo è neanche quello che voi designate.>> Il duca sbiancò. Ella lo aveva frainteso. Stava perdendola, lo sentiva e non voleva.
<<Per amor del celo!>>Sbottò.<<Stiamo parlando di due questioni assai diverse.>> Disse.
<<Davvero voi dite?>> Era guardinga e piuttosto diffidente.
<<Io vi amo. E se è lo stesso per voi, fatevi trovare stanotte, presso il ponte.>> Sussurrò a voce bassissima, di modo che ella sola potesse udirlo.
<<E se non venissi?>> Il duca, si rabbuiò ancora. Era come ricevere una coltellata in pieno petto.
<<Agirò di conseguenza. Ma sappiate che vi aspetterò.>> Ormai la danza era finita, e non c'era più tempo per parlare. La scortò al suo posto e si allontanò.


Seduto nella sua carrozza, attendeva. Il suo animo era dilaniato, il suo umore tetro. Era un impresa rischiosa, quella che aveva progettata, ma era la sola che l'avrebbe condotto sulla via della felicità. Cominciava a disperare, quando la finalmente la vide. Scese dalla carrozza, e l'aiutò a salire.
<<Ebbene, vostra grazia?>> Ella disse. Era furente. Era bellissima.
<<Ebbene, mia cara Jane, vi voglio per me.>> Le disse, ma ella lo interruppe.
<<Sapete bene che è impossibile, e non verrò mai meno a quanto è gusto.>> Rispose.
<<Vi sto offrendo il matrimonio.>>Precisò freddo.
<<Non potete!>> Disse sgomente.
<<Domattina, vostra cugina, riceverà un biglietto, in cui comunico la rottura del fidanzamento. A meno che voi non mi abbandoniate.>>
<<Creerete uno scandalo!>> Egli sorrise.
<<Sì. Ma se accetterete non avrà importanza.>> Era calmo, sicuro.
<< Vi siete ammattito.>>
<<È come dite. Ma vi amo. Voi siete la mia sola felicità.>>
<<Ma come pensate di fare? La società non perdona.>> Era vero.
<<Ho tutto stabilito. Il nostro matrimonio, la nostra partenza.>> Ella era spaventata.
<<Cosa avete progettato?>> Chiese.
<<Ve lo dirò, ma voi prima rispondete: mi amate?>> Cosa doveva fare? Mentirgli?
<<Sì.>> Le sfuggi dalle labbra, quasi suo malgrado. La carrozza si mosse, mentre egli si spostava, sedendole accanto. Le cinse le spalle con un braccio.


Il profilo di Londra spariva all'orizzonte, a man mano che la nave si muoveva. Egli strinse Jane a sé, baciandole la fronte. Sarebbe stata sua e nessuno poteva impedirlo, tutto il resto poteva marcire all'inferno. L'onore, il titolo, il suo nome, erano ormai in secondo piano. Doveva essersi davvero ammattito se aveva rinunciato a tutto per amore, ma sapeva che non se ne sarebbe pentito, perché con ella sola poteva trovare la felicità. Jane tremò, ed egli la strinse un poco per calmarla. Si erano sposati poche ore prima, in gran segreto, in una chiesa. Aveva predisposto tutti, sin dalla mattina, ma fino al momento di salire sulla nave, aveva temuto che ella mutasse opinione e gli sfuggisse. Ed invece una nuova vita, li avrebbe accolti al loro arrivo in America. Una nuova vita, lontano da Londra. Strinse a sé la donna che amava, erano liberi, liberi di mostrare la loro unione. Egli si sentiva felice, tanto più che vedeva la stessa felicità negli occhi di Jane.
Fine




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Racconto scritto il 07/04/2017 - 12:14
Da Marirosa Tomaselli
Letta n.1395 volte.
Voto:
su 1 votanti


Commenti


Sei stata molto convincente e sei riuscita a dare una visione romantica ottocentesca ai personaggi, rendendoli molto credibili. Rivalutando il sentimento e la passione e di aspirare ad evadere dalla realtà perché la sentono come una prigione che li spinge a cercare i valori assoluti, per raggiungere ciò in cui credono, loro assumono atteggiamenti da eroi che lottano contro tutti, pronti a violare ogni norma. Proprio per questo sei una estimatrice del Manzoni e dell'immenso Goethe e noto una ricerca di quella spontaneità, al quale l’uomo adatta le sue necessità con passaggi di puro idealismo.

Savino Spina 10/04/2017 - 11:26

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la rileggo per assaporarla meglio *****

enio2 orsuni 07/04/2017 - 16:35

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Una sequela raffinata letterariamente e strutturalmente...
Il mio elogio e la mia Lieta giornata.
*****

Rocco Michele LETTINI 07/04/2017 - 15:22

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