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IL SUCCESSO NON VOLUTO (Cap.3)

La tribù era soltanto un brutto ricordo. La ricerca del tempo continuò. Robert non aveva ancora trovato risposta alla domanda: dove mi trovo? Alle spalle il crocevia, che gli aveva portato via il suo giovane amico, davanti la strada per il bosco. Lungo il cammino incontrò residui di deserto, con piccole oasi di cemento e tanti cactus in attesa del "grande fuoco", ma nessuna traccia di margherite. Oltre la duna vi abitava il bosco. Da fuori, Robert poteva notare una moltitudine di bolle di sapone che salivano verso il cielo. Un vero e proprio fiume di bolle sgorgava dal terreno sottostante.
Era un paesaggio magnifico. Robert, impaziente di entrarvi, corse subito giù per il fianco della duna e vi entrò. Si accorse subito di aver le caviglie bagnate. Infatti la foresta era adagiata su di un acquitrino, ricoperto di foglie e rane. Poteva vedere la fonte del fiume di bolle fuoriuscire dall'acqua, saliva su su. Accarezzava i tronchi degli alberi ed oltrepassava i loro capi. L'autunno non era ancora arrivato, e le folte chiome erano di un verde acceso. Era una collezione di alberi veramente splendida. L'aria del sottobosco profumava di pulito. Robert respirò a pieni polmoni
il ventre della vera primavera. "Corriamo, l'evoluzione è in corso, non c'è tempo da perdere!". Un gruppo di uomini stava correndo verso l'interno del bosco. Robert si nascose dietro un cespuglio per paura di esser visto, ma poi capì immediatamente che la via da prendere era esattamente la loro. Quatto quatto li seguì. Man mano che procedeva verso l'interno del bosco, Robert avvertiva qualcosa di strano. Gli alberi erano più alti, altri più vecchi e il livello d'acqua dell'acquitrino stava salendo, ormai era diventato praticamente un laghetto. Arrivò al fine corsa. Oltre il suo cespuglio, Robert poteva vedere il villaggio dove probabilmente, abitavano gli uomini che aveva visto poco prima.Niente tende o case in mattone, ma delle semplici palafitte, che si ergevano sopra questo piccolo laghetto nascente. V'erano sempre le bolle a rendere magica la zona, riflettendo i raggi del Sole che penetravano attraverso i capelli, ormai radi, degli alberi.Gli abitanti della foresta erano semplici uomini, con vestiti bianchi. Puro bianco, senza una macchia.Robert si fece coraggio, uscì dal suo nascondiglio e si diresse verso il villaggio. Fu accolto da alcune persone."Salve straniero, cosa possiamo fare per te?" lo salutò una di queste. A Robert arrivò subito una ventata d'aria profumata.I loro indumenti, candidi come le nuvole, profumavano pulito, come se fossero appena uscite dalla lavatrice."Salve, mi sono perso. Dove mi trovo? In che tempo sono?" chiese Robert, andando subito al nocciolo della questione. Gli uomini si guardarono fra di loro e poi dissero in coro "Ci dispiace ma non lo sappiamo. Qui il tempo scorre veloce!".Una frase un po' insolita pensò Robert, ma lui di cose insolite ne aveva viste: mercanti assetati di orologi e uomini che adorano montagne con pernacchie. Beh, "non c'è due senza tre" pensò fra sé e sé. Robert dette uno sguardo
al suo orologio e vide la lancetta dei minuti che girava vorticosamente, come l'ago di una bussola che ha perso il senso dell'orientamento. In effetti non avevano tutti i torti, lì il tempo correva veloce. L'orologio non riusciva a stargli dietro, non riusciva ad intrappolarlo. "Gentili signori, potrei fermarmi qua per qualche giorno? Giusto il tempo per raccogliere qualche informazione" chiese con estrema gentilezza Robert. "Certamente, anche se pensiamo che non durerai più di un giorno in questo bosco!" risposero in coro gli uomini. Robert gli era salita una buona dose di terrore, dovuta
a quelle risposte corali contornate da parole misteriose. Ringraziò per l'ospitalità e si mise subito in esplorazione del bosco. Noleggiò una zattera per arrivare a riva. All'arrivo la legò per bene. rimanere da solo di notte nel bosco sarebbe stata davvero l'ultima cosa che avrebbe voluto fare. Sentiva il canto pulito degli uccelli, che accompagnavano la sua lunga camminata nel sottobosco. "Ahi!" esclamò Robert. Qualcosa lo aveva colpito sul capo: era un disco di hockey.
"Chi mai diavolo potrebbe mai giocare a hockey, in un bosco e per giunta di primavera?" pensò Robert ad alta voce.Alzò lo sguardo e vide un'intera squadra di giocatori di hockey che lo stava fissando. Erano sulle cime degli alberi.Il Sole gli dava fastidio, così posizionate le mani a mo di binocolo, vide chiaramente i componenti della squadra:erano degli ornitorinchi. "Ornitorinchi che giocano a hockey sulle cime degli alberi di un bosco?" ripensò ad alta voce Robert.Erano proprio ben attrezzati: tuta, mazza e scarpe sportive. L'arbitro della partita fece degli strani segni, accompagnati da versi animaleschi. Traduzione: volevano indietro il disco da hockey. Robert ci mise un pochino per capirlo.Provò a lanciarlo, ma niente, le cime erano troppe alte. Riprovò una seconda volta e.. niente, ricadde a terra di nuovo.L'ornitorinco-arbitro si stufò e si calò dalla cima degli alberi con un jet pack. Strappò il disco dalle mani di Robert e poi, con la stessa tranquillità di quand'era sceso, risalì sul campo di gioco. Povero Robert, non era mica colpa sua se la
