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Ho trovato l’Isola che non c’è

UNA DISCUSSIONE TRA AMICI IN PIZZERIA E POI…
L’INIZIO DI UN CAMMINO


Io non lo so cosa verrà fuori da questa chiacchierata, se una fiaba, l’inizio di romanzo, un biglietto da visita, un volantino, un foglio da gettare subito via.
Forse un semplice percorso della vita da parte di chi si pone, ancora una volta, alla ricerca di qualcosa d’indiscusso o magico, misterioso, impossibile, irreale, fantastico o evidentemente esistente.
Sarà tutto oppure niente, magari la conclusione, se ci sarà, diventerà una bolla di sapone! Chi può dirlo?


Chi vuol fare questo cammino di ricognizione, probabilmente assurdo, lo può intraprendere con me, però deve porsi al mio seguito, senza minimamente disturbare e proferire parola, neanche fiatare.
Non devo sentire il rumore di un fiato, di un minimo respiro.


Chi lo desidera può seguirmi, ma deve farmi sentire distaccato, liberato da tutto, circondato solamente dalla mia aria, dal mio vento, dalla mia curiosità; condotto solo dai miei stessi occhi come fossero il timone di una nave puntato verso un’unica o mille altre direzioni.


Mi indicheranno la meta e poi forse la scoperta di quell’isola che molti dicono “Non c’è”.


Vorrò trasformarmi in un gabbiano o un volatile migratore che segue il suo istinto e va diritto, sicuro, sereno verso il suo cielo, indisturbato, senza che nessuno al mondo possa distogliermi o allontanarmi dalla mia meta, sia essa concreta o mera, pura illusione.
Forse sarò matto? Può darsi. Chi lo sa. Vorrei tanto esserlo per liberarmi dai vincoli e dalle convenzioni umane.
Solo così potrò scoprire e ritrovare la mia isola, quella che “Non c’è”.
Ho deciso finalmente adesso di lasciare la mia spiaggia e cominciare il mio cammino, il mio volo.
Quanto tempo ho perso prima di stabilire di mettermi alla ricerca, neanche ve lo saprei dire!


Troppo ne è passato, forse perché volevo essere certo. Magari sarà trascorsa un’eternità, una vita intera. Ma adesso non sarà di sicuro tardi.


E poi non lo sarà finché avrò l’ultimo respiro. Anche in quel momento vorrò sognare e vagare nel mio cielo per inseguire, individuare, ricercare e poi sperdermi nell’eternità dei cieli e del firmamento.


Me lo sono ripetuto tante volte, tenacemente, che per davvero quell’isola era impossibile trovarla; che non esisteva, che era pura illusione, inganno, abbaglio, errore, una semplice magica fiaba per bambini.
Nulla di più.


Quante volte ho abbandonato quest’assurda idea di vagare e ricercare!
Talmente tante che neanche le ho contate. Eppure in altrettanti momenti ho ripreso questa mia mania della ricerca che è sempre riaffiorata nella mente soprattutto quando avevo bisogno di respirare profondamente a occhi chiusi, soddisfare il bisogno di riemergere dalla profondità dell’abisso di questa vita.


Mai mi ha lasciato questa voglia stravagante, irragionevole di vagare, come un chiodo fisso, irremovibile, ostinato.


L’idea che quell’isola la dovevo o la devo trovare ad ogni costo, mi ha accompagnato sino a questa mia età, sino a oggi. Per questo, proprio adesso, ho deciso di intraprendere il mio cammino come un pellegrino fantasioso o fantastico che non va di certo all’esplorazione dell’incognito, ma di quell’idea che ha sempre conservato nel cuore.


Una visione, un ideale custodito gelosamente sin da bambino e che devo ora recuperare proprio per intero, che mi condurrà sicuramente a scoprire “L’isola che non c’è”.


Se sono sciocco o fuori della realtà non ve lo saprei dire. Giudicherete voi se vi va di valutare o esaminare benevolmente la mia esposizione a cielo aperto.


Ma che importa alla gente, agli altri quel che sono, quel che sono stato, il mio vissuto e quel che sarò?

Nessuno si accorgerà mai di questo mio sogno, del desiderio di esplorare ciò che per gli altri, per tutti, “non c’è” e non esisterà mai, ma che per me invece risulta e sussiste, che devo semplicemente trovare in qualche posto recondito della terra, nella fantasia o in un angolo soleggiato della mia mente.


Chi si è mai interessato di un fantasma! Così voglio sentirmi adesso. Sono scuro che passerò inosservato anche stavolta.
La mia ricerca procederà ignorata, disconosciuta, anonima; in questo modo potrò proseguire con tutta la calma e tranquillità la mia ricerca.


