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Fui, ormai ,Giunto al porto.

Volto sgomento.
Cuori di ghiaccio,
su in alto , per la collina
occhi serrati, tremolio d'arti,
solo arti;
Corpo anatomico,l'anima instabile
pianta o spettro,
mai umano.
Follia.
Andare , seppi
cercando tra l'incanto
per l'altura d'un cipresso
affranto, il dolore per quel decesso;
Decesso d'un cuore, organo utile
ne feci o
morii provandoci
oggetto d'amore tra i calci
e l'atti vandalici
vagabondo per l'urbe
quanti pugni
sassi addosso e
quanti
piedi
confusi,veloci
andarono in fosso
per cercare un posto,
quel posto
dove al sicuro,lungi dall'esser
io
definito duro,di ghiaccio
e lì
acqua diaccia
mi ci gettai.
tra l'acque d'un fiume le lacrime mie
confuse,
ero fors'io la loro sorgente?
O quest'infinite acque,sempre in moto
flusso incessante,
oblio di corpi
covo d'anime spente.
Tra la quiete e il flusso
tra la corrente,l'aria
e il ricordo di quel fosso
confuso,matrimonio d'anime
connubio,decisione unanime
lasciai che un cuore
affranto dal dolore
lasciasse quel mio corpo
giunto io
al freddo e doloroso porto.
Seppi con lucidità
disarmante
toccare un corpo crudo,confusione d'arti
sguardo muto
seguì la scia d'un cuore
fuggitivo,vagabondo
sposo d'un incessante fiume
rincorrere la sua amata,
scia d'acqua immensa,mai condannata
ad una vita oscura
quel donde faceva troppa paura.
Non fui egoista e seppi tenere testa
lasciando l'anima mia libera
gridandole d'essere effimera
fingendo di non provare per lei amore
per poter lasciare libero d'andare
quel mio cuore.
Arrivato al porto
guardai alla vita come ad un fiorente orto
soddisfatto , i miei successi;
strappai i frutti
non badai agli eccessi
infiniti campi avev'io forse nutrito?
del seme fatto pianta,albero
e loro,
m'avevano nutrito.
E ai campi incolti guardai con stupore
Non ebbi avuto forse tempo,per dare loro amore?
è tardi mi dissi
e dovevo andare
guardai il loro isolamento,terre arse
riconobbi quello sgomento
i miei familiari,amici
i miei cari
non ebbi avuto tempo per loro e
per l'amore
raccomandai,prima d'andare
un ultima cosa che della spina
faceva essenza della rosa.
O Mio cuore,proverai dolore
ma va e ama,lontano dal torpore
d'un uomo che mai disse d'aver tempo
per l'amore e che pur seppe , o amato
provar tanto tormento.
Giunto alla fine non ebbi paura,
non puoi dire spaventosa,
alla paura d'una altura
se non vai e provi a salire
se d'andare non si parla
se tocchi una rosa e ne ignori
le preziose,cristalline
spine.



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Racconto scritto il 26/01/2018 - 19:40
Da Ludovica Gabbiani
Letta n.1117 volte.
Voto:
su 1 votanti


Commenti


molto bella

OKINAWA NAWAKIRO 26/01/2018 - 21:42

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poesia che si snoda in un percorso molto particolare, quasi mistico e che contiene sprazzi di avvenimenti sicuramente dolorosi. Se l'autrice voleva comunicare insofferenza e dolore ci è riuscita anche se resta l'arcano...

Adriano Martini 26/01/2018 - 21:42

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