gravità vinceva sempre su ogni cosa. Tranne su quel magnifico jet pack, di nuova generazione, proprio come si vedono nei film di fantascienza. E.. e ne era in possesso un ornitorinco. Ormai Robert non si sorprendeva più di nulla, ma anzi faceva tesoro di quel che vedeva, immagazzinando tutto nella sua piccola memoria cerebrale.Il Sole stava iniziando a calare e forse per Robert era arrivata l'ora del ritorno. Infatti è proprio quello che fece.Si apprestò ad imboccare la strada di ritorno, quando fu spaventato a morte da un cerbiatto, sbucato all'improvviso da dietro un cespuglio.
Il suo cuore sembrava una gruppo di mille percussioni, gli ci volle qualche minuto per riprendersi
dallo spavento. Si fermò un attimo e pensò: "sbagli, o quel cerbiatto stava mangiando un gelato surgelato?".Finalmente i cespugli non riuscivano più a coprire la riva del laghetto, ormai davanti a Robert.La sua zattera, per fortuna, era sempre lì, lì dove l'aveva lasciata. Nulla di strano fortunatamente.Rientrò a casa, cenò velocemente e poi via sotto le coperte. Aveva avuto una giornata faticosa.Il giorno seguente nacque. Il canto degli uccelli si fece sempre più forte rispetto al giorno precedente.Aveva tendenze quasi rockeggianti. Aprì le finestre della sua camera e vide. I rami degli alberi stavano seccando e le foglie ingiallendo. Il livello del laghetto era salito di qualche centimetro. Il bosco stava mutando, si stava evolvendo o più semplicemente, stava invecchiando. "Forestiero, la colazione è pronta!" gli riferì l'uomo che l'aveva ospitato.Velocemente Robert si vestì, e dopo aver dato un'ultima occhiata fuori dalla finestra, si precipitò in cucina. Gli si parò di fronte un vecchio, capelli e baffi bianchi. "Ehm ehm, chi è lei?" gli chiese subito Robert."Sono l'uomo che ieri ti ha ospitato in casa, ricordi" rispose il vecchio, con voce stanca. "Stamani mattina mi sono svegliato con tanta voglia di coltivare un orto. Un orto di pomodori, di ricordi e con un pizzico di nostalgia" continuò.Senza curar molto il modo, Robert scappò via da quella casa.Le lancette del suo orologio correvano veloci. Dal terreno gli alberi spuntavano come funghi. Corse alla sua zattera e raggiunse in un batter d'occhio la riva del laghetto.Si sentiva strano, come se la sua senilità stesse venendo fuori minuto dopo minuto. La corsa verso la fine del bosco fu accompagnata da visioni futuristiche. Vide piccoli alberi di metallo strappar via le radici degli anziani pini.
Verso il soffitto del bosco non salivano più bolle di sapone, ma cartelloni pubblicitari. Erano di mille colori e contaminavano talmente tanto il cielo sopra il bosco, che non si riusciva più a capire dove finisse quest'ultimo e iniziassero le nuvole. Proprio per questa difficoltà di distinguere il cielo dal sottobosco che la fauna si evolse. Ai mammiferi spuntarono le ali e ai pesci del laghetto delle eliche. Durante la corsa Robert scorse delle lepri volteggiare per aria, prendendo per mano gli usignoli. In una radura vide una volpe che faceva l'amore con coniglio.Proprio quando si voltò a guardarli, sbatté contro un cartellone pubblicitario che fuoriusciva dal terreno.Vi rimase incastrato. "Accidenti non riesco a staccarmi!". La pubblicità, con Robert come testimonial, stava salendo.
Raggiunse gli alti picchi del consumismo. Le immense nuvole di plastica e carta, stavano imprigionando il cielo, come la carta da parati intrappola la camera di un ingenuo bambino. Senza volerlo Robert fu trasportato in alto, oltre le, ormai metalliche, chiome degli alberi.



Continua..




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Racconto scritto il 09/07/2017 - 16:57
Da Gabriele Salucci
Letta n.1210 volte.
Voto:
su 1 votanti


Commenti


Ciao Gabriele
ti avevo promesso di leggerti ed eccomi qui. Stai scrivendo un romanzo fantastico a quanto pare.
Ho letto e commentato anche un altro capitolo. Hai una bella fantasia. Per certi versi mi hai fatto venire in mente Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie e Alice allo specchio di L. Carroll. Bello il concetto del tempo che scorre veloce, anche in Alice mi pare. Ma ovviamente il tuo è diverso.
Sono curiosa di vedere cosa succederà ancora
Al momento ti dico bravo
Ciao
Nicol
*****

Nicol Marcier 09/07/2017 - 17:55

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