ESSERE E APPARIRE: “Pochi vedono come siamo, ma tutti vedono quello che fingiamo di essere
Se vogliamo comprendere le ragioni dell’ESSERE dobbiamo andare molto indietro nel tempo e ritrovare nel filosofo Parmenide i primi ragionamenti e riflessioni.
Parmenide fu il primo a sostenere la superiorità dell’interpretazione razionale della realtà a scapito dell'interpretazione soggettiva dei sensi.
Entrò in polemica con il pensiero di Eraclito e il concetto di divenire. Secondo Parmenide, la realtà intesa in senso eracliteo era falsa, in quanto si lasciava ingannare dai sensi, l'unica entità esistente è l'essere, aldilà di ogni percezione soggettiva.
Parmenide dice che, se davvero vogliamo rimanere entro il sentiero della verità, dobbiamo affidarci solamente alla ragione, tutto ciò che appare ai sensi è falso. Se vi è contrasto tra verità sensibile e verità di ragione, la verità è quella fondata sulla ragione.
Ecco il primo principio: la ragione come consapevolezza è l’atteggiamento mentale per comprendere la realtà, per approfondirne la natura e saperne cogliere i reali contenuti.
Avvicinandoci un pò di più ai tempi moderni, si potrebbe perfino affermare che il cammino e l’affermarsi dell’Essere deve necessariamente corrispondere alla crescita del Bene come valore.
Allora come mai il mondo non è più cresciuto lungo questo cammino ?
Abbiamo affermato che associati al significato/contenuti del Bene erano associati i valori della comunità umana.
Quindi, diminuendo i valori, diminuisce il contenuto dell’essere e l’allontanarsi dall'Essere avvicina al NON-ESSERE.
Per comprendere meglio il divenire o più semplicemente il modificarsi del NON ESSERE, quindi della perdita progressiva dei valori.
Dobbiamo giungere al nostro tempo contemporaneo che propone la scelta netta tra due categorie: o quella dell’Avere, dominante nella società consumistica di oggigiorno, o quella dell’Essere, cui la nostra stessa società dovrebbe aspirare.
Appare chiaro che la società tenta di disprezzare profondamente la modalità esistenziale dell’Avere, che ha sì indotto l’uomo a possedere le cose, ma ha anche fatto sì che le cose possedessero l’uomo.
Tale concezione, basata sul moderno assioma “Io sono ciò che ho”, trova il suo fondamento nella proprietà privata (dal latino “privare”, portare via ad altri).
Questo tipo di proprietà è ormai diffusissimo, infatti, anche se vi sono persone povere che non godono di proprietà nel senso effettivo, cioè di capitali e immobili, nella nostra società industrializzata non esiste uomo che non possegga e miri a conservare qualcosa, anche se in misura infinitesimale.
Ciò appare più semplice se si considera che il sentimento di proprietà, così come lo intende Fromm, non riguarda solo le cose inanimate, ma anche le persone, i sentimenti, le idee, le credenze e le abitudini.
La gente rincorre questo atteggiamento quasi ossessivo usando e abusando dell’aggettivo possessivo MIO, dicendo, ripetutamente, “mio padre”, la “mia famiglia”, “la mia salute”, le “mie abitudini” e così via.
Comportamenti, naturalmente, non condannabili ma che denotano un continuo esercizio mentale al bisogno di possesso.
Questo atteggiamento, come conseguenza, ne introduce un altro ben peggiore. Il bisogno di possesso, nella società contemporanea diviene atteggiamento consumistico che dilaga e che coinvolge l’intera comunità. “L’usa e getta” si basa ormai su un noto circolo vizioso: acquisizione-possesso e uso transitorio-eliminazione-nuova acquisizione.
Si insiste, ormai, sul fatto che, continuando su questo sentiero perverso, si andrà incontro all'alienazione, un effetto capace di mutare radicalmente i rapporti dell’uomo con i suoi simili, con il lavoro, con le cose e con se stesso.
