Il vuoto, la mia incertezza, la mia fragilità, così brutte, così malvagie, adesso sono la mia ancora di salvezza. Perché un giorno, si un giorno ci sarà qualcuno che mi prenderà per mano e mi dirà, “io sono, si io sono per te”.
Peccato che quel “io sono per te” non so nemmeno io cosa sia, vorrei tanto che fossi tu, non sai quanto, ma il destino ha deciso di no, tu hai deciso di no, tu che che mi guardavi è il mondo si perdeva dentro i tuoi occhi, tu che ridevi e le crudeltà di questo mondo diventavano nulla, tu che parlavi e parlavi ed io lì impalato a cercare di capire come mai una meraviglia così potesse stare lì di fronte a me, si proprio a me, io che sono figlio delle nullità, io che sono il risultato di così poche certezze e tante tante incomprensioni, io che in te vedevo la mia forza, ma tu vedevi solo un grande bambino con la faccia da perdente, innocente, pronto solo a dire si, perché ogni cosa che avresti voluto te l’avrei portata, e se quel sogno sarebbe stato troppo pesante, io con tanta pazienza me lo sarei caricato sulle spalle e con altrettanta fatica te lo avrei portato.
E adesso guardami, ora sono qui, allungato sul letto, a fissare il vuoto, a dare senso a tutto questo vuoto dentro me.
Sai non è facile, non lo è mai, per nessuno lo è, ed io sembra che non mi accontenti mai, sai cosa c’è? Che la mia sete di avidità non è materiale, ma sentimentale. Ne ho bisogno, dannatamente bisogno, perché è ninfa vitale, perché a me tutto questo sentimento manca, manca e manca.
È strano sai sono ancora qui a fissare il soffitto e a pensarti, accompagnato dalla mia fedelissima compagna di viaggio, la mia cara solitudine, quella che non mi abbandona mai, lei che c’e sempre, e mai dice no, eppure vorrei che tutto questo grigio del mio passato si scrollasse da dosso e mi desse pace, ma non lo fa, non lo fa, ed il mio futuro rimane incerto.
Intravedo solo un’ombra, ogni tanto spero sia tu, ma il disegno è sempre meno nitido, e la mia vista perde forza, un po’ come il mio corpo, un po’ come la mia così tanto angosciata coscienza, mia grande nemica, eppure così tanto vicina a me, così tanto.
Il giovane frank.
Peccato che quel “io sono per te” non so nemmeno io cosa sia, vorrei tanto che fossi tu, non sai quanto, ma il destino ha deciso di no, tu hai deciso di no, tu che che mi guardavi è il mondo si perdeva dentro i tuoi occhi, tu che ridevi e le crudeltà di questo mondo diventavano nulla, tu che parlavi e parlavi ed io lì impalato a cercare di capire come mai una meraviglia così potesse stare lì di fronte a me, si proprio a me, io che sono figlio delle nullità, io che sono il risultato di così poche certezze e tante tante incomprensioni, io che in te vedevo la mia forza, ma tu vedevi solo un grande bambino con la faccia da perdente, innocente, pronto solo a dire si, perché ogni cosa che avresti voluto te l’avrei portata, e se quel sogno sarebbe stato troppo pesante, io con tanta pazienza me lo sarei caricato sulle spalle e con altrettanta fatica te lo avrei portato.
E adesso guardami, ora sono qui, allungato sul letto, a fissare il vuoto, a dare senso a tutto questo vuoto dentro me.
Sai non è facile, non lo è mai, per nessuno lo è, ed io sembra che non mi accontenti mai, sai cosa c’è? Che la mia sete di avidità non è materiale, ma sentimentale. Ne ho bisogno, dannatamente bisogno, perché è ninfa vitale, perché a me tutto questo sentimento manca, manca e manca.
È strano sai sono ancora qui a fissare il soffitto e a pensarti, accompagnato dalla mia fedelissima compagna di viaggio, la mia cara solitudine, quella che non mi abbandona mai, lei che c’e sempre, e mai dice no, eppure vorrei che tutto questo grigio del mio passato si scrollasse da dosso e mi desse pace, ma non lo fa, non lo fa, ed il mio futuro rimane incerto.
Intravedo solo un’ombra, ogni tanto spero sia tu, ma il disegno è sempre meno nitido, e la mia vista perde forza, un po’ come il mio corpo, un po’ come la mia così tanto angosciata coscienza, mia grande nemica, eppure così tanto vicina a me, così tanto.
Il giovane frank.
Racconto scritto il 16/03/2018 - 22:33
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