La miniera
La Torre Saracena a nordest sembrava dialogare smarrita con il vecchio Faraglione che ad ovest allungava la sua ombra sul sottostante scintillio, non c'era più la vecchia sprezzante superbia dell'uno verso l'altra o viceversa, quando si facevan belli per raccogliere i consensi dei turisti...
Molti molti anni prima, adesso l'uno cercava l'altra, testimoni di una bellezza perduta.
2039, giugno.
Seduti sulla sabbia bianca, Panna e Boario, l'uno di fronte all'altra, si prendono le mani, le punte dei loro nudi piedi si toccano, spingono nelle opposte direzioni, fino a costringere le gambe a tendersi, come la corda di un arco, i corpi si staccano da terra, restano in equilibrio fino a che uno dei due cede e cadendo si rotolano ridendo; Panna ha i capelli legati con un grosso laccio bianco e rosso, un abito bianco sfilacciato, gambe e braccia magre di bambina e un'ombra di seno crescente come una delicata e luminosa parte di luna, Boario tiene i capelli raccolti in un piccolo codino sulla nuca fermato da una strisciolina di gomma, pantaloni e camicia bianchi, sopra misura, la sua risata risuona rimbalzando dalla Torre al Faraglione, solitari, per mano seguono il cammino del sole per carpirne la sola informazione che a loro serve, la posizione attesa sta per avvicinarsi, loro sono pronti gìà da tempo, da poco prima che il sole si alzasse alle loro spalle, spuntando dall'altra parte dell'isola.
Il loro raccolto è pronto, sulla piccola piazza lo hanno stivato nel luogo più sicuro su quel territorio, un edificio a due piani circondato da una ringhiera corrosa dalla ruggine con le punte taglienti nella parte più alta, nello spazio recintato fa da guardia il loro cane Evian, docile e protettivo con loro, ma dall'aspetto e, non solo, feroce quando si rende necessario. I bambini sapevano che non erano soli sulla piccola isola, spesso avevano subito incursioni e attacchi da altri bambini più o meno grandi rispetto a loro, Evian al momento giusto li aveva difesi insieme al raccolto, era l'unica forma di protezione che essi conoscevano, quella del loro cane e le loro reciproche cure e attenzioni.
Il sole scendeva come filo piombato sulla sabbia, quello era il punto atteso, quello della totale assenza di ombra, il camion si intravedeva scendere dalla strada, sobbalzando sulle buche aride, dispensatrici di polvere, l'uomo con una maglia e pantalocini neri scende, il sudore si accalca sulle mani, Panna lo sente nella mano che lui struscia sul suo viso arrossato, Boario con un passo deciso le si mette davanti, frapposto tra la mano sudata e la guancia di lei, Evian abbaia scuotendo il silenzio dell'isola, scuotendo gli sguardi dei tre; l'uomo fa cenno perchè lo aiutino a caricare i grossi contenitori, il raccolto sciaborda dentro ricordando il reale motivo di quell'incontro, appena finito di caricare un quarto di sorriso muove l'espressione dell'uomo che, dal sedile accanto alla guida estrae una grossa scatola piena di cibo di vario genere... “ Siete stati i più bravi questo mese, me ne vado il mio viaggio non sarà facile”, se ne va lasciando una scia appiccicata sul viso di Panna, una lama penzolante sulle loro teste di bambini.
Non c'è ricordo per loro che vada al di là di quel luogo, dell'edificio che li ripara dal vento, dalle incursioni notturne, all'interno attaccati alle pareti disegni scoloriti di piccole case su una spiaggia,
bambini che giocano a palla e sotto il cielo tanto azzurro, fermo immobile, che si muove, si alza in creste bianco puro, barche che su quell'azzurro scivolano come le loro dita sui capelli sciolti; nella parete di fondo la dispensa, dove Panna e Boario stivano il cibo in cambio di un lavoro sempre più duro e difficile e, in una scatola, ben protette strisce da loro raccolte con strani nomi come Panna e Boario con i quali essi giocano a fare i bambini.
Evian scodinzola allegramente consapevole che presto mangeranno assieme, i bambini lo accarezzeranno, staccando il collare apriranno la scatoletta di metallo ad esso attaccata, a forma di orma di zampa, srotoleranno con attenzione la foto, piccole crepe sulla carta rendono discontinua l'immagine di una donna, dal viso scavato, dagli occhi luminosi, dietro leggeranno come fosse la prima volta, “ Che Dio vi protegga e vi ami come ho fatto io “, si addormenteranno così, vicini, Evian nel sonno seguirà i loro respiri... domani inizierà il nuovo raccolto, a pochi metri da loro una distesa di plastica, bottiglie, contenitori, pezzi lacerati, tra essi Bianca e Boario dovranno cercare ed estrarre acqua, che sa di sale, farsi strada come in una giungla di liane intrecciate, si bruceranno le gambe e le mani mentre il sole cadendo su tanta plastica amplificherà il suo calore, l'acqua salata è vita, verrà venduta, così racconta l'uomo del camion a chi dall'altra parte della distesa di plastica luccicante, la userà per riempire le piscine di ricche famiglie, dicono che sia bello immergersi in essa, dicono che un tempo ce ne fosse molta sulla Terra, che tutti potessero guardarla, lasciare che in essa gli occhi scorgessero i più profondi sentimenti, le più dolci emozioni, dicono che si chiamasse mare, che si sposasse con il sole e la luna, che fosse popolato da esseri viventi di più colori e dimensioni, dicono che lasciarsi andare al suo abbraccio rendesse felici le persone, dicono...