In poche parole, la corsa sfrenata a “ciò che è bello” creerà come diretta conseguenza una società dove l’uomo ha perduto il predominio ed è possessore solo di una personalità fittizia.
Un’ipotesi di società “mentalmente sana” è realizzabile solo se l’uomo si riconoscerà nel modello esistenziale dell’Essere, smettendo, così, di essere alienato e diventando protagonista della propria vita. In tal modo l’uomo potrà anche ristabilire rapporti di pace e solidarietà con gli altri, rinunciando ad espandere “quantitativamente” il proprio EGO e liberandosi da ciò che possiede.
Allora come si posiziona il concetto di APPARIRE nel pensiero umano. La ricerca del bello, nel senso più generale, apre le porte al concetto di APPARIRE, quasi come approdo malefico dell’uomo verso una civiltà in continua disgregazione.
Allora la domanda che sorge spontanea è questa:
“L’ESSERE vale più dell’AVERE ? L’ESSERE vale più dell’APPARIRE ?
In teoria tutti riconoscono che è così. In pratica molti si contraddicono con i propri comportamenti. Allora l’APPARIRE prende il sopravvento.
Questo perché valori e concetti non vanno predicati, ma trasformati in pratica di vita: operazione sempre possibile se ci sono persone pronte a fare di questi valori una ragione e una scelta irreversibile, disposte a diventare coscienza critica e ben individuabile riferimento culturale.
E’ una bella sfida, soprattutto in una civiltà che non ama riflettere troppo su se stessa e dove l’attitudine alla riflessione e all'autocritica non è certamente uno dei suoi tratti distintivi.
Allora tutto è perduto ?
Il mondo non cambia mai in modo rapido e radicale, ma alcuni segnali potrebbero essere riconosciuti come incoraggianti nell'abbandono delle grandi città verso comunità più piccole e più vivibili.
Il mondo industriale ha bruciato risorse, uomini e cose, ma non ha portato la felicità. Troppi i “danni collaterali”. La speculazione ha spazzato via società e persone portando povertà e miseria a vantaggio di pochi, sempre più pochi e infinitamente più ricchi.
Non abbiamo camminato lungo il valore dell’uguaglianza e dei valori condivisi, ma lo sforzo maggiore è stato quello di privare molti di tutto a favore di pochi.
Non è necessario rincorrere le parole del Vangelo per comprendere il senso e il significato di questa realtà ormai sprofondata nel NON-ESSERE.
La teoria economica che ha imperversato negli ultimi quarant'anni, ovvero O CI SI ESPANDE O SI MUORE, sta portando invece alla morte della civiltà.
Riscoprire i valori dell’UOMO e della DONNA come ESSERI fondamentali della realtà, è la ricetta alla quale dobbiamo guardare con fiducia.
Continuando così, questa non sarà più solo un’opzione, ma diventerà SCELTA necessaria e forse obbligatoria di vita, se vorremo, domani, vivere ancora.
Parmenide fu il primo a sostenere la superiorità dell’interpretazione razionale della realtà a scapito dell'interpretazione soggettiva dei sensi.
Entrò in polemica con il pensiero di Eraclito e il concetto di divenire. Secondo Parmenide, la realtà intesa in senso eracliteo era falsa, in quanto si lasciava ingannare dai sensi, l'unica entità esistente è l'essere, aldilà di ogni percezione soggettiva.
Parmenide dice che, se davvero vogliamo rimanere entro il sentiero della verità, dobbiamo affidarci solamente alla ragione, tutto ciò che appare ai sensi è falso. Se vi è contrasto tra verità sensibile e verità di ragione, la verità è quella fondata sulla ragione.
Ecco il primo principio: la ragione come consapevolezza è l’atteggiamento mentale per comprendere la realtà, per approfondirne la natura e saperne cogliere i reali contenuti.
