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LIMA 512

Elena era stanchissima, non ce la faceva più a resistere a quella vita così stressante.
Il lavoro, la casa e gli impegni che si accavallavano gli uni sugli altri, rendevano la sua vita un inferno, ma quella era la sua vita, l’aveva decisa lei, ma ora si sentiva prigioniera, in gabbia e non riusciva più a sostenerne il peso.
Si districava tra il traffico caotico della sera, Elena guidava quasi in automatico, ed era come se la macchina da sola conoscesse la strada.
I suoi pensieri invece volavano lontani e una domanda le rimuginava nella testa “Perché mi sono ridotta così?”.
Elena era stata una brillante studentessa all’università, si era laureata in archeologia e aveva anche vinto un dottorato di ricerca che le aveva permesso di andare con un gruppo di archeologi in Perù per degli studi su quei siti così particolari e misteriosi del Sudamerica.
Allora, ed erano già passati molti anni, aveva lasciato la sua famiglia, i suoi amici ed era partita senza nessun rimpianto. Aveva lavorato sodo per quasi tre anni e certo non era stato facile abituarsi ad un mondo completamente diverso, ad un clima freddo e poco clemente soprattutto nel periodo invernale, senza considerare la difficoltà di vivere e respirare a latitudini impensabili.
Era però entusiasta del suo lavoro e si era impegnata con piacere con i suoi colleghi, altri ricercatori come lei con i quali aveva diviso sia le ore di lavoro che quelle di studio e di divertimento.
Una vita che avrebbe potuto fare ancora per molti anni se ne avesse avuto la possibilità, ma nella vita a volte le cose non vanno sempre per il verso giusto e anche a lei era successo qualcosa che aveva buttato all’aria tutti i suoi piani.
Arrivata a casa, imboccò il vialetto che portava al garage e si fermò. Raccolse la borsa e la valigetta dei documenti di lavoro che aveva buttato sul sedile di dietro e scese di macchina.
Già da un pezzo aveva perso l’entusiasmo di rientrare a casa, la sua bella casa che aveva arredato con tanta cura e perché no anche con tanti soldi. Una casa moderna, quasi robotica, comoda e pratica quanto sofisticata, ma ora neanche la casa attirava più la sua attenzione.
La cameriera, che l’aveva sentita arrivare le era andata incontro e le aveva aperto la porta per non farle perdere tempo nella ricerca delle chiavi che si perdevano regolarmente in qualche angolo della borsa. Entrò in casa ed andò immediatamente nello studio a posare le borse, poi chiese alla cameriera se suo marito fosse in casa, ma la donna le disse che aveva avvisato che sarebbe rientrato dopo cena.
Come succedeva da parecchio tempo Luigi, suo marito, trovava spesso delle scuse di lavoro per trattenersi fuori casa. Da un pezzo aveva avuto la conferma che aveva un’amante, ma la cosa non l’aveva sconvolta più di tanto e aveva continuato come se tutto fosse normale, anche se questo era un problema che avrebbe dovuto risolvere prima o poi. Ormai vivevano più come separati in casa che come marito e moglie e a lei questo cominciava a pesare un po’.
La cameriera le aveva fatto trovare la cena pronta, Elena si sedette a tavola e mangiò soltanto delle verdure grigliate, non aveva per niente fame o più semplicemente non aveva voglia di mangiare.
Si alzò da tavola e si fermò per qualche minuto nello studio per controllare la posta personale sul portatile, poi si diresse in camera sua per spogliarsi e farsi una bella doccia calda. Le piaceva sentire l’acqua calda scivolare sulla pelle come un carezza e vi sarebbe rimasta ancora a lungo se non avesse sentito squillare il cellulare. Si sentì in dovere di rispondere e uscì da sotto la doccia, si mise l’accappatoio e andò a prendere il telefono, incuriosita di sapere chi la chiamasse a quell’ora tarda.
Era una sua collega di università, l’aveva conosciuta in Spagna durante una borsa di studio con l’Erasmus, sempre insieme avevano fatto il dottorato di ricerca e da allora avevano continuato a sentirsi anche se sporadicamente.
“Ciao, Elena, come stai? Era tanto che non ci sentivamo, ma avevo bisogno di parlare con te, anzi dovrei farti una proposta secondo me interessante, ma ci dobbiamo vedere, non posso dirtela così per telefono.”
“Ciao, Carmen, tu come stai? Mi fa piacere sentirti. Che hai da dirmi di così interessante?
Lo sai che sono molto impegnata con la mia azienda e mi rimane poco tempo per altre cose”.