Proprio così perché nella mia vita ho attraversato il mio tempo, la mia età e forse mai nessuno se n’è mai accorto.
Questa triste condizione stavolta, invece, va proprio a caso mio l La voglio sfruttare per raggiungere un mio scopo.


Essendo inosservato, trascurato, abbandonato, scordato invisibile, incorporeo, astratto, persino escluso dall’essere, ora sì che in queste condizioni potrò liberamente vagare a piacer mio, come un’illusione, pur nella mia realtà.


Come un’immaginazione, un’invenzione alla scoperta del mio tempo, del mio ideale e quindi della mia isola, quella che per gli altri non si potrà ma trovare, ma che per me esiste certamente pur in qualche parte nascosta, magari inaccessibile della terra o dell’universo.


L’idea di essere simile ad un esploratore mi affascina.
Mi fa sentire invogliato, elettrizzato, essere paragonato a un viaggiatore, un esploratore, magari alla stregua di un astronauta, di un pioniere come Colombo o Vespucci.
Eppure anche questi grandi pionieri furono presi per matti.


L’ho sempre sentito dentro il cuore, come un foco che mi ha bruciato anche la mente questo bisogno della scoperta, del ritrovamento di ciò che forse un tempo era mio, ma che poi ho smarrito o mi è stato carpito oppure rubato da chi non saprei, ma che rintraccerò di certo appena scorgerò, riconquisterò e mi riapproprierò “dell’isola sperduta” che mi appartiene da sempre.


Il mio è forse un sogno, un bisogno, un’esigenza che mi conduce nell’infinito e attraverso l’eternità, scoprirò la mia amata terra.


Sono pronto ad andare anche oltre l’impossibile, pur di trovare o ritrovare quell’oasi, quel rifugio e poi ritornare al mondo per offrirla all’umanità, perché un dono così immenso non si può godere tutto da dolo, va diviso, condiviso con il genere umano intero.


Ecco cosa cerco nella “mia isola”: Il sogno del mondo, il mio il tuo, quello di tutti, da spartire, per gioire e poi sparire proprio in quella sereno rifugio di quella terra per sempre.


LA SCOPERTA


Vi devo confessare cari amici che sono davvero contento d’essere arrivato alla mia età; ad essa devo essere grato perché mi ha reso finalmente libero di girovagare senza limiti perciò andare finanche oltre la realtà.


E per questo, nessuno mi prenderà per matto e farà caso alle mie scempiaggini o sproloqui, perché si sa che gli anziani sono tutti bizzarri e possono permettersi di dire, affermare ciò che vogliono.


Attraverso la mia realtà, posso superare l’estro e raggiungere oltre i miei sogni, perché sono proprio quest’ultimi che mi rendono ancora più vivo e partecipe dell’esistenza quotidiana colorandola della festosa e dell’allegra creatività.


Adesso vi svelo il mio segreto. Io credo d’aver scoperto finalmente il luogo dove si trova “l’isola che non c’è”.


Lo dico per davvero senza mentire, senza mezzi termini. Lo sapete, dove l’ho scoperta veramente ben nascosta?


Era ed è dentro di me, nella mia mente, nel mio cuore, nell’anima. L’ho vista pure nei vostri occhi, negli sguardi. La fisso quando osservo il mare, la montagna, una foresta o un fiume.


Adesso lo so che esiste perché “L’isola che non c’è” oramai è, rappresenta la mia libertà.


Per fortuna non si trova in un unico luogo preciso e specifico, perché è così magica e luminosa che mi permette di scorgerla in ogni dove io desideri vederla.


Non sono sempre io a cercarla ma ho scoperto che, in effetti, è proprio lei che spesso mi segue e mi trova. Si mostra in tutta la sua infinita bellezza primordiale.


Mi trastulla, m’intrattiene e mi delizia come fa una madre quando canta la “Ninna nanna” al suo bambino per farlo addormentare e sognare beatamente.
La trasporto delicatamente dentro di me e lei si bea di restarmi accanto perché quando voglio, ricompare e la ritrovo ancor più luminosa, pronta ad accogliermi tra le sue braccia, tra i porti, le scogliere e i litorali incantati, nella serenità della sua sconfinata terra sempreverde fantastica.


E poi mi fa scoprire i suoi tesori fiabeschi. Ricchezze, fortune, patrimoni incommensurabili che più che far brillare gli occhi dalla meraviglia mi rasserenano l’anima.


