Qual è il tuo segreto, Jaeger?
La domanda che ti fai allo specchio; non c'è risposta davvero? Vicissitudine e blandimento, il prezzo dell'esistenza. Al fondo di tutto: nessuna ricompensa. Alle intemperie che, d'un tratto, si smorzano nella quiete finale del "Che ci puoi fare?...", tu rispondi: sta bene.
Allo specchio, guardi te stesso. Dimmi cosa vedi.
Te stesso. Forse no. In un certo senso, sì. Magari qualcosa di te stesso. "Quello che sono; o forse il risultato di ciò che ho provato ad essere".
Tu fai le smorfie, prendendoti poco sul serio. E' la quiete del non volere indagare. Dell'accontentarsi di un riflesso semiserio.
"Non c'è segreto dinnanzi allo specchio. Chiedo scusa, non era esattamente quello che volevo dire... Un segreto c'è. Ma svanisce dietro ad una smorfia".
Ma è un po' come ignorare un problema che esiste. Tu lo sai. E cosa fai? "Quello che sai bene...".
Percorso e traguardo. Al di là di ogni distinzione, di ogni mezzo adoperato nel cammino, quello che importa sta da un'altra parte. Sta proprio lì dentro. Allo specchio. Ci sforziamo di immaginare come avremmo potuto alternativamente percorrere quel sentiero. Quale sarebbe quindi stato il diverso traguardo. Non è importante (sul serio). Guardati allo specchio: i segni che porti, che ti ha lasciato il tuo navigare. Le vicissitudini spariscono. E tutto è blandimento.
Non ti sei mai davvero sforzato di essere un risultato; perché affannarsi dopotutto? Abbiamo già l'adrenalina del nulla. Del sentirci inconclusi. Tutto questo: davanti ad uno specchio.
Il nulla è adrenalina, amico mio. Non è una contraddizione (credimi). L’affanno del sentirsi parte di un qualcosa; la ricerca di un equilibrio, anche fatuo, purchessia; il dilaniante desiderio di un profumo diverso dell’aria; l’abbandonarsi alle più inconsuete epifanie… Volere costantemente altro: è la disperazione di una nullità finale, del vacuo, dell’inconcluso.
Tu, Jaeger, poco o nulla hai concluso. E proprio non mi capacito di questa tua contentezza.
Hai evitato le domande. Hai sofferto il silenzio. Iniziando ogni giornata quasi come l’esordio di una favola.
Chi sei? Inconcluso: il piacere di avere preso per il culo la “domanda”. In fin dei conti, lei se ne sta sempre lì: sogghigna, quasi divertendosi del fatto che le andiamo sempre vicino, cercandola, e a malapena lei si fa sfiorare. “Se vuole, che venga lei!”, hai sempre detto. Le risposte non ti interessano.
Perché qui, c’è tutto quello che ti serve: qui, davanti ad uno specchio
La domanda che ti fai allo specchio; non c'è risposta davvero? Vicissitudine e blandimento, il prezzo dell'esistenza. Al fondo di tutto: nessuna ricompensa. Alle intemperie che, d'un tratto, si smorzano nella quiete finale del "Che ci puoi fare?...", tu rispondi: sta bene.
Allo specchio, guardi te stesso. Dimmi cosa vedi.
Te stesso. Forse no. In un certo senso, sì. Magari qualcosa di te stesso. "Quello che sono; o forse il risultato di ciò che ho provato ad essere".
Tu fai le smorfie, prendendoti poco sul serio. E' la quiete del non volere indagare. Dell'accontentarsi di un riflesso semiserio.
"Non c'è segreto dinnanzi allo specchio. Chiedo scusa, non era esattamente quello che volevo dire... Un segreto c'è. Ma svanisce dietro ad una smorfia".
Ma è un po' come ignorare un problema che esiste. Tu lo sai. E cosa fai? "Quello che sai bene...".
Percorso e traguardo. Al di là di ogni distinzione, di ogni mezzo adoperato nel cammino, quello che importa sta da un'altra parte. Sta proprio lì dentro. Allo specchio. Ci sforziamo di immaginare come avremmo potuto alternativamente percorrere quel sentiero. Quale sarebbe quindi stato il diverso traguardo. Non è importante (sul serio). Guardati allo specchio: i segni che porti, che ti ha lasciato il tuo navigare. Le vicissitudini spariscono. E tutto è blandimento.
Non ti sei mai davvero sforzato di essere un risultato; perché affannarsi dopotutto? Abbiamo già l'adrenalina del nulla. Del sentirci inconclusi. Tutto questo: davanti ad uno specchio.
Il nulla è adrenalina, amico mio. Non è una contraddizione (credimi). L’affanno del sentirsi parte di un qualcosa; la ricerca di un equilibrio, anche fatuo, purchessia; il dilaniante desiderio di un profumo diverso dell’aria; l’abbandonarsi alle più inconsuete epifanie… Volere costantemente altro: è la disperazione di una nullità finale, del vacuo, dell’inconcluso.
Tu, Jaeger, poco o nulla hai concluso. E proprio non mi capacito di questa tua contentezza.
Hai evitato le domande. Hai sofferto il silenzio. Iniziando ogni giornata quasi come l’esordio di una favola.
Chi sei? Inconcluso: il piacere di avere preso per il culo la “domanda”. In fin dei conti, lei se ne sta sempre lì: sogghigna, quasi divertendosi del fatto che le andiamo sempre vicino, cercandola, e a malapena lei si fa sfiorare. “Se vuole, che venga lei!”, hai sempre detto. Le risposte non ti interessano.
Perché qui, c’è tutto quello che ti serve: qui, davanti ad uno specchio
Racconto scritto il 25/05/2017 - 12:32
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