Piccola chiave
Seduto per terra, accanto alla bicicletta, un ginocchio piegato sul quale appoggi il braccio, lasci cadere la mano che unisci all'altra, una camicia scura e un pantalone che si intuisce largo, e quello sguardo, con un pezzetto di sorriso che nei tuoi occhi soffia un po' di malizia, la mano di un amico in piedi dietro di te, si appoggia sulla tua spalla destra e così gli altri accanto, mani che si congiungono sulle spalle, gesti di forza, sostegno, di chi come voi si allontanava da anni di guerra.
Io ero la più piccola di tre figlie femmine, le bimbe del postino.
Il postino era una figura intima per le famiglie, in particolare quando un segreto si addentrava nella carta da lettere, tatuava storie infedeli o da celare ai familiari con l'inchiostro sulla busta con un imperativo “ consegnare nelle proprie mani “. Per te era un giuramento, non mettevi quella lettera di clandestini respiri nella borsa con le fibbie di cuoio consunte, ma nella tasca e da lì scivolava come un rivolo di carezzevole acqua nel palmo di chi attendeva.
Eri un uomo onesto, e lo eri senza far fatica, ti piaceva il tuo lavoro, ti sentivi investito di un compito da svolgere con cura e riguardo perchè la corrispondenza era l'unico modo per comunicare a distanza. Lavorare per lo Stato era qualcosa da onorare, per questo e perchè avevi la responsabilità di una famiglia tutta al femminile, quattro donne, come dicevi tu quando sbollentavi, il postino veniva prima dell'uomo.
Avevi preso a cuore una faccenda per una famiglia della nostra piccola cittadina, nobili, veri, che abitavano in una casa appena dentro la porta antica, baluardo che rimaneva delle mura e questi, grati della tua attenzione ti avevano invitato per ricompensarti.
Riservato e in imbarazzo nell'andare nella loro dimora, portasti me, l'unica che sapevi sarebbe venuta senza protestare, per mano tenendomi nella parte più interna della strada ci avviammo verso il quartiere più vecchio della città, i lavori si svolgevano a bordo strada. Nino forgiava il rame con la porta spalancata, il Morino accomodava le biciclette con un occhio sulla catena e uno sulle ragazze che passavano a piedi, il cestaio, così era chiamato, seduto con lo sguardo fisso sull'intreccio che le sue benedette mani svolgevano, dava vita in pochi minuti a panieri e corbelli di varie misure.
L'entrata buia e l'odore di mucido mi fecero stringere la tua mano mentre varcammo il portone con uno stemma, il tuo chiedere “permesso” si disperse sullo scalone appena illuminato, dall'alto allungandosi sugli scalini grigi una voce gentile e decisa gridò “venga venga postino”. Salite le scale io mi nascosi dietro le tue gambe magre, sbirciavo quella grande quantità di tappeti, quadri e lampadari... la signora aveva un grembiule da cucina legato in vita, come la mamma, uscii appena dal nascondiglio per prendere un biscotto che tenni stretto nella mano fino a farne poltiglia. Dopo i ringraziamenti per il favore che il babbo aveva reso alla signora, arrivammo al nocciolo della questione “ postino, la prego scelga un mobile di questa casa, quello che preferisce, non abbia riguardo e lo potrà portare a casa “. Non so dove credeva abitassimo, era difficile immaginare un mobile del genere nel nostro appartamento alle case popolari, quarantuno scalini e poco spazio, quattro donne e un uomo. Mah, forse il postino avrebbe gradito una mancia, che gli fosse saldato il conto dal lattaio, un pollo o anche un coniglio, ma un mobile???!!!
Mi ero agganciata per sicurezza alla gamba del babbo come fosse una quercia, lui cercò di far cambiare idea alla signora con un gomitolo di se e ma, e alla fine per trovare il capo, scelse il mobile più piccolo, un tavolincino, uno scrittoio intarsiato in noce. Salutò e ringraziò con un gran sorriso, io dissi grazie per il biscotto che ormai navigava fradicio nella mia mano e uscimmo.