Ho capito pure che non tutti possono imbattersi “nell’Isola che non c’è”. Ci riescono solo in pochi, anzi pochissimi, forse un uomo tra un milione o un miliardo di persone al mondo.


E non so poi neanche quanto tempo impieghi per ritrovarla, ma sono certo che io ho avuto il privilegio di scorgerla e di riconoscerla.


Ora è diventata tutta mia e non posso purtroppo, in questo preciso momento neanche regalarne un pezzetto del suo lembo di terra a nessuno, neanche a un mio familiare, al mio adorato nipotino.


Almeno per adesso non posso.
In futuro la cederò a tutti, al mondo intero. Lo farò anche attraverso questo messaggio che considero alla stregua di un volantino da distribuire al genere umano.


Semmai, solo a voi, cari amici, posso consegnarvi un prezioso granello di sabbia della mia ritrovata “Isola che non c’è”.


Ecco! Guardate adesso il palmo della mia mano e prendetelo delicatamente.


Forse attraverso di esso, se lo vorrete veramente con tutto il suo cuore e la mente, potrete rimettervi anche voi, alla ricerca di quell’isola unica al mondo.


Rappresenta la mia liberta, la fantasia, la mia età, il mio cammino, la mia esperienza, la base, la terra su cui poggiare questi miei piedi stanchi. L’estro, la creatività e la mia ragione.


“L’isola che non c’è” la possiedo dentro i miei occhi, nascosta nei meandri dei suoi cristallini. È entrata oramai a far parte, a pieno titolo, nella mia realtà e con essa convive armonicamente e serenamente.


Adesso il segreto per poterla cercare e sperare di raggiungerla ve l’ho svelato cari amici.
Io lo so bene. Chiamatela se volete Sicilia.



CHE STRANA LA VITA
Arrivato a questa età, mi sono reso conto d’aver smarrito tante cose della mia esistenza vivendo, anzi sopravvivendo, per inerzia come se essa mi spingesse senza rendermi perfettamente conto di ciò che facevo.


Ne avevo smarriti tanti quei beni che non li saprei più identificare; forse mi erano stati rubati, carpiti, calpestati, strappati, annientati derisi e poi dispersi nel nulla magari per semplice sadismo.


Come potevo ritrovarli se neanch’io sapevo più quali e quanti erano. Chi non sa di possedere i beni non può, di certo, rimpiangerli d’averli perduti.


E poi la vita che è stata beffarda, si è voluta ancora una volta schernire e invece di lasciarmi libero di vagare finalmente per la mia strada, mi ha voluto fare, per scherno o per sfregio qualche dono; forse uno, tre o di più ancora non lo so.
Per la verità non m’importa oramai granché

Non l’ho veramente compresa questa tardiva munificenza, questa strana prodigalità improvvisa che sa più d’ironica concessione, che generosità vera e propria.


Se nulla mi aveva regalato sino a oggi, che senso ha, adesso, pensare d’illudermi confortarmi con la sua misera prodigalità che ritengo falsa, insignificante, inutile e inefficace?


Avevo deciso che non le avrei più dato retta, non chiedendole mai più nulla. Troppi erano stati i miei anni d’inutile, snervante, dolorante attesa.
Mai, neanche una briciola di ritorno di affetti mi è stata concessa dai mie continui e pesanti sacrifici.


Da troppo tempo avevo atteso, attimo per attimo, giorno dopo giorno, per anni decenni e adesso che bussa alla mia porta, sarei tentato di non aprire e lasciare la “Vita” marcire davanti all’uscio di casa mia, per ricambiare, in parte, quel grande male che mi ha procurato ignorandomi e poi negandomi ogni più piccolo compenso morale.


Avrei dovuto fare il sordo quando le gradavo di ridarmi un benché minimo granello d’affetto di ritorno, dopo quel mio infinito, quotidiano, donare con tutta l’anima.


Avrei voluto fare il cieco come lei mi ha insegnato, come lei è stata nella sua insensibilità quando ero in attesa e avevo la mano protesa come un mendicante che chiede per sopravvivere.


Eppure neanche una briciola, quanto un seme di senape mi è stato corrisposto.


Adesso non la considero più seria questa esistenza, ma semplicemente stupida e sciocca e si ostina, nonostante la mia ripugnanza verso di lei, a bussare, lasciare nella cassetta delle mie lettere, continue comunicazioni contenenti la sua smisurata voglia di offrirmi “qualche suo dono” che considero adesso semplice parvenza di misera soddisfazione.


Oramai non servono più a nulla i compiacimenti e i riconoscimenti. Sono arrivati troppo tardi nella mia vita ed io li rigetto, li rinnego con disprezzo, ostilità, con tutto me stesso.