Panna e Boario hanno conosciuto un mondo diverso, mentre spostano cumuli di plastica per recuperare acqua di mare, cantano, Evian ulula sentendo le loro voci felici, la canzone che la loro madre aveva cantato mentre le avevano strappato i figli per farli lavorare nella miniera di acqua salata lontano, le avevano permesso di mandare con loro un cucciolo di cane, tre cuccioli in balia del mondo... “ Onda su onda il mare mi porterà, alla deriva ,in balia di una sorte bizzarra e cattiva...”, così cantava mentre il suo cuore si spezzava e sui suoi occhi di mamma scendeva un alone opaco come di plastica.
Molti molti anni prima, adesso l'uno cercava l'altra, testimoni di una bellezza perduta.
2039, giugno.
Seduti sulla sabbia bianca, Panna e Boario, l'uno di fronte all'altra, si prendono le mani, le punte dei loro nudi piedi si toccano, spingono nelle opposte direzioni, fino a costringere le gambe a tendersi, come la corda di un arco, i corpi si staccano da terra, restano in equilibrio fino a che uno dei due cede e cadendo si rotolano ridendo; Panna ha i capelli legati con un grosso laccio bianco e rosso, un abito bianco sfilacciato, gambe e braccia magre di bambina e un'ombra di seno crescente come una delicata e luminosa parte di luna, Boario tiene i capelli raccolti in un piccolo codino sulla nuca fermato da una strisciolina di gomma, pantaloni e camicia bianchi, sopra misura, la sua risata risuona rimbalzando dalla Torre al Faraglione, solitari, per mano seguono il cammino del sole per carpirne la sola informazione che a loro serve, la posizione attesa sta per avvicinarsi, loro sono pronti gìà da tempo, da poco prima che il sole si alzasse alle loro spalle, spuntando dall'altra parte dell'isola.
Il loro raccolto è pronto, sulla piccola piazza lo hanno stivato nel luogo più sicuro su quel territorio, un edificio a due piani circondato da una ringhiera corrosa dalla ruggine con le punte taglienti nella parte più alta, nello spazio recintato fa da guardia il loro cane Evian, docile e protettivo con loro, ma dall'aspetto e, non solo, feroce quando si rende necessario. I bambini sapevano che non erano soli sulla piccola isola, spesso avevano subito incursioni e attacchi da altri bambini più o meno grandi rispetto a loro, Evian al momento giusto li aveva difesi insieme al raccolto, era l'unica forma di protezione che essi conoscevano, quella del loro cane e le loro reciproche cure e attenzioni.
Il sole scendeva come filo piombato sulla sabbia, quello era il punto atteso, quello della totale assenza di ombra, il camion si intravedeva scendere dalla strada, sobbalzando sulle buche aride, dispensatrici di polvere, l'uomo con una maglia e pantalocini neri scende, il sudore si accalca sulle mani, Panna lo sente nella mano che lui struscia sul suo viso arrossato, Boario con un passo deciso le si mette davanti, frapposto tra la mano sudata e la guancia di lei, Evian abbaia scuotendo il silenzio dell'isola, scuotendo gli sguardi dei tre; l'uomo fa cenno perchè lo aiutino a caricare i grossi contenitori, il raccolto sciaborda dentro ricordando il reale motivo di quell'incontro, appena finito di caricare un quarto di sorriso muove l'espressione dell'uomo che, dal sedile accanto alla guida estrae una grossa scatola piena di cibo di vario genere... “ Siete stati i più bravi questo mese, me ne vado il mio viaggio non sarà facile”, se ne va lasciando una scia appiccicata sul viso di Panna, una lama penzolante sulle loro teste di bambini.
Non c'è ricordo per loro che vada al di là di quel luogo, dell'edificio che li ripara dal vento, dalle incursioni notturne, all'interno attaccati alle pareti disegni scoloriti di piccole case su una spiaggia,
bambini che giocano a palla e sotto il cielo tanto azzurro, fermo immobile, che si muove, si alza in creste bianco puro, barche che su quell'azzurro scivolano come le loro dita sui capelli sciolti; nella parete di fondo la dispensa, dove Panna e Boario stivano il cibo in cambio di un lavoro sempre più duro e difficile e, in una scatola, ben protette strisce da loro raccolte con strani nomi come Panna e Boario con i quali essi giocano a fare i bambini.