Appena fuori, il babbo chiuse il cassetto dello scrittoio con la chiave, e mi chiese di portarla, senza perderla, lui si mise il mobile sulle spalle e tornammo verso casa, evitammo la strada fatta all'andata, passammo dagli orti, forse il babbo non voleva farsi vedere dal cestaio, dal Morino e da Nino.
Stringevo la chiave nella mano, il biscotto lo lasciai cadere per i pettirossi, accogliemmo il nuovo mobile nella nostra casa... quattro donne … un uomo...,lo scrittoio trovò il suo posto nel bagno, accostato alla parete, una vita diversa lo attendeva, da quel giorno raccolse spazzole, specchio, e il pennello da barba. Anni dopo, quando facemmo il bagno nuovo, si svalutò ancora e non so come, fu relegato in cantina, con sopra gli attrezzi per i lavori di casa.
Poco tempo dopo mi sono sposata, non avevo dimenticato il tavolincino, come lo chiamavi tu, lo sottrassi dal peso degli attrezzi arrugginiti, lo portai nella mia nuova abitazione, pulito e lucidato gli detti il posto d'onore nell'ingresso, con le nostre foto, raccoglieva le chiavi che altrimenti seminavo ovunque. In seguito arrivò il tempo di un degno restauro che gli restituì lo splendore della nascita.
Da poco più di un anno ha cambiato stanza, sotto la finestra nel mio piccolo salotto, è qui che scrivo, babbo, una lampada, una foto di mio figlio e il portatile, il cassetto ha la chiave infilata nella serratura, dentro ci sono gli occhiali, la penna e alcuni ninnoli,e in fondo sotto un centro lavorato all'uncinetto una foto, la tua, dove siedi scanzonato con gli amici, metto gli occhiali e nuoto in quel tuo giovane sguardo di uomo... libero e pieno di sogni.
Ci hai lasciato troppo presto, quattro donne senza un padre, un marito, è successo dopo il trasloco del piccolo tavolo a casa mia, appena il tempo di sorridere trovando la chiave dentro il cassetto, avvolta nella carta rossa di una caramella, lo zucchero si era appiccicato sopra, diventando duro. Per alcuni anni tutto tra me e te si è sospeso, come un respiro che non trova la strada per i polmoni, una carezza che non sa lasciare la mano, il tempo con avarizia mi ha restituito scintille di te, il tuo diario di guerra, i tuoi dischi, minuscole briciole raccolte nella mente, la chiave che con cura
chiude il cassetto è la strada che porta a te, la percorro in silenzio ogni giorno, in punta di piedi,
è un dialogo tra me e te, un legame, un amore.
Io ero la più piccola di tre figlie femmine, le bimbe del postino.
Il postino era una figura intima per le famiglie, in particolare quando un segreto si addentrava nella carta da lettere, tatuava storie infedeli o da celare ai familiari con l'inchiostro sulla busta con un imperativo “ consegnare nelle proprie mani “. Per te era un giuramento, non mettevi quella lettera di clandestini respiri nella borsa con le fibbie di cuoio consunte, ma nella tasca e da lì scivolava come un rivolo di carezzevole acqua nel palmo di chi attendeva.
Eri un uomo onesto, e lo eri senza far fatica, ti piaceva il tuo lavoro, ti sentivi investito di un compito da svolgere con cura e riguardo perchè la corrispondenza era l'unico modo per comunicare a distanza. Lavorare per lo Stato era qualcosa da onorare, per questo e perchè avevi la responsabilità di una famiglia tutta al femminile, quattro donne, come dicevi tu quando sbollentavi, il postino veniva prima dell'uomo.
Avevi preso a cuore una faccenda per una famiglia della nostra piccola cittadina, nobili, veri, che abitavano in una casa appena dentro la porta antica, baluardo che rimaneva delle mura e questi, grati della tua attenzione ti avevano invitato per ricompensarti.