“Lo so questo, ma credi, se non ne fosse valsa la pena non ti avrei certo chiamato. In questo momento sono in Italia e ci rimarrò almeno un’altra settimana, sono a Roma, dimmi tu se possiamo incontrarci.”
“Va bene, non so, io dovrei essere a Roma fra qualche giorno per lavoro e se mi dai il tempo di organizzarmi, ci possiamo vedere in albergo da te. Ti chiamo io domani, a presto, un abbraccio”.
Elena chiuse il cellulare e si sedette sulla poltrona, la telefonata l’aveva sorpresa e non sapeva cosa pensare. Le tornarono in mente i bei periodi trascorsi con Carmen quando insieme si dedicavano esclusivamente alla ricerca, ripensò ai suoi viaggi in giro per il mondo alla scoperta di chissà quali tesori, poi per lei era finito tutto. Improvvisamente suo padre era morto e lei, figlia unica, aveva dovuto lasciare il suo lavoro di ricercatrice all’università per dedicarsi all’azienda di famiglia, un’azienda di import/export per le piccole e medie imprese. che offriva servizi di consulenza e supporto nella realizzazione di progetti di internazionalizzazione, aiutandole ad affrontare la vastità e la complessità del mercato, in un contesto internazionale sempre più globalizzato e competitivo All’inizio era stato molto duro abituarsi ad una lavoro così impegnativo e nuovo per lei, ma alla fine c’era riuscita. Aveva conosciuto in azienda Luigi, che era uno dei più validi collaboratori di suo padre che da subito le era stato molto vicino, l’aveva guidata, aiutata, e alla fine avevano deciso di sposarsi.
Ed ora lei si sentiva prigioniera del sistema.
Guardò l’orologio e vide che era già molto tardi e che suo marito di lì a poco sarebbe rientrato e lei, preferendo non vederlo, si affrettò ad andare a letto per farsi trovare già “addormentata”, in modo che lui, per non disturbarla, non si fermasse nella sua camera nemmeno per salutarla. Ormai era più di un anno che dormivano in camere separate, anche in questo caso non c’era stata nessuna decisione, non ricordava più neanche il motivo, ma una notte, per lasciarla dormire più tranquillamente, era andato a dormire nella camera degli ospiti e da allora a nessuno dei due era più venuto in mente di spostarsi nuovamente.
Poco dopo sentì la voce di Luigi nel corridoio, un tocco alla porta: silenzio.
Luigi sussurrò una “buonanotte” da dietro la porta, poi più niente.
Elena tirò un sospiro di sollievo e si aggiustò meglio nel letto, ma provava una strana inquietudine che non la lasciava dormire, poi la stanchezza ebbe la meglio e cadde in un sonno profondo.
La sveglia suonò come tutte le mattine e Elena fu costretta ad alzarsi come sempre. Si preparò con cura e quando uscì dalla camera era impeccabile: aveva un elegante tailleur grigio con una camicetta rosa pallido che le schiariva il volto. I suoi capelli biondi erano raccolti in un chignon sulla testa e il viso era ben truccato e i suoi occhi azzurri risaltavano sulla pelle chiara.
Scese le scale e andò in sala da pranzo per la colazione dove c’era già Luigi che la stava aspettando seduto a tavola mentre dava una lettura veloce al giornale.
“Buongiorno, cara, hai dormito bene? Mi dispiace non averti salutato ieri sera, ma quando sono salito tu eri già profondamente addormentata.”
“Si, scusa, ieri sera ero stanchissima, ieri è stata una giornata molto pesante ed oggi sembra che non sarà da meno.Tu, invece?”
“L’hai visto da sola ieri, quella nuova ditta mi ha fatto impazzire, mi ha mandato degli incompetenti che mi hanno fatto perdere un sacco di tempo, speriamo almeno che sia servito a qualcosa.”
“Ti ricordi che devo andare a Roma in questi giorni? riprese Elena, te lo dico perché dovrai restare solo, ma già che te lo dico a fare, tu sei sempre bravo ed efficiente e sai organizzarti anche senza di me. Meglio così perché mi ha telefonato ieri sera la mia amica Carmen, che in questi giorni si trova a Roma e mi ha detto che mi vuole parlare, quindi mi tratterrò forse uno o due giorni in più, voglio approfittare per stare un po’ insieme a lei, visto che è più di un anno che non ci incontriamo.” Aveva detto tutto di un fiato quasi per paura di essere interrotta, invece Luigi calmo le rispose che poteva partire tranquilla senza problemi, tanto in azienda sarebbe rimasto lui.
Si accorsero ambedue che stavano facendo tardi e si alzarono per uscire.