Quando e se li riceverò, li disperderò subito nel vento; andrò con una barca lontano, in alto mare, magari in un oceano e lì dissolverò le sue tardive e inutili illusioni.


Com’è presuntuosa e prepotente questa vita! Crede di fare sugli uomini il buono e il cattivo tempo all’infinito.


Ma adesso il tempo che mi avanza me lo riprendo con tutta forza, perché non permetterò che gli inganni ancora deturpino ciò che mi rimane.


Lo recupererò tutto e lo ripulirò da quelle scorie impure lasciate volgarmente dagli altri, come orme profonde sulla sabbia.


Adesso che non più nulla di buono da sperare provenga da quest’umanità, le volto indecorosamente la schiena per dispetto.


Desidero solo attendere l’eternità e per questo prodigioso momento, mi sono spogliato, denudato di tutti i miei possedimenti, per non farmi afferrare dalla vita neanche con il lembo della camicia, che non voglio possedere mai più.


Sono libero adesso e posso ora parlare a tu per tu pure con la mia vita presente e passata, sfidandola, criticandola e perfino mortificarla.


La vedo scorrere senza tanti traumi ed eccessivi rimpianti, recriminazioni invettive e maledizioni.
Non m’impressiona più e non mi lusinga né con la vanagloria né con gli eventuali mali che minaccia di infliggermi nel corpo, nello spirito.


Oramai so come combattere tutto ciò, anche se nella lotta mi vedrà spesso sconfitto ma non piegato.


Non mi spaventano più i miei errori e le mie storture, i miei peccati, le mie mancanze, i miei errori, i miei pensieri martoriati e assillanti dalla quotidianità, perché oramai li ho presi tutti come la mia unica croce che trascino con me pur con grande fatica, ma senza rimpianti e inutili lamenti.


Mi porto tutto dietro indegnamente sapendo che lo devo fare in silenzio.
Di tanto in tanto, è vero, mi permetto perfino il lusso di riposarmi un po’, ma poi riprendo la mia strada stretta, buia e difficile ancora da percorrere.


Per questo ora, mi sento e resterò libero per sempre di fare quello che m’inventerò oggi, domani e per sempre.


Per beffa, la vita ha continuato a suonare più volte alla mia porta ed io mai ho aperto.


Eppure quando si è presentata con una missiva, con un dono di mio nipote e dei miei figli, allora sì che ho dovuto cedere, non per illudermi ma solo per leggere il messaggio dei miei cari.


Ora lo ricordo bene quel giorno quando mi trovò stanco e ridotto come un derelitto, più misero dei miseri.


Mi portò un dono inviato da mio primo nipote: conteneva la scintilla che mi permetteva indiscriminatamente di scrivere da quel momento in poi tutto ciò che il mio cuore desiderava, senza limiti e condizioni; senza veti o suggerimenti.


Dissi grazie in silenzio!


Poi venne l’anno in cui mio figlio mi donò quella voglia smarrita di dipingere e colorare i fantasmi della mia vita. Dissi ancora grazie.


Dopo mi furono regalati altri eventi, propinati come veleno che distrugge, ma purtroppo non uccide. Furono quei giorni maledetti che svuotarono completamente tutti i miei sentimenti, annullandoli, calpestandoli.


Mi misi a gridare per la violenza e la malvagità della vita.


Ancora una volta, burlona, la vita ne gioì. Mi rifugiai in un’isola sperduta, quella che per gli altri è definita “L’isola che non c’è”.


Mi misi a gridare perché nessuno ascoltasse la mia pena e curasse le mie ferite pur continuamente messe a viva carne.


Fu quell’altro figlio che mi riempì il magazzino dei mei sentimenti tutto completamente svuotato e allagato, soffocato dal dolore e me lo colmò di tanto amore che ora non desiderò più nulla se non quel desiderio d’eternità.



(Dello stesso autore: Tratto dal libro “Semplicemente donne Siciliane. Novelle/tre”. Ediz. Youcanprint self publishing. Novembre 2016)
-L’immagine ad acquerello allegata, così pure le altre che accompagnano i precedenti brani, sono dello stesso autore-




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Racconto scritto il 26/08/2017 - 08:44
Da Vincenzo Scuderi
Letta n.936 volte.
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Commenti


Non e' un facile viaggio quello che si fa dentro se stesso, ma l'impervio percorso porta poi sempre a ritrovare quell'isola sconosciuta.....e finalmente fermare i propri passi.....perche' li' dentro c'e' tutto.....5 stelle...complimenti

Annamaria Palermo 27/08/2017 - 17:16

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