Io Mastiff e Fugo attraversiamo due porte e finiamo in casa di Pappara. L’aria ha un aspetto grigio come i muri della casa. All’apparenza sembra vuota. Svuotiamo la dispensa di babbo Orso e mamma Secca, bevendoci tutta la loro birra. Finito di bere usciamo barcollanti dalla casa. È buio. La notte è chiara e pullula di stelle. Attraversiamo il lungomare che sembra essere quello di Stintino. È un ebbrezza che gode di se stessa e accompagna dolcemente i nostri passi.
Ad un certo punto si sente una voce che mi chiama. È mamma Secca che urla il mio nome dalla sua finestra. Evidentemente lei e babbo Orso sono rientrati nel momento in cui siamo usciti e hanno scoperto che abbiamo fatto fuori la loro scorta di birra. A quelle urla isteriche mi vedo costretto a tornare indietro. Mastiff e Fugo si trasformano in Perda e Pappara. Lo scenario si spegne.
Nella seconda parte il lungomare pare sempre quello di Stintino. Benaldo mi chiede insistentemente il perdono. Vuole fare una partita con le pietre nere dell’asfalto. Come in una sfida di scacchi. Nel lanciarle le pietre si dispongono a rombo. Atmosfera cupa e saette in cielo. Non riesco a cogliere il significato della disposizione a rombo. Lungo il precorso appare Fugo e qualche altro personaggio non identificato. Seguiamo tutti Benaldo che non smette di chiedere il perdono. Il mare subisce influenze lunari e mormora sussurri di onde che si infrangono sulla pietra. Con mia grande sorpresa mi accorgo che uno di noi si stacca dal gruppo e decide di accordare il perdono a Benaldo. Non riesco a crederci. Lo sconosciuto è di spalle. Io e Fugo stupefatti.
Ma la luna illumina il volto di colui che è giunto a dare il sospirato perdono. E ne decreta la nullità.
Poiché è Benaldo stesso che si è sdoppiato per darsi il perdono da sé.
Il tutto scompare in un divagare di ombre che ridono di loro stesse.
Tranne una che ha perso il suo doppio e rimane a specchiarsi sul muro.
Ad un certo punto si sente una voce che mi chiama. È mamma Secca che urla il mio nome dalla sua finestra. Evidentemente lei e babbo Orso sono rientrati nel momento in cui siamo usciti e hanno scoperto che abbiamo fatto fuori la loro scorta di birra. A quelle urla isteriche mi vedo costretto a tornare indietro. Mastiff e Fugo si trasformano in Perda e Pappara. Lo scenario si spegne.
Nella seconda parte il lungomare pare sempre quello di Stintino. Benaldo mi chiede insistentemente il perdono. Vuole fare una partita con le pietre nere dell’asfalto. Come in una sfida di scacchi. Nel lanciarle le pietre si dispongono a rombo. Atmosfera cupa e saette in cielo. Non riesco a cogliere il significato della disposizione a rombo. Lungo il precorso appare Fugo e qualche altro personaggio non identificato. Seguiamo tutti Benaldo che non smette di chiedere il perdono. Il mare subisce influenze lunari e mormora sussurri di onde che si infrangono sulla pietra. Con mia grande sorpresa mi accorgo che uno di noi si stacca dal gruppo e decide di accordare il perdono a Benaldo. Non riesco a crederci. Lo sconosciuto è di spalle. Io e Fugo stupefatti.
Ma la luna illumina il volto di colui che è giunto a dare il sospirato perdono. E ne decreta la nullità.
Poiché è Benaldo stesso che si è sdoppiato per darsi il perdono da sé.
Il tutto scompare in un divagare di ombre che ridono di loro stesse.
Tranne una che ha perso il suo doppio e rimane a specchiarsi sul muro.
Racconto scritto il 05/11/2017 - 19:46
Da Fabio Piana
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