Avvicinandoci un pò di più ai tempi moderni, si potrebbe perfino affermare che il cammino e l’affermarsi dell’Essere deve necessariamente corrispondere alla crescita del Bene come valore.
Allora come mai il mondo non è più cresciuto lungo questo cammino ?
Abbiamo affermato che associati al significato/contenuti del Bene erano associati i valori della comunità umana.
Quindi, diminuendo i valori, diminuisce il contenuto dell’essere e l’allontanarsi dall'Essere avvicina al NON-ESSERE.
Per comprendere meglio il divenire o più semplicemente il modificarsi del NON ESSERE, quindi della perdita progressiva dei valori.
Dobbiamo giungere al nostro tempo contemporaneo che propone la scelta netta tra due categorie: o quella dell’Avere, dominante nella società consumistica di oggigiorno, o quella dell’Essere, cui la nostra stessa società dovrebbe aspirare.
Appare chiaro che la società tenta di disprezzare profondamente la modalità esistenziale dell’Avere, che ha sì indotto l’uomo a possedere le cose, ma ha anche fatto sì che le cose possedessero l’uomo.
Tale concezione, basata sul moderno assioma “Io sono ciò che ho”, trova il suo fondamento nella proprietà privata (dal latino “privare”, portare via ad altri).
Questo tipo di proprietà è ormai diffusissimo, infatti, anche se vi sono persone povere che non godono di proprietà nel senso effettivo, cioè di capitali e immobili, nella nostra società industrializzata non esiste uomo che non possegga e miri a conservare qualcosa, anche se in misura infinitesimale.
Ciò appare più semplice se si considera che il sentimento di proprietà, così come lo intende Fromm, non riguarda solo le cose inanimate, ma anche le persone, i sentimenti, le idee, le credenze e le abitudini.
La gente rincorre questo atteggiamento quasi ossessivo usando e abusando dell’aggettivo possessivo MIO, dicendo, ripetutamente, “mio padre”, la “mia famiglia”, “la mia salute”, le “mie abitudini” e così via.
Comportamenti, naturalmente, non condannabili ma che denotano un continuo esercizio mentale al bisogno di possesso.
Questo atteggiamento, come conseguenza, ne introduce un altro ben peggiore. Il bisogno di possesso, nella società contemporanea diviene atteggiamento consumistico che dilaga e che coinvolge l’intera comunità. “L’usa e getta” si basa ormai su un noto circolo vizioso: acquisizione-possesso e uso transitorio-eliminazione-nuova acquisizione.
Si insiste, ormai, sul fatto che, continuando su questo sentiero perverso, si andrà incontro all'alienazione, un effetto capace di mutare radicalmente i rapporti dell’uomo con i suoi simili, con il lavoro, con le cose e con se stesso.
In poche parole, la corsa sfrenata a “ciò che è bello” creerà come diretta conseguenza una società dove l’uomo ha perduto il predominio ed è possessore solo di una personalità fittizia.
Un’ipotesi di società “mentalmente sana” è realizzabile solo se l’uomo si riconoscerà nel modello esistenziale dell’Essere, smettendo, così, di essere alienato e diventando protagonista della propria vita. In tal modo l’uomo potrà anche ristabilire rapporti di pace e solidarietà con gli altri, rinunciando ad espandere “quantitativamente” il proprio EGO e liberandosi da ciò che possiede.
Allora come si posiziona il concetto di APPARIRE nel pensiero umano. La ricerca del bello, nel senso più generale, apre le porte al concetto di APPARIRE, quasi come approdo malefico dell’uomo verso una civiltà in continua disgregazione.
Allora la domanda che sorge spontanea è questa:
“L’ESSERE vale più dell’AVERE ? L’ESSERE vale più dell’APPARIRE ?
In teoria tutti riconoscono che è così. In pratica molti si contraddicono con i propri comportamenti. Allora l’APPARIRE prende il sopravvento.