Riservato e in imbarazzo nell'andare nella loro dimora, portasti me, l'unica che sapevi sarebbe venuta senza protestare, per mano tenendomi nella parte più interna della strada ci avviammo verso il quartiere più vecchio della città, i lavori si svolgevano a bordo strada. Nino forgiava il rame con la porta spalancata, il Morino accomodava le biciclette con un occhio sulla catena e uno sulle ragazze che passavano a piedi, il cestaio, così era chiamato, seduto con lo sguardo fisso sull'intreccio che le sue benedette mani svolgevano, dava vita in pochi minuti a panieri e corbelli di varie misure.
L'entrata buia e l'odore di mucido mi fecero stringere la tua mano mentre varcammo il portone con uno stemma, il tuo chiedere “permesso” si disperse sullo scalone appena illuminato, dall'alto allungandosi sugli scalini grigi una voce gentile e decisa gridò “venga venga postino”. Salite le scale io mi nascosi dietro le tue gambe magre, sbirciavo quella grande quantità di tappeti, quadri e lampadari... la signora aveva un grembiule da cucina legato in vita, come la mamma, uscii appena dal nascondiglio per prendere un biscotto che tenni stretto nella mano fino a farne poltiglia. Dopo i ringraziamenti per il favore che il babbo aveva reso alla signora, arrivammo al nocciolo della questione “ postino, la prego scelga un mobile di questa casa, quello che preferisce, non abbia riguardo e lo potrà portare a casa “. Non so dove credeva abitassimo, era difficile immaginare un mobile del genere nel nostro appartamento alle case popolari, quarantuno scalini e poco spazio, quattro donne e un uomo. Mah, forse il postino avrebbe gradito una mancia, che gli fosse saldato il conto dal lattaio, un pollo o anche un coniglio, ma un mobile???!!!
Mi ero agganciata per sicurezza alla gamba del babbo come fosse una quercia, lui cercò di far cambiare idea alla signora con un gomitolo di se e ma, e alla fine per trovare il capo, scelse il mobile più piccolo, un tavolincino, uno scrittoio intarsiato in noce. Salutò e ringraziò con un gran sorriso, io dissi grazie per il biscotto che ormai navigava fradicio nella mia mano e uscimmo.
Appena fuori, il babbo chiuse il cassetto dello scrittoio con la chiave, e mi chiese di portarla, senza perderla, lui si mise il mobile sulle spalle e tornammo verso casa, evitammo la strada fatta all'andata, passammo dagli orti, forse il babbo non voleva farsi vedere dal cestaio, dal Morino e da Nino.
Stringevo la chiave nella mano, il biscotto lo lasciai cadere per i pettirossi, accogliemmo il nuovo mobile nella nostra casa... quattro donne … un uomo...,lo scrittoio trovò il suo posto nel bagno, accostato alla parete, una vita diversa lo attendeva, da quel giorno raccolse spazzole, specchio, e il pennello da barba. Anni dopo, quando facemmo il bagno nuovo, si svalutò ancora e non so come, fu relegato in cantina, con sopra gli attrezzi per i lavori di casa.
Poco tempo dopo mi sono sposata, non avevo dimenticato il tavolincino, come lo chiamavi tu, lo sottrassi dal peso degli attrezzi arrugginiti, lo portai nella mia nuova abitazione, pulito e lucidato gli detti il posto d'onore nell'ingresso, con le nostre foto, raccoglieva le chiavi che altrimenti seminavo ovunque. In seguito arrivò il tempo di un degno restauro che gli restituì lo splendore della nascita.
Da poco più di un anno ha cambiato stanza, sotto la finestra nel mio piccolo salotto, è qui che scrivo, babbo, una lampada, una foto di mio figlio e il portatile, il cassetto ha la chiave infilata nella serratura, dentro ci sono gli occhiali, la penna e alcuni ninnoli,e in fondo sotto un centro lavorato all'uncinetto una foto, la tua, dove siedi scanzonato con gli amici, metto gli occhiali e nuoto in quel tuo giovane sguardo di uomo... libero e pieno di sogni.