Evian scodinzola allegramente consapevole che presto mangeranno assieme, i bambini lo accarezzeranno, staccando il collare apriranno la scatoletta di metallo ad esso attaccata, a forma di orma di zampa, srotoleranno con attenzione la foto, piccole crepe sulla carta rendono discontinua l'immagine di una donna, dal viso scavato, dagli occhi luminosi, dietro leggeranno come fosse la prima volta, “ Che Dio vi protegga e vi ami come ho fatto io “, si addormenteranno così, vicini, Evian nel sonno seguirà i loro respiri... domani inizierà il nuovo raccolto, a pochi metri da loro una distesa di plastica, bottiglie, contenitori, pezzi lacerati, tra essi Bianca e Boario dovranno cercare ed estrarre acqua, che sa di sale, farsi strada come in una giungla di liane intrecciate, si bruceranno le gambe e le mani mentre il sole cadendo su tanta plastica amplificherà il suo calore, l'acqua salata è vita, verrà venduta, così racconta l'uomo del camion a chi dall'altra parte della distesa di plastica luccicante, la userà per riempire le piscine di ricche famiglie, dicono che sia bello immergersi in essa, dicono che un tempo ce ne fosse molta sulla Terra, che tutti potessero guardarla, lasciare che in essa gli occhi scorgessero i più profondi sentimenti, le più dolci emozioni, dicono che si chiamasse mare, che si sposasse con il sole e la luna, che fosse popolato da esseri viventi di più colori e dimensioni, dicono che lasciarsi andare al suo abbraccio rendesse felici le persone, dicono...
Panna e Boario hanno conosciuto un mondo diverso, mentre spostano cumuli di plastica per recuperare acqua di mare, cantano, Evian ulula sentendo le loro voci felici, la canzone che la loro madre aveva cantato mentre le avevano strappato i figli per farli lavorare nella miniera di acqua salata lontano, le avevano permesso di mandare con loro un cucciolo di cane, tre cuccioli in balia del mondo... “ Onda su onda il mare mi porterà, alla deriva ,in balia di una sorte bizzarra e cattiva...”, così cantava mentre il suo cuore si spezzava e sui suoi occhi di mamma scendeva un alone opaco come di plastica.
Racconto scritto il 03/11/2017 - 22:20
Letta n.1236 volte.
Voto: | su 6 votanti |
Commenti
Amici vi ringrazio degli apprezzamenti molto belli...!
Buon pomeriggio
Grazia
Buon pomeriggio
Grazia
Grazia Giuliani 07/11/2017 - 16:08
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Non è facile catturare l'attenzione di chi legge. Inizio la lettura e prima della fine mi stanco perchè il racconto non mi prende. Stavolta invece sono arrivato in fondo. E mi è piaciuto.
Rochi Pinto 05/11/2017 - 21:34
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Bel racconto, su una coppia di bambini che raccoglie la plastica in riva al mare. Ben scritto e molto piaciuto. Giulio Soro
Giulio Soro 05/11/2017 - 12:28
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Bellissimo racconto... che ho letto con vero piacere, scorrevole e non privo di quella speciale sensazione che cattura fino alla fine, dove ti meriti un plauso per il messaggio racchiuso... verso il futuro che sarà!!!
margherita pisano 05/11/2017 - 10:53
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Molto originale, bello *****
Graziana Bonavero 04/11/2017 - 21:12
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Molto bello, scritto benissimo, come sempre, e con un profondo significato. 5* più che meritate. Buona serata!
Marirosa Tomaselli 04/11/2017 - 20:32
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stupendo racconto lettura molto scorrevole
GIANCARLO POETA DELL'AMORE 04/11/2017 - 19:25
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Un racconto molto ben strutturato ove i personaggi vengono gestiti con sapiente maestria, ove al lettore si richiede tutta l'attenzione possibile affinchè il filo logico non venga smarrito. Lo scenario futuribile descritto è preoccupante e l'uomo ne porta tutta la responsabilità del disastro se non riuscirà a riequilibrare le sue ambizioni. Complimenti, ciao
Francesco Scolaro 04/11/2017 - 16:04
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Difficilmente mi soffermo sui racconti, un po’ per mancanza di tempo, un po’ per pigrizia. Non mi è dispiaciuto affatto leggere il tuo scritto, benché un velo di malinconia e di tristezza lo ammanta. Scrivi bene, anche se non sono nessuno per poter esprimere tale giudizio. *****
Ken Hutchinson 04/11/2017 - 15:04
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Un racconto intenso, quasi onirico, che la tua sapiente scrittura fa scivolare dolcemente tra le pieghe della coscienza del lettore, sino al finale, quello sì molto realistico e intriso di profonda tristezza...
Brava Grazia, piaciuto tanto
Brava Grazia, piaciuto tanto
PAOLA SALZANO 04/11/2017 - 09:37
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