Questo perché valori e concetti non vanno predicati, ma trasformati in pratica di vita: operazione sempre possibile se ci sono persone pronte a fare di questi valori una ragione e una scelta irreversibile, disposte a diventare coscienza critica e ben individuabile riferimento culturale.
E’ una bella sfida, soprattutto in una civiltà che non ama riflettere troppo su se stessa e dove l’attitudine alla riflessione e all'autocritica non è certamente uno dei suoi tratti distintivi.
Allora tutto è perduto ?
Il mondo non cambia mai in modo rapido e radicale, ma alcuni segnali potrebbero essere riconosciuti come incoraggianti nell'abbandono delle grandi città verso comunità più piccole e più vivibili.
Il mondo industriale ha bruciato risorse, uomini e cose, ma non ha portato la felicità. Troppi i “danni collaterali”. La speculazione ha spazzato via società e persone portando povertà e miseria a vantaggio di pochi, sempre più pochi e infinitamente più ricchi.
Non abbiamo camminato lungo il valore dell’uguaglianza e dei valori condivisi, ma lo sforzo maggiore è stato quello di privare molti di tutto a favore di pochi.
Non è necessario rincorrere le parole del Vangelo per comprendere il senso e il significato di questa realtà ormai sprofondata nel NON-ESSERE.
La teoria economica che ha imperversato negli ultimi quarant'anni, ovvero O CI SI ESPANDE O SI MUORE, sta portando invece alla morte della civiltà.
Riscoprire i valori dell’UOMO e della DONNA come ESSERI fondamentali della realtà, è la ricetta alla quale dobbiamo guardare con fiducia.
Continuando così, questa non sarà più solo un’opzione, ma diventerà SCELTA necessaria e forse obbligatoria di vita, se vorremo, domani, vivere ancora.
Racconto scritto il 14/06/2017 - 16:41
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Commenti
Ormai spasmodica, ossessiva, dell'apparire: anche in questa esigenza non c'è che al di là dei desideri, delle aspirazioni e della volontà di ognuno e di tutti, infatti rafforzandosi sempre di più a tale tendenza tanto da mostrarsi patetici oltre misura, in via definitiva l'essere andrà in estinzione!
Savino Spina 21/06/2017 - 09:47
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che perde significato o comunque lascia il lettore sospeso, appunto. Lo cerco. Eccolo: " Per comprendere meglio il divenire, o più semplicemente il modificarsi del non essere, quindi della perdita progressiva dei valori." Qui mi sarei aspettato, dopo "valori", non un punto ma una continuazione del tipo: bisogna ricorrere a , pensare, leggere, capire che etc...insomma finire l'assunto con una proposta. Per finire, sì, sono di Brescia, e la scena del funerale a Montichiari è reale. ciaociao
Spartaco Messina 16/06/2017 - 13:20
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Bella disamina filosofica, tema questo dell'Essere e apparire molto attuale, e addirittura il concetto di proprietà privata si è esteso non solo alle cose inanimate ma anche alle persone, alterando la bellezza primitiva di un sentimento vero. In tutti i passaggi noto una chiarezza di pensiero che fa di questo "trattatello"( purtroppo non c'è scelta, dovevi taggarlo racconto, quando racconto non è) una chicca per questo sito di scrittura. unico neo, ma forse non ho capito bene io, è un periodo...
Spartaco Messina 16/06/2017 - 13:12
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Tu sai che l'ego è la causa di una percezione distorta delle cose.L'apparire è frutto della vanità...Il mettersi sempre al centro delle cose.L'uomo sente una sorta di monopolio sul mondo.E tutto è suo,gli appartiene, è nato per lui.Da questo pretende tutto,il passo dall'egocentrismo all'egoismo è breve.Certo il tema trattato qui è molto ampio e interessante....non può essere ridotto a un commento...
Sabry L. 15/06/2017 - 11:12
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Scusa gli errori 'scena' per 'scema' e 'l'ottava' per 'lottava' e forse altri. Colpa del t9.