Luigi la sfiorò con un veloce bacio sulla guancia, le aprì la porta e insieme si diressero verso il garage. Ognuno salì sulla propria auto perché, anche se facevano la stessa strada, durante la giornata avevano bisogno di spostarsi in maniera autonoma.
Luigi per primo mise in moto e partì e Elena lo seguì subito dopo.
Arrivarono insieme in azienda, Elena lo salutò con un leggero cenno del capo e si diresse subito nel suo ufficio. Aveva fretta di arrivare perché aveva promesso a Carmen che l’avrebbe chiamata per darle una risposta.
Sulla scrivania c’era già un mucchio di posta che la segretaria le aveva preparato, la guardò, ma non se ne preoccupò più di tanto, prese il cellulare e chiamò l’amica.
“Buongiorno, eccomi qua, come promesso. Ho deciso di partire per Roma domani, avrò da fare un paio di giorni per lavoro, ma ci possiamo vedere anche domani sera a cena, se vuoi?”
“Benissimo, le rispose Carmen, sono felicissima, così potremo parlare di tutto senza problemi.
Io sono al mio solito hotel all’Eur, ci possiamo vedere lì verso le 19, che ne dici?”
“Perfetto, allora a domani sera. Non vedo l’ora di riabbracciarti. Ciao.”
Chiuse il telefono provò una strana euforia che la metteva di buon umore e iniziò la sua giornata di lavoro come sempre, ma con il viso stranamente sorridente perché il suo pensiero era già a Roma con la sua amica.
La giornata le passò velocemente e prima di tornare a casa preparò anche tutti i documenti che le sarebbero serviti il giorno dopo.
Quella sera anche suo marito era rientrato presto e poterono così cenare insieme conversando del più e del meno. Chi l’avesse visti in quei momenti avrebbe potuto anche esclamare:
“Che bella coppia!” perché questa era l’immagine che riuscivano ancora a dare agli altri.
Sembrava che ambedue avessero accettato quella situazione e che fossero consapevoli di voler mantenere una relazione corretta e apparentemente serena.
Luigi aveva la sua relazione extraconiugale, ma salvava le apparenze e questo era sufficiente per Elena a non creargli problemi. Del resto ambedue avevano la responsabilità dell’azienda e solo in questo modo avrebbero potuta farla progredire e crescere. Stare insieme in fin dei conti faceva comodo a tutti e due.
Dopo salirono per andare a letto, Luigi si fermò sulla porta della sua camera per darle il bacio della buonanotte, poi proseguì verso la sua.
Elena fece la doccia, preparò la valigia per il giorno dopo e se ne andò anche lei a letto, sapeva di doversi alzare presto. Aveva un solo pensiero in testa, avrebbe dato chissà che cosa per conoscere la proposta dell’amica, ma si addormentò subito senza pensare ad altro.
Aveva rimesso la sveglia un’ora prima rispetto a quella di tutti i giorni e al primo squillo fu già in piedi. Si preparò rapidamente, scese, fece colazione e salì in macchina per partire subito perché aveva paura di trovare traffico sull’autostrada e non voleva fare tardi agli appuntamenti programmati.
Un paio d’ore di viaggio e sarebbe arrivata a Roma.
Aveva prenotato il solito albergo in centro, comodo perché aveva il garage dove lasciare la macchina. I suoi impegni di lavoro le assorbirono tutta la giornata.
Nel tardo pomeriggio tornò finalmente in albergo dove potè riposare un poco e telefonare al marito per rassicurarlo che era riuscita a fare quasi tutto e che il resto lo avrebbe terminato il giorno dopo. Gli ricordò anche che sarebbe uscita per andare a cena con l’amica e che avrebbe potuto fare tardi.
Fece la doccia e si cambiò, si era portata un completo pantalone azzurro non troppo elegante e dal taglio molto giovanile.
Una volta pronta, scese nella hall, si fece chiamare un taxi per farsi portare all’Eur.
Il taxi si fermo proprio davanti all’ingresso dell’hotel dove Carmen la stava aspettando.
Pagò la corsa e scese, dirigendosi subito nella hall.
Era facile distinguerla per i suoi capelli corvini che teneva legati sulla testa, era seduta con una rivista in mano su di una poltrona, ma ogni tanto alzava la testa per guardarsi intorno e anche lei la vide, lo capì dal grande sorriso che apparve sul suo viso e dallo scatto che fece per alzarsi e andarle incontro.
Anche Elena accelerò il passo e le due si ritrovarono in un abbraccio caldo e pieno di emozione.
Stettero così per un po’, in silenzio, poi tutte e due scoppiarono in una grande risata che riuscì ad allentare le loro tensioni. Erano ambedue felici di rivedersi e di potersi raccontare le ultime novità.