Ci hai lasciato troppo presto, quattro donne senza un padre, un marito, è successo dopo il trasloco del piccolo tavolo a casa mia, appena il tempo di sorridere trovando la chiave dentro il cassetto, avvolta nella carta rossa di una caramella, lo zucchero si era appiccicato sopra, diventando duro. Per alcuni anni tutto tra me e te si è sospeso, come un respiro che non trova la strada per i polmoni, una carezza che non sa lasciare la mano, il tempo con avarizia mi ha restituito scintille di te, il tuo diario di guerra, i tuoi dischi, minuscole briciole raccolte nella mente, la chiave che con cura
chiude il cassetto è la strada che porta a te, la percorro in silenzio ogni giorno, in punta di piedi,
è un dialogo tra me e te, un legame, un amore.
Alla mia famiglia
Racconto scritto il 13/12/2017 - 19:37
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Voto: | su 4 votanti |
Commenti
GRAZIE a tutti della partecipazione tanto sentita!
Grazia Giuliani 15/12/2017 - 22:45
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Una piccola chiave, custodita nel cassetto anche del tuo cuore per avere sempre quel filo diretto con il tuo Papà... emozionante Grazia mi hai commossa tanto. Un regalo splendido per la tua famiglia e per te questo racconto bellissimo... grazie per averlo condiviso con noi
margherita pisano 14/12/2017 - 22:00
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Davvero emozionante e meravigliosa questa dedica alla tua famiglia.
Un abbraccio
Un abbraccio
Mary L 14/12/2017 - 18:54
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GRAZIA...Uno spaccato della tua fanciullezza ricordi di un uomo, un padre amoroso. Tempi in cui non si buttava niente, mobili che sotto la loro sbiadita vernice nascondevano i segreti di una vita semplice. Conosco questo tuo modo di sentire, ho ereditato diversi mobili antichi e sono quelli che amo di più. Un racconto molto bello...Ciao
mirella narducci 14/12/2017 - 13:34
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Bellissimo racconto Grazia...
Scritto molto bene, ci hai trascinato dolcemente in uno spaccato della tua vita familiare, facendoci conoscere una persona fondamentale della tua vita...
Piaciutissimo!
Scritto molto bene, ci hai trascinato dolcemente in uno spaccato della tua vita familiare, facendoci conoscere una persona fondamentale della tua vita...
Piaciutissimo!
PAOLA SALZANO 14/12/2017 - 08:55
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Ciò che conta è l'amore con cui parli del tuo papà, così onesto . Lo ritrovi in un mobile avuto in dono,lo ritrovi nel ricordi di una chiave, avuta in affido. Bel racconto, commovente.
Teresa Peluso 14/12/2017 - 08:02
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Perdona gli errori
laisa azzurra 13/12/2017 - 23:08
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Grazia
La tua vita e quel babbo così tenero ed onesto che ha cresciuto con la tua mamma te e la tua sorelle. Incredibile...ho una panca in camera da letto, che ha un po' la storia del tuo scrittoio...di regalata a mia madre, scomparsa ormai da 18 anni.
Mi hai commossa
Splendido racconto e splendida tu con quel biscotto fradicio nella mano
La tua vita e quel babbo così tenero ed onesto che ha cresciuto con la tua mamma te e la tua sorelle. Incredibile...ho una panca in camera da letto, che ha un po' la storia del tuo scrittoio...di regalata a mia madre, scomparsa ormai da 18 anni.
Mi hai commossa
Splendido racconto e splendida tu con quel biscotto fradicio nella mano
laisa azzurra 13/12/2017 - 23:07
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una meravigliosa opera struggente piena di amore, un racconto che scorre ben scritto
GIANCARLO POETA DELL'AMORE 13/12/2017 - 22:02
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