L'altro ieri m'è arrivata una mail dove un sito molto famoso dov'ero iscritto e dove avevo pubblicato qualche mia riflessione, mi comunicava la sua imminente chiusura. Purtroppo, mi scriveva, dopo anni di gloriosa carriera, il sito xxx avrebbe chiuso non senza versare qualche lacrimuccia di dolore.
La gente s'è stufata. Tutti i poeti e scrittori che credevano di farcela col web, hanno appreso la triste verità: stringere qualche amicizia col vicino di poesia non significa percorrere il dorato sentiero della gloria letteraria. Ormai i lettori sul web stanno diventando dei gruppetti di amici che si scambiano complimenti (o insulti!) a vicenda.
Se la Ferragni riesce a diventare una star con guadagni che danno le vertigini, significa che la Ferragni è veramente una creativa. Probabilmente sarebbe diventata una star anche senza il web. Mi sono iscritto in un sito di poesie nel lontano 2009, sono trascorsi soltanto otto anni ma ricordo l'eccitazione, il numero di letture che schizzava alle stelle, i commenti, le discussione protratte per giorni, poi i primi abbandoni, le prime delusioni, i disturbatori seriali, l'impossibilità di gestire l'enorme quantità di opere. Poi la decadenza: come Ur, come Babilonia, come Cartagine, la decadenza. L'abbandono e il ricordo.
In una parte seminascosta dell'anima, tutti coltiviamo un sogno. Il web ha avuto il merito di incoraggiare la timidezza di quel sogno. Qualcuno (uno su centomila) ce l'ha fatta. Quel che rimane saranno le vestigia di una città fatta di poesie acerbe, di racconti scritti con l'anima e il coraggio di un sognatore, mura diroccate e strade interrotte di una città che ha voluto raccontarsi in un modo nuovo e impetuoso.
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