“Sono felice di rivederti e di stare una serata con te. Ho prenotato la cena per le 20,30 al ristorante dell’albergo, così non dovremo uscire da qui e nel frattempo possiamo andare in un saloncino un po’ più appartato per poter parlare tranquillamente. Abbiamo più di un’ora prima della cena e dobbiamo raccontarci tante cose visto che non ci vediamo da tanto tempo.”
Come al solito Carmen aveva già pensato a tutto, era un’ottima organizzatrice e lo dimostrava ogni volta.
“ Certo”, rispose Elena, seguendo Carmen che già si era diretta verso un largo corridoio sulla destra, sul quale si aprivano diversi salotti con poltrone e divani. Entrò in uno più piccolo e meno frequentato e si sedette su una poltrona e Elena fece altrettanto.
“Come ti va la vita?” le chiese subito Carmen a bruciapelo. “Se non sbaglio o se non ti ricordo male, non mi sembri del tuo solito umore, anzi mi sembri un po’ più spenta. Tutto bene con il lavoro? E con Luigi?
“Perché mi chiedi questo? Si vede così tanto che sto attraversando un brutto periodo? Beh, ma non è vero neanche questo, sono semplicemente stanca della vita che sto facendo, l’azienda mi impegna tantissimo e non ho più tempo per fare niente, ho accantonato tutti i miei interessi, e tu puoi immaginare quanto mi sia costato lasciare il mio vecchio lavoro, ma non potevo fare altrimenti e mi sono ficcata io in questo pasticcio. Luigi poi fa la sua parte, siamo ancora insieme, ma anche lui è assorbito troppo dal lavoro e piano piano stiamo diventando più colleghi che marito e moglie. Tutto qui, non posso farci niente né fino ad ora ho avuto il coraggio di rompere questo equilibrio, se possiamo chiamarlo così.”
“Avevo intuito qualcosa dalle tue ultime telefonate ed è per questo che sono qui. Io invece sono rimasta all’università di Madrid ed ora ho una cattedra di archeologia e continuo ad occuparmi di progetti in Sudamerica. Ormai ho deciso di dedicarmi interamente alle mie ricerche e ho preferito non sposarmi, anche se lo scorso anno ci sono andata molto vicina, ma avrei in qualche modo dovuto sacrificare i miei studi e non me la sono sentita, anche se sono riuscita a dare un altro dolore alla mia famiglia.
Ora sono a Roma per prendere accordi con un gruppo di archeologi italiani che vorrebbero unirsi alla mia nuova spedizione ed è per questo che ti ho voluto vedere.”
“Ma che dici? Che stai dicendo? Io ormai sono fuori. Non saprei più da dove cominciare. E poi ho la mia azienda, che ne faccio della mia azienda?”
“ A questo penseremo dopo, tagliò corto Carmen, io ho bisogno di te, della tua collaborazione come una volta. Il progetto che mi è stato approvato riguarda degli scavi nel sud-est del Perù, vicino al Lago Titicaca quasi al confine con la Bolivia. Il lago dovresti vederlo è meraviglioso, il colore dell’acqua va dall’azzurro all’indaco e il lago è salvaguardato come riserva naturale protetta e sembra estendersi per tutto l’altopiano. Faremo prima una sosta nella città di Puno, una città portuale ad un'altitudine di oltre 3.800 metri, sulle sponde del lago Titicaca appartenente all'Altopiano peruviano, da dove poi ci sposteremo. Dovremo arrivare in aereo prima a Lima, poi a Juliaca, immediatamente a nord-ovest del lago Titicaca e da qui a Puno.
Mentre Carmen continuava ad aggiungere i particolari del viaggio e del progetto, Elena si sentiva sempre più confusa e combattuta.
Carmen se ne accorse, guardò l’orologio e, cambiando anche tono della voce, disse:
“Accidenti, a forza di parlare non ci siamo accorte che ci stanno aspettando per la cena. Vieni, andiamo, dobbiamo salire fino in cima perché il ristorante è all’attico.”
Elena si alzò e, senza profferire parola, seguì l’amica verso l’ascensore.
L’ascensore era già al piano e le due amiche salirono verso il ristorante, un grande salone tutto a vetrate da dove si poteva vedere Roma e i suoi dintorni, a 360 gradi.
La serata era meravigliosa, il crepuscolo aveva tinto di rosa l’orizzonte e Roma andava animandosi con tutte le luci colorate e le insegne che si vedevano da lontano e contro il cielo si stagliavano le numerose cupole delle chiese, a due passi il palazzo dell’Eur anch’esso illuminato completava il panorama. Fiumane di puntini luminosi tessevano una fitta rete che attraversava Roma, strade, autostrade che si intersecavano una sopra l’altra.