Giulia Bellucci 15/06/2017 - 10:31
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Ottima analisi, molto ben esposta. L'autore conosce molto bene la filosofia. Sicuramente le pagine occorrenti per approfondire sarebbero molte di più! Mi fai pensare a Bauman, sociologo morto da poco. Lui parla di liquidità della società odierna: inseguiamo con affanno i beni materiali e l'interesse verso i quali scena in breve tempo, in favore di oggetti più nuovi. Un tempo si l'ottava per il pane, oggi anche per altro. Anche non potersi permettere uno smartphone è indice di povertà. È cosa dire dell'apparenza che Internet ha ingigantito. L'egocentrismo dell'uomo risale alla notte dei tempi. Io sono il centro dell'universo e ciò che è giusto secondo il mio punto di vista, deve esserlo per tutti. Quante volte si parla dicendo: 'io farei così;io direi così; perché non fai come me'. Sono tutte manifestazioni dell'egocentrismo umano. Una vita non basta per capire e anche se alla fine avessimo capito, sarebbe troppo tardi. I nostri eredi ricominceranno da capo con errori sempre più gravi.
Giulia Bellucci 15/06/2017 - 10:27
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Un vero e proprio saggio filosofico sull'Essere e sui valori che dovrebbero contraddistinguerlo. Ho letto la tua opera con curiosità e desiderio di mettermi io stesso in discussione. Quanta strada devo percorrere nella giusta direzione! Questa la mia considerazione. Complimenti, interessante e coinvolgente.
Ken Hutchinson 15/06/2017 - 09:21
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RIFLESSIVO QUANTO SAGGIO RACCONTO PROFESSIONALMENTE ECCEZIONALE.
LIETA GIORNATA.
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LIETA GIORNATA.
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Rocco Michele LETTINI 15/06/2017 - 08:51
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E' molto interessante il tuo racconto, anch'io sono appassionata di filosofia e condivido la tua dissertazione.
Ciao
Nicol
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Ciao
Nicol
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Nicol Marcier 14/06/2017 - 21:21
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Ciao Alfonso come stai?
Mi piace questo punto di domanda
Se posso penso che apparire ormai è diventato una priorità per tutti...
spesso purtroppo si finge di essere ciò che non siamo....e onestamente non credo sia un problema di oggi.
Ma è proprio il genere umano ad essere così... l'umiltà sentimento molto raro.
sincerità poi non né parliamo..
Trovo il tuo racconto molto interessante e anche molto....ma molto riflessivo.
Ti abbraccio e complimenti come sempre grande maestro nello scrivere.
ciao caro
Maria Cimino 14/06/2017 - 21:01
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Alfonso, tu sei un grande filosofo ed ogni volta che discutiamo dell'essere e il non è, sei insuperabile.
Dai comunque spunti di riflessione sull'uomo e sulla società , sull'essere e sull'aooarire e dai anche la risoluzione ai rebus del nostro tempo.
Bisogna rivalutare le persone, l'uomo e la donna, perché essi sono gli esseri fondamentali della realtà.
Mi inchino e ti leggo sempre con molto interesse.
Dai comunque spunti di riflessione sull'uomo e sulla società , sull'essere e sull'aooarire e dai anche la risoluzione ai rebus del nostro tempo.
Bisogna rivalutare le persone, l'uomo e la donna, perché essi sono gli esseri fondamentali della realtà.
Mi inchino e ti leggo sempre con molto interesse.
Teresa Peluso 14/06/2017 - 20:34
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Ancora ci privano di quel poco che possediamo, ci resta la dignità, sarà sufficiente per reagire e cambiare ?
riflessione su cui soffermarsi, complimenti, ottimo racconto e argomento di ampia discussione
riflessione su cui soffermarsi, complimenti, ottimo racconto e argomento di ampia discussione
genoveffa frau 14/06/2017 - 20:30
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