Un cameriere le accompagnò ad un tavolo proprio vicino ad una vetrata per poter continuare a godere di quella vista meravigliosa.
Optarono per un menù di pesce, cominciando con un antipasto caldo, saltando il primo e prendendo poi un pesce alla griglia con delle verdure e per finire un dessert con della frutta.
Durante la cena avevano parlato animatamente ma all’inizio avevano evitato di parlare del progetto in Sudamerica perché Carmen voleva lasciare a Elena il tempo di sedimentare l’idea e Elena perché era sempre troppo confusa. In sottofondo c’era una musica live con un pianista che suonava in maniera soft, per non disturbare troppo i clienti. La cena era stata piacevole e le due amiche si erano lasciate andare a godersi quei momenti di tranquillità e serenità. Avevano però ricordato i bei tempi quando si erano conosciute all’università, quando avevano scelto di fare le ricercatrici e di quando avevano deciso di andare in Sudamerica per le loro prime ricerche. Ricordi appassionanti che risvegliarono soprattutto in Elena emozioni che credeva di aver dimenticato, ma che invece erano ancora vive dentro di lei. Senza nemmeno rendersene conto fu Elena che riprese a parlare del progetto, a chiedere ulteriori spiegazioni e ben presto si trovò completamente assorbita da quell’argomento, senza pensare ad altro e avrebbe continuato ancora se ad un certo punto Elena non avesse dato uno sguardo all’orologio e avesse visto che stavano facendo molto tardi e, preoccupandosi anche dell’amica che doveva rientrare al suo albergo, propose di andar via. Elena ritornò alla realtà e convenne che era l’ora di rientrare in albergo e insieme si alzarono e andarono verso l’ascensore.
“Che bella serata, disse Carmen, non avevo sperato tanto, quando ti avevo chiamato ieri.”
“Chi se lo sarebbe aspettato di ritrovarsi insieme stasera, è stato bellissimo, grazie ancora, anche se devo dire mi hai messo un po’ in difficoltà ed ora dovrò trovare una soluzione, non so ancora quale, ma ci proverò”.
L’ascensore silenziosissimo si fermò, le porte automatiche si aprirono e le due amiche uscirono e si ritrovarono nuovamente nella hall.
Carmen si avvicinò alla Reception e chiese se potevano chiamarle un taxi, restò in attesa della conferma, poi la voce meccanica dall’altra parte del filo disse “Lima 512, fra 5 minuti” .
“Una premonizione?” esclamò Elena e si rivolse all’amica sorridendo
“Chissà, rispose Carmen, Allora io rimarrò a Roma ancora diversi giorni per organizzare la spedizione, nel caso tu decidessi di venire con noi è estremamente importante incontrarsi per definire tutti i particolari. Io ho già pensato che potresti aggregarti alla spedizione all’inizio come volontaria, poi vedremo. Per quanto riguarda il tuo lavoro potresti intanto prenderti una vacanza di almeno sei mesi circa, calcola da dicembre a maggio, per sfruttare il clima estivo. Che ne dici, potrebbe essere possibile? Pensi che Luigi ce la possa fare da solo a gestire tutto? Pensaci. Ci sentiamo domani mattina”
“Va bene, la notte mi porterà consiglio. Buonanotte e grazie di tutto”.
Il portiere le stava comunicando che il taxi era arrivato. Le due amiche si abbracciarono intensamente e Carmen le sussurrò all’orecchio:
“Ci conto”.
Elena non rispose, ma la guardò e i suoi occhi erano tornati a brillare come una volta.
Salì sul taxi “Lima 512” e arrivò in albergo che era ormai troppo tardi per chiamare Luigi, lo avrebbe fatto il giorno dopo anche perché avrebbe avuto bisogno di tempo per raccontargli tutto quanto.
Si coricò senza nemmeno fare la doccia e crollò in un sonno profondo.
Si svegliò senza bisogno della sveglia.
Dalle stecche delle persiane chiuse filtrava una luce brillante.
I suoi occhi familiarizzarono lentamente con quella allegrezza.
Le sembrò un buon inizio per un nuovo giorno e per una nuova vita.



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Racconto scritto il 13/06/2017 - 00:01
Da Roberta Sbrana
Letta n.1107 volte.
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Commenti


Bel racconto, letto tutto d'un fiato. Complimenti. Giulio Soro

Giulio Soro 13/06/2017 - 